Piero Terracina è tornato alla casa del Padre. Le vicende di questo personaggio le conosciamo come conosciamo il suo coraggio nel raccontare e testimoniare la sua storia. C’è una parte della sua vicenda che la macchina di distrazione di massa cerca di far cadere nell’oblio e noi, penso, abbiamo il dovere di ricordare.

Piero Terracina fu catturato in base ad una delazione. Leggiamo il suo racconto dal sito https://www.istoreco.re.it/intervista-piero-terracina/: ” La cattura.

In questo modo arrivammo fino al 7 aprile 1944. La sera del 7 aprile 1944 iniziava la Pasqua ebraica. E’ una festa per noi ebrei molto importante perché è la festa della libertà, ricorda l’uscita degli ebrei dall’Egitto, la fine della schiavitù. L’avevamo sempre solennizzata. Avevamo fatto il Seder, cioè la cena pasquale, fino ad allora tutti quanti insieme. E quel giorno mio padre disse “Perché anche quest’anno… sono passati ormai sette mesi dall’occupazione tedesca non è successo niente, quindi per questa sera stiamo tutti quanti insieme”.

Proprio quella sera a noi si era aggiunto uno zio che era venuto per fare gli auguri di pasqua perché aveva saputo che avremmo fatto la cena pasquale tutti insieme ed era voluto rimanere. Mi ricordo che lui si era rifugiato nella parrocchia di S. Benedetto a Roma, nel quartiere ostiense e rimase pure lui con noi. Mentre stavamo cenando bussarono alla porta e andammo ad aprire. Entrarono subito tre SS. In quel preciso momento non urlarono niente. Ci dissero di prendere qualche coperta, qualche maglione e soprattutto di prendere soldi e gioielli perché dove saremmo andati avrebbero potuto servirci. Noi, mi ricordo che pregammo, scongiurammo di lasciare almeno mio nonno. Mi ricordo che mio padre disse anche “Ma che vi portate via a fare un vecchio, non potrà mai lavorare, non sarà mai in grado di lavorare”. Noi pensavamo che ci portassero in qualche posto a lavorare per la grande Germania, non si pensava assolutamente a quello che sarebbe stato, nessuno lo sapeva.

Sapevamo che gli ebrei venivano rastrellati ma quello che avveniva dopo, nessuno lo sapeva. Non ci fu niente da fare. Ci fecero scendere gli otto piani a piedi, al portone c’era un’autoambulanza che ci aspettava e c’erano due fascisti. Italiani come noi, e mia sorella ne riconobbe uno. Era un giovane, lei era una ragazza, non aveva 21 anni ed era molto bella. La mattina era uscita per fare gli acquisti per quello che serviva, era stata seguita da questo giovane, naturalmente in borghese. Quella sera invece, era in divisa. Le si era affiancato, le aveva rivolto qualche complimento, gli aveva chiesto se poteva accompagnarla. Cose che capitano di frequente, anche oggi penso. Lei non gli dette retta, non gli dette ascolto, continuò per la sua strada. Ma questo era il delatore che voleva solo sapere dove stava per denunciarci. Ora dovete sapere che chi denunciava un ebreo veniva ricompensato con un premio di 5000 lire. Era una bella cifra 5000 allora. Allora uno stipendio medio poteva essere di 1000 1200 lire, quindi pensate 5000 lire che potevano essere. E noi eravamo in otto, con mio zio eravamo in otto.

Il più anziano di questi due fascisti si avvicinò a mio padre e disse “Se hai gioielli dalli a noi o dicci dove li hai nascosti perché noi sappiamo come si possono corrompere i tedeschi quindi certamente domani sarete fuori.”. Non solo non avevamo niente, neppure, probabilmente, gli avremmo detto niente. Quindi erano non solo delatori ma anche sciacalli, questo per dire di che pasta erano fatti i fascisti della Repubblica di Salò.”

La storia dei delatori, degli intermediari, degli sciacalli, non è stata scritta anche se la comunità ebraica ha fatto tanto per individuarli. Quei delatori, quegli intermediari, quegli sciacalli sono rimasti tra noi, nella stragrande maggioranza, impuniti; hanno potuto godere delle nostre stesse libertà nella nascente repubblica, i soldi guadagnati sono entrati nella nostra economia.

In un modo o nell’altro il veleno è sopravvissuto. Quando oggi si parla di fascismo con una estrema leggerezza come se nella nostra storia collettiva possa essere paragonato ad altre ideologie folli del novecento per arrivare alla falsa conclusione che se ne accettiamo una dobbiamo accettarne un’altra dobbiamo chiederci se la nostra società ha fatto i conti fino in fondo con l’esperienza fascista.

Perché nella delazione agli ebrei non c’è la questione della presunta guerra civile, non c’è la scusa di un fascismo buono che subiva l’influsso nazista, non c’è nemmeno la vergogna per quello che oggi gli stessi fascisti e loro simpatizzanti reputano come un errore.

Nella delazione c’è il disprezzo per chi non la pensa come te che arriva a giustificare modelli di comportamento per vantaggio personale a discapito di qualcuno, la delazione afferma il confine tra il giusto (tu e la legge) e l’ingiusto (l’altro, il fuori legge), la delazione afferma la legittimità del ruolo pubblico del delatore. Nella delazione c’è il sentimento che la legge ci tutela da ogni senso di umanità, perché la legge è il punto di riferimento unico e vantaggioso.

5.000 mila lire per gli uomini, 3.000 per le donne e 1.500 per i bambini. A molti di noi, oggi, sembra assurdo. Eppure sotto la cenere il fuoco arde.

Quante volte gli infettati dalla lebbra sovranista dicono “denunciate gli immigrati irregolari”.

Luigi Milanesi

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