Diritto di avere un figlio? Diritto di morire e di essere aiutato a farlo quando si ritiene che la propria vita non sia più degna di essere vissuta? Diritto di decidere quale sesso si ritiene esser più confacente alla propria identità a prescindere dal dato biologico? Diritto di decidere che un bambino con due mamme e nessun padre e viceversa sia una condizione di normalità? Diritto di essere felice secondo i propri canoni di felicità anche usando sostanze lecite o non lecite? Diritto di essere libero nelle proprie scelte, con il corollario che gli altri sono tenuti a conformarsi quando queste collidono con le proprie, (vedi ipotesi legge Zan)? Questi “diritti” si aggiungono, confusamente, sovrapponendosi ad altri Diritti: diritto alla salute, diritto alla cultura, diritto all’istruzione, diritto al lavoro, etc. etc.

Può essere una bellissima sinfonia, ma anche trasformarsi in una babele cacofonica.

L’imperativo categorico vigente è esigere la fruizione dei diritti, individuali e no, nel contingente quotidiano quale applicazione concreta e diretta della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo approvata il 10 dicembre del 1948 dall’assemblea del ONU, assunta come “carta fondativa” del vivere civile: le Tavole della Legge “laiche” (e pazienza se espressione sostanzialmente della cultura occidentale anche se fatte diventare “Diritti Universali”).

Nel nostro ultra-piccolo, tutti i partiti italiani fanno a gara ad intestarsi questo o quel diritto individuale da difendere, epifenomeno di un continuo lavorio di adeguamento normativo in corso in tal senso da qualche decennio. Il PD e la sinistra in generale, ma anche i cosiddetti esponenti del mondo “liberal”, sono i più entusiasti partecipanti a questo gioco di società: così entusiasti che a volte si dimenticano di riflettere e ascoltare quando qualcuno tematizza opinioni contrarie.  Anzi, il dissentire diventa ben presto motivo di “ostracismo”, culturale, sociale e politico: e le lobbies sono potenti….

La Dichiarazione sui Diritti dell’Uomo del 1948 ha uno spessore antropologico e culturale totalmente diverso dagli epifenomeni particolari prima ricordati e trova le sue radici in due eventi propri della cultura occidentale di fine settecento: la dichiarazione d’Indipendenza degli Stati Uniti e la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e dei cittadini durante la Rivoluzione Francese.

A loro volta questi Documenti – francesi e nord-americani – sono il frutto di una secolare e continua evoluzione del pensiero occidentale che trova le sue origini nella cultura greco-romana classica che sfocia poi nell’umanesimo rinascimentale  e nella lenta trasformazione delle coscienze fatto dal Cristianesimo nel corso dei secoli: le famose radici giudaico-cristiane esistono sul piano storico e della storia del pensiero occidentale, anche se rinnegate, curiosamente, proprio in Europa.

La vertiginosa evoluzione scientifica iniziata nel diciottesimo secolo anche quando arrivava a contestare o a mettere in dubbio il fenomeno religioso, ruotava all’interno di una visione culturale che non prescindeva dall’esistenza di un DIO, essere supremo o motore immobile.

Newton, a fine 600, nei suoi principi matematici della filosofia naturale definisce la Natura come un Orologio perfetto, costruito e regolato da Leggi Naturali, secondo i criteri voluti dal suo costruttore: l’Orologiaio- DIO. Lo stesso Voltaire negava la correlazione con Dio, ma non negava affatto il riferimento a leggi naturali perfette che guidavano tutto. E la Scienza e la Fisica classica avevano il compito di scoprire le Leggi Naturali, progressivamente liberate dalla necessità di riferirsi all’” Orologiaio”, così da diventare “verità in sé”, assolute e “fondative”, se dimostrate con metodo scientifico.

Il primato della Scienza, e del metodo scientifico che sfocerà nell’ultimo scorcio del secolo scorso in “tecno-scienza”

La Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo, in qualche misura, è l’ulteriore evoluzione di questo percorso teso ad individuare riferimenti fondativi inequivocabili e assoluti, applicato non tanto alla Natura e alle sue Leggi, ma alla Coesistenza Civile: anche se frutto della tradizione del pensiero occidentale, hanno assunto valore in sé con l’obiettivo di farli  accettare da tutti a prescindere dal proprio credo religioso: libertà, uguaglianza, spirito di fratellanza, diritto alla vita, nessuna forma di schiavitù, la protezione dei diritti affidata alla legge che trova fondamento nel pre-esistere di questi Diritti Universali.

