La lucida e approfondita analisi di Marco Vitale pubblicata su Politica Insieme il 5 marzo scorso con il titolo “Ammaestramenti del Coronavirus” ( CLICCA QUI )lancia il primo severo ma razionale avvertimento su quello che sta succedendo. Non è qualcosa di eccezionale ma di sconvolgente: l’emergenza, purtroppo, non finirà nel giro di poche settimane, servirà qualche mese, speriamo non troppi.

Una cosa è certa fin d’ora: quando tornerà la “quiete dopo la tempesta” ci sarà un altro mondo. Sarà un Dopoguerra come lo è stato nel 1919 e nel 1945, solo per citare due date significative dell’Italia unitaria. L’economia vivrà una fase di profonda recessione; il sistema produttivo dovrà rimettersi in moto ma non si tratterà semplicemente di riaccendere i macchinari come dopo le ferie; il mondo della piccola impresa, dell’artigianato e del commercio dovrà letteralmente rialzare la testa, almeno quelle che la testa non l’avranno persa del tutto.

Tuttavia è legittimo confidare nella determinazione degli italiani perché, spesso, nelle emergenze sanno dare il meglio di se stessi. Il sistema bancario dovrà da un lato far fronte a inevitabili speculazioni da parte della selvaggia finanza internazionale e nello stesso tempo alle esigenze di persone, famiglie e imprese in difficoltà nel rispettare gli impegni sottoscritti, mentre ci sarà una forte domanda di investimenti. Sicuramente ci saranno tensioni sociali che saranno tanto più forti quanto più l’emergenza avrà intaccato in profondità persone e famiglie.

Non sto delineando un quadro catastrofistico per diffondere un disfattismo di cui non c’è proprio bisogno, oltretutto il pessimismo non mi appartiene, perché sono stato educato a combattere con le mie forze, senza aspettare aiuti da altri, anche quando i risultati sono inferiori alle aspettative.

L’intervento di Vitale è il primo ammonimento a guardare oltre l’emergenza, a non farsi trovare impreparati perché anche il quadro politico/istituzionale subirà qualcosa di più di un terremoto: “E’ la nostra ora più buia” come ha detto il presidente del consiglio Giuseppe Conte, rievocando Churchill.

Diventa ancora più importante non farsi trovare impreparato un movimento come Politica insieme con la legittima ambizione di affrontare l’arena politica come partito cristianamente ispirato. Una discesa in campo necessaria per i tempi difficilissimi che ci attendono, oltretutto nei momenti più critici i cattolici impegnati in politica hanno saputo agire con grande responsabilità, rispetto delle istituzioni e senso dello Stato, come è successo al termine dei due conflitti mondiali, ma anche nei drammatici anni Settanta con l’imperversare del terrorismo, proprio in questi giorni ricorre il 42.mo anniversario della tragedia di via Fani che preannuncia quella di via Caetani.

Nel post tempesta Coronavirus sicuramente ci saranno forze politiche, oggi identificabili in quelle che sventolano il sovranismo, così pure quelle che si alimentano di populismo, senza escludere altre sorprese come sempre succede in queste situazioni, che tenteranno soluzioni antidemocratiche anche quando saranno formalmente rispettose delle regole democratiche. Non dimentichiamo che l’emergenza sanitaria è avvenuta in un clima di forte sfiducia, che cova da anni, verso la politica e le istituzioni. Solo per citare l’ultimo esempio di una “democrazia senza popolo”, come dice il titolo del bel libro di Carlo Galli, qualche domenica fa si sono svolte due elezioni suppletive per due seggi alla Camera: a Napoli ha votato il 10%, a Roma il 17%.

Dunque, ci saranno forze politiche che soffieranno sul malcontento illudendo la cittadinanza con scorciatoie impossibili ma di facile presa emotiva, oppure cercando capri espiatori, dall’Europa agli immigrati. I cattolici che desiderano impegnarsi in politica hanno davanti una grande sfida: un Paese da ricostruire. Servono persone capaci e credibili, così pure programmi chiari e responsabili. Uno dei punti saldi da cui ripartire dovrà essere questo: la sanità dovrà essere pubblica.

Luigi Ingegnere

Immagine utilizzata: Pixabay

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