Rimanere legati alla propria visione può essere considerato un elemento positivo, ma non è necessariamente sempre vero: è quindi un bene che l’amico Domenico Galbiati abbia palesato meraviglia, se non sconcerto, nel momento in cui, ad un suo amico di vecchia data, è venuto in mente di pronunciare un “però” che metteva in discussione la “narrazione” ufficiale della nostra parte dello schieramento, e che ne abbia fatto argomento di discussione, cosa che mi ha poi spinto a fare qualche riflessione (CLICCA QUI)

Cerchiamo allora di analizzare cosa c’è dietro il però, partendo da una semplice ma enigmatica parola, ripetuta ben quattro volte da Galbiati nel suo scritto: Occidente. Cosa intendiamo esattamente con questo termine, che può avere varie accezioni e molteplici estensioni di significato, ma che viene declinato ormai come entità assoluta? Se partiamo dall’etimologia, dobbiamo convenire che “essere cadenti” non sembrerebbe molto di buon augurio (dal lat. occĭdens -entis, p. pres. di occidĕre ‘cadere’ (riferito al Sole che tramonta) •sec. XIII),

Al di là delle battute, per sintetizzare il significato che si da correntemente alla parola, possiamo rifarci alla definizione di Wikipedia:  Con civiltà occidentale (anche Occidente[2] o società occidentale) si intende, a seconda dei periodi storici, la civiltà relativa a un’area geografica e culturale comprendente grosso modo l’Europa e, in senso più esteso, tutti quei paesi europei ed extraeuropei che oggi presentano tratti culturali, economici, commerciali o politici comuni, riconducibili al mondo e soprattutto ai principi filosofici del mondo grecoromanocristianoilluministico.

 Sicuramente, andando oltre la sinteticità, obbligata, delle definizioni, la nostra civiltà non può non darci evidenti motivi di orgoglio, e ci fa ricordare che siamo stati noi la culla  della civiltà occidentale (e ricordiamo anche che non a caso le principali istituzioni statunitensi hanno nomi quali “Senato” e “Campidoglio” e che le frasi riportate sul dollaro sono in latino  (Annuit Cœptis, Novus Ordo Seclorum,  E pluribus unum).

Proprio per questa ragione non possiamo non valutare anche altri aspetti, in caso contrario sarebbe un segnale di ipocrisia e potrebbe portare a visioni distorte. Si sbandierano spesso i valori dell’Occidente, ma ci si dimentica a volte dei disvalori. Ne cito uno, a mio avviso dirimente: il colonialismo, pratica purtroppo non relegata ad un passato lontano, ma in realtà attuale e dalle conseguenze di non poco conto per noi, vedasi ad esempio l’epocale fenomeno dell’emigrazione dei popoli. Cito un episodio significativo: il Primo Ministro Indiano Modi ha rifiutato la visita di dieci deputati inglesi inviati dal Primo Ministro inglese Johnson per convincere l’India a non sostenere la Russia con l’acquisto di gas, e subito dopo ha ricevuto il Ministro degli Esteri russo Lavrov con il quale ha siglato un imponente accordo commerciale ed energetico: come segnale dovrebbe allarmarci non poco (CLICCA QUI).

Spostando poi l’attenzione sulla Cina, ricordiamo la massima dell’antico poeta Hui Hong citata da Xi Jinping nel suo scambio di idee con Biden: «Spetta a chi ha legato il sonaglio al collo della tigre il compito di toglierlo», volendo dire che era presumibile che le provocazioni continue verso la Russia potessero sfociare nel disastro. Da segnalare anche l’affermazione del Ministro degli Esteri cinese, secondo il quale gli USA sono responsabili, negli ultimi settant’anni, di 201 su 253 conflitti esplosi in tutto il Pianeta: ecco che, forse, alla luce di questi eventi, la visione dei futuri assetti planetari potrà apparire più chiara, e non tenerne conto potrebbe portare ad esiti per noi problematici (CLICCA QUI).