Tolto di mezzo Dio, processo rapidamente acceleratosi dopo la Seconda guerra mondiale anche nel sentimento popolare, i Diritti Fondamentali dell’UOMO hanno assunto una loro verità assoluta quasi che fossero connaturati alla natura stessa dell’uomo: questo è ciò che “l’uomo medio occidentale” pensa, senza curarsi del fatto che la millenaria storia dell’umanità, così come il persistere di concetti culturali differenti rispetto ai sopraricordati principi in culture non-occidentali, tende a smentire la “naturalità intrinseca” di tali diritti.

E se la naturalità intrinseca vacilla e non ci sono neppure “orologiai” a fondamento, quei principi rischiano di vacillare perché mancanti di una loro consistenza in sé…

Nell’ultimo ventennio del secolo scorso, forse proprio grazie alla rivoluzione digitale che ha forgiato il mondo in una sorta di Villaggio Globale sempre connesso, l’Uomo, forse anche per dare solidità a quei principi, è progressivamente diventato Esso stesso Fondamento dei Diritti dell’Uomo: è come se ciascun abitante dell’ecumene si stia progressivamente impadronendo del ruolo dell’Orologiaio ma, al contrario di quello teorizzato da Newton, i tanti orologiai dell’ecumene sono decisamente interventisti sulle sorti dell’…Orologio…che strapazzano, or qua or là, e poco si curano dell’universalità dei principi e dei loro fondamenti.

E così i Diritti dell’Uomo, sono diventati Diritti Individuali (concetti piuttosto diversi tra di loro!) e si sono moltiplicati a dismisura, e nella foga nessuno si cura più di applicare almeno il principio di non contraddizione tra un Diritto e l’altro.

E dubitando ormai anche del metodo scientifico e trasferendo l’elaborazione dei diritti da consessi filosofico-culturali e scientifici a luoghi digitali mass-mediali, la confusione è diventata una vera baraonda: e i diritti individuali si affermano e si impongono in base alle lobbies di potere che li propongono e che usano i social media come leva per affermare principi e diritti.

E, perla finale, tornano a far capolino alcuni concetti Hegeliani dove lo Stato, tramite le leggi, assume il ruolo di “realizzatore della volontà razionale degli individui”: poco importa come tale volontà sia manifestata, purché sia espressione di quella che appare, almeno sui social e sui media, una maggioranza (anche se non verificata o non lo è del tutto): è il “politically correct” e le relative “lobbies” (in fondo, una qualche ragione le popolazioni non di cultura occidentale …)

Siamo così sicuri che ci sia un Diritto, vero in sé, ad avere comunque un figlio all’interno di una coppia eterosessuale? Se è un diritto in se’, ne consegue inevitabilmente che si operi alacremente per “avere il bambino”, oggetto del Diritto: comprato, elaborato in provetta, proveniente da madri surrogate o da concubine, varianti dello stesso tema: ed è secondario che sia espressione di individui che liberamente hanno scelto una vita da “single” o in coppie omosessuali… In fondo l’atomizzazione sociale – teorizzata da Hegel e realizzata dal Mercato capitalista – serve ad un nuovo ordine sociale che vede nello Stato o nel Mercato il regolatore “razionale” della volontà individuale

Avere un figlio, è una esperienza naturale tra le più belle che si possano provare: Desiderio di Felicità o Diritto alla Felicità?

E’ forse un diritto quello di morire? Sembra essere una condizione naturale ineludibile, più che un Diritto…

In realtà, ciò che attualmente si pretende è la “ostensione pubblica” del proprio Diritto di Scelta: gratuità, assistenza pubblica e approvazione sociale per il tramite di una legge (lo Stato Razionale) sono strumenti che confermano l’esistenza di un Tale Diritto Individuale di Scelta (se si è Orologiai, chi può impedirlo?): anche Seneca preferì darsi la morte che finire la vita per mano di Nerone: non ne ha preteso né il plauso, né l’assistenza, né la approvazione del Senato romano!

Cosa c’entra il gatto di Schrodinger con tutto ciò?

La rivoluzione quantistica e la teoria della relatività sono assai poco conosciute  nell’opinione pubblica: nella vulgata popolare si è diffusa l’idea che quelle bizzarre teorie abbiano portato a scoprire come tutto sia relativo, che non ci sono certezze assolute e che, pertanto, l’unico metro di misura è ciò  che ciascuno di noi pensa e crede: del tutto consequenziale che il confine tra Diritto e Desiderio è diventato così labile che i due concetti si confondono e si compenetrano…: “ciò che desidero è vero, almeno per me, e per ciò è sostanzialmente un mio diritto ottenerlo …”

Il paradosso del gatto di Schrodinger, chiuso in una scatola in una condizione sia di vita, sia di morte fino a quando qualcuno, aprendo il coperchio, ne determinava il passaggio ad uno solo dei due stati possibili, era un esperimento mentale per cercare delle risposte a dei comportamenti assolutamente inquietanti osservati nello studio della materia nell’infinitamente piccolo secondo le teorie della meccanica quantistica: il fotone esiste solo in uno stato di probabilità e la forma della sua esistenza è indissolubilmente legata alla “relazione” con altre entità.

Iper-semplificando: è come se la esistenza dei fondamenti della materia stessa dipenda da legami di “reciprocità relazionale”.

Noi siamo costruiti da mattoni fondamentali di materia che possono esistere solo in “relazione a “: conseguentemente e curiosamente, l’Uomo vive sempre e solo in “relazione a”: siamo l’essere vivente più evoluto grazie alla nostra spiccata abilità relazionale e di conseguenza sociale.

Se togliamo l’architrave a fondamento dei Diritti Universali, ossia l’Orologiaio, perché non siamo sicuri che esista e nemmeno di averne necessità, e se le realtà nell’immanente possono esistere solo in “relazione a”, come può esistere un Diritto in sé? E per giunta lasciare che lo Stato, per il tramite della Legge, espressione della volontà razionale degli individui, lo affermi come verità in sé?

Esistono semmai bisogni e interessi, individuali e sociali e che a volte confliggono tra di loro: e anche un bisogno non esiste in sé, ma solo e solamente in “relazione a”.

Il “bisogno” di una madre di avere un figlio esiste nella misura in cui esiste il figlio che a sua volta è portatore del bisogno di vivere: altrimenti è solo desiderio, allo stato potenziale. E questo bisogno diventa “dicibile” solo quando un terzo (tanti altri “terzi” rispetto ai due soggetti coinvolti) osserva e vede e l’uno e l’altro bisogno.

Che un fotone vada in una direzione rispetto ad un altro fotone, diventa informazione rilevante solo quando un terzo elemento vede e uno e l’altro: in questo caso un apparecchio di registrazione.

Il bisogno della madre di non essere costretta alla condizione di madre dal figlio che porta in grembo, è tale solo in relazione a quel figlio dentro di lei.

Anche l’ovulo fecondato ha “bisogno” di vivere e lo può fare solo attraverso la madre: quando una donna non sa ancora di essere in gravidanza, il figlio non c’è ed è in uno stato “potenziale” fino a quando la madre, anche per il tramite di “strumenti di misura”, acquisisce questa consapevolezza: a quel punto l’ovulo fecondato – qualunque sia il suo stato evolutivo- diventa essere umano, cioè figlio, per la madre e per tutti: e la sua condizione da potenziale diventa reale nel nostro mondo immanente. E si generano contrapposizioni di bisogni che possono generare conflitti e che vanno regolati sulla base delle leggi, non essere visti  quale espressione di supposti Diritti assoluti, ma evidenza della composizione di bisogni e interessi, immanentemente raggiunta.

Quale bisogno ha la preminenza sull’altro? Questo è il difficile compito di mediazione che una Politica alta dovrebbe attivare all’interno del contesto civile, mediazione tanto più difficile stante il venir meno di punti di riferimento assoluti. Che fare? Assecondare il bisogno del più forte? O mettere a fondamento che, anche senza Orologiaio, la vita è bisogno primigenio e fondativo rispetto a tutti gli altri (naturalmente anche la vita della madre è bisogno assolutamente equipollente a quello dell’embrione)? E da qui ripartire per dare ordine ai bisogni e gestire i conflitti. Lasciando perdere Hegel e il nichilismo capitalista mercantile della pletora dei diritti individuali esigibili.

Ps: ovviamente se riconoscessimo la presenza di un Orologiaio, per giunta attivo nella nostra “Storia” e pure “ri-velato”, tutto sarebbe molto più semplice e agevole da “ri-comporre”: con il tempo forse ci arriveremo….

Massimo Molteni

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