Tempo fa mi era capitato di vedere un “fuorionda” in cui Putin chiedeva, con aria stranita, ad un giornalista occidentale: “Ma perché ci considerate dei nemici?”. Penso che la domanda sia da girare agli Stati Uniti, visto che in Italia l’unico attacco da parte dei russi che abbiamo potuto osservare è stato quello pervicace e reiterato ai ristoranti ed agli alberghi di lusso, e l’unica occupazione di territorio è stata quella di ville storiche, anche se non dimentichiamo i nostri porti, occupati con lunghissimi yacht.  E allora proviamo a metterci dalla parte del cattivo, se non altro per un esercizio accademico, e proviamo ad ipotizzare che questa catastrofe sia stata originata da un banale e tragico errore di valutazione politica, o anche di un rischio mal calcolato o peggio volutamente cercato: dopo il colpo di stato del 2014, per il quale, per ammissione di Victoria Nuland, Sottosegretario di Stato statunitense (celeberrimo il suo “Fuck Europe: sull’Ucraina decidiamo noi!!!”), gli USA hanno investito 5 miliardi di dollari, si è poi organizzata dal 2014 una presenza in forze di consiglieri militari, per lo più statunitensi e inglesi, sono state cedute imponenti forniture di materiale bellico, e nella seconda metà del 2021, curiosamente, si sono svolte sul territorio ucraino tre imponenti esercitazioni militari NATO, anche se l’Ucraina non è nella NATO, anche a ridosso del confine russo. E’ del 7 Aprile 2022 l’affermazione del capo della NATO, Stoltenberg, data in risposta alla domanda di un giornalista al termine della conferenza stampa del giorno, secondo cui la NATO ha deciso di non intervenire con suoi uomini. “Ce ne sono 40.000 pronti – ha tenuto a precisare – altri si stanno aggiungendo, ma sta fornendo armi all’Ucraina, e non da ieri, ma da anni”.

Sono poi stati installati sembra addirittura 20 laboratori di ricerca su armi biologiche, nelle cui attività sembra coinvolto Hunter Biden, come risulterebbe da mail ritrovate che lo inchiodano (CLICCA QUI)

Ricordiamo anche, in passato, la forte presa di posizione dei generali dello Stato Maggiore francese contro le reiterate nel tempo e, a loro autorevole avviso, ingiustificate provocazioni della NATO verso la Russia (CLICCA QUI)

Tornando a bomba (!!!), e cioè alla nefasta guerra, ricordo che le Nazioni Unite hanno quantificato finora (4 Aprile) in circa duemila le povere vittime civili di questa tremenda guerra, un orrore e una tragedia straziante, ma se ci soffermiamo, con non poca difficoltà, ad analizzare i crudi termini numerici, sono cifre per ora fortunatamente lontane da quelle delle vittime delle guerre in Siria ed Iraq: un’indagine da parte della Johns Hopkins University, terminata nel giugno 2006 e pubblicata quattro mesi dopo su The Lancet, stimava che 650.000 persone (civili e combattenti) erano morte in quel periodo in Iraq a causa della guerra scatenata con prove risultate inesistenti. Stesse cifre circa per la Siria, ricordando qui anche i 13 milioni tra profughi e sfollati interni, tralasciando ma non dimenticando le vittime in Libia e in ex-Jugoslavia, tutte in qualche modo espressione di un impegno concreto dell’Occidente non verso il tentativo di risolvere le controversie con una parola di pace, ma sempre con un cerino acceso in mano, che, ad esempio, nel caso della “polveriera balcanica” ha ben espletato il suo compito. Il copione si ripete, ci si fa paladini di una causa con motivazioni di facciata plausibili, che però casualmente sono sempre funzionali a interessi geopolitici. Nessuno crede più alle guerre umanitarie ed all’esportazione della democrazia, ed è altrettanto vero che sicuramente non ci sogniamo neanche di intervenire per porre fine alla guerra in Yemen che conta già più di 100000 morti di cui 7500 bambini!!!! Qualcuno ha ricordato che in realtà la Russia stia utilizzando un millesimo delle sue capacità distruttive.

Credo quindi che debba anche per noi valere quanto affermato dal professor Juan Cole, accademico statunitense e storico del Medio Oriente, al ritiro delle truppe statunitensi dall’Iraq nel 2011:[18]

“Il pubblico americano per la maggior parte non ha ancora idea di cosa abbiano fatto gli Stati Uniti in quel paese. Fino a quando noi americani non ci assumeremo la responsabilità per il danno che facciamo agli altri con le nostre guerre perpetue, non potremo mai riprenderci dalla nostra malattia della guerra, che ci spinge a ricorrere alla violenza negli affari internazionali in un modo che nessun’altra democrazia fa abitualmente” (CLICCA QUI).

Ed allora, non certo per un condizionamento dovuto dalle strategie della comunicazione, come ipotizzato da Galbiati, ma sostenuto dal parere di studiosi di rango, tra cui anche l’economista Luigino Bruni (CLICCA QUI) mi sento di affermare che l’invio di armi all’Ucraina è esattamente l’opposto di quello che dovrebbe essere il retaggio culturale ed umanistico dell’Occidente, e che la visione esasperatamente manichea e di contrapposizione, in vista di una vittoria tanto ipotetica quanto distruttiva, è da folli, come ben chiarito dal Professor Alessandro Orsini (CLICCA QUI).

E allora prendiamo atto che per fortuna qualcuno proferisce un però, e proviamo a pensare che sostenere con le armi il governo ucraino non è nel nostro interesse, né di quello del popolo ucraino e, tantomeno, sicuramente della pace. Ricordiamo per inciso che la grande maggioranza degli italiani si è dichiarata contraria all’aumento delle spese militari, all’interruzione delle forniture di gas, ed ora sembra anche, in accordo con il Papa, contrario all’invio di armi….vox populi….Ho letto oggi un pensiero di un illustrissimo sconosciuto, che mi ha colpito nella sua semplicità:” Inviare armi per cercare di far cessare una guerra è come cercare di spegnere un incendio buttandoci sopra benzina”.

Certo sarebbe stato meglio per noi cercare con più convinzione di integrare la Russia in Europa (poiché la Russia è Europa da sempre) come auspicato da San Giovanni Paolo II (l’Europa dal Portogallo a Vladivostock la sua visione) e riportato nel comunicato di INSIEME, affrancandoci finalmente dalle visioni d’oltreoceano, che proprio per essere tali sono evidentemente lontane dal nostro sentire: a mio avviso, una volta dissolto il Patto di Varsavia si sarebbe dovuta sciogliere anche la NATO (CLICCA QUI)

In proposito ecco una curiosità storica: sono parole di un vero sovversivo. Sandro Pertini «Noi siamo contro il Patto Atlantico, prima di tutto perché questo Patto è uno strumento di guerra. Questo Patto Atlantico in funzione antisovietica varrà a dividere maggiormente l’Europa, scaverà sempre più profondo il solco che già separa questo nostro tormentato continente. Noi siamo contro questo Patto Atlantico dato che esso è in funzione antisovietica. Siamo contro questo patto perché non dimentichiamo, come invece dimenticano i vostri padroni di oltre Oceano, quello che l’Unione Sovietica ha fatto durante l’ultima guerra. Essa è la nazione che ha pagato il più alto prezzo di sangue. Senza il suo sforzo eroico, le potenze occidentali non sarebbero riuscite da sole a liberare l’Europa dalla dittatura nazifascista».

(Pertini, dal discorso al Senato del 7 marzo 1949, in cui votò contro l’adesione dell’Italia alla Nato CLICCA QUI)

Per concludere, riporto un articolo esplicativo di un famoso analista statunitense (CLICCA QUI). Ancora l’Occidente declinato come entità omogenea, mentre sarebbero auspicabili voci meno allineate, come forse iniziano a fare Francia e Germania. Nell’articolo si parla anche delle analogie con la caduta dell’Impero Romano: poiché abbiamo già dato, cerchiamo questa volta di non essere coinvolti.

Mi fermo qui, sperando di non essere additato come putiniano, ma di essere considerato al contrario un leale e coerente occidentale, e mutatis mutandis, orgoglioso di esserlo.

Massimo Brundisini

About Author