E’ stato moderatamente positivo il tanto atteso vertice dei capi di Stato e di governo del 23 aprile. Dopo avere confermato l’accesso agli strumenti finanziari già individuati nell’incontro preparatorio, senza scontri né veti, il Consiglio Europeo è andato oltre e per la prima volta si può almeno parlare di una possibile strategia comune per affrontare sia la gravissima recessione che è alle porte che la deleteria emergenza sanitaria.

Gli strumenti confermati, come è noto, riguardano gli acquisti di titoli e obbligazioni degli Stati membri praticamente senza limiti, letteralmente “as necessary”, della Banca Centrale Europea (BCE); il nuovo fondo di garanzia della Banca Europea degli Investimenti (BEI); l’intervento per evitare i rischi della disoccupazione (SURE) e quello del fondo salva stati senza condizionalità per le spese dirette e indirette dei sistemi sanitari (MES).  Quattro pilastri stimati in grado di muovere 1200 miliardi di euro.

La novità è rappresentata da una intesa di massima su un fondo speciale da utilizzare per raccogliere liquidità attraverso l’emissione di titoli di debito garantiti dal bilancio della Unione Europea. Non sono gli eurobond tanto discussi (anche a sproposito) perché non mutualizzano i debiti pregressi dei vari Stati. La definizione che già appare è quella di “recovery bond”, in sostanza titoli per la ricostruzione per fare fronte alla difficile situazione corrente e per i quali, ecco la riforma, il nuovo debito sarà condiviso da tutti gli Stati membri.

L’importo non è ancora stato definito, né le tecniche di emissione, né i criteri di distribuzione, né il meccanismo di funzionamento.  La strada è solo aperta e i successivi incontri del Consiglio europeo dovranno definire tempi e modalità di attuazione del fondo, sperando che almeno questa volta i Paesi del nord Europa non pongano ostacoli. Intanto, a conferma delle buone intenzioni, la Cancelliera tedesca Merkel si è già detta disposta per il suo Paese a raddoppiare il bilancio europeo.

Da noi questi primi risultati sono stati accolti positivamente da parte dei più autorevoli economisti ed esponenti di istituzioni finanziarie. Scontate le ormai consuete incertezze dei Cinque Stelle sempre più divisi al loro interno e, tanto per non cambiare, scontata anche la aperta ostilità dei sovranisti che si sono scatenati con i soliti slogan e fake news. Il picco di queste esibizioni è stato raggiunto con l’intervento della onorevole Meloni in Parlamento che ha arringato di Italia sconfitta, e di partners europei egoisti che ci vogliono affossare per “rubare l’argenteria”. Sarà pure una opinione politica ma che travisa volgarmente i fatti per la buona dose di supponenza: al massimo gli egoisti del nord Europa non vogliono trasferire la loro ricchezza ai Paesi del sud, ma non certo venire a  rubarci l’argenteria (ammesso che quella che ci è rimasta sia appetibile).

Ora il confronto è di nuovo aperto sulle modalità di applicazione del nuovo fondo per la ricostruzione.

Per sua natura dovrebbero essere prestiti a lunghissima scadenza (“loans”) e il problema principale che si porrà riguarda la responsabilità del debito: risponderanno i Paesi in solido oppure ognuno sarà responsabile della parte che si assume?  Ci sono poi aspettative italiane di interventi a fondo perso (“grants”) ma la trattativa non sarà facile perché se la elargizione la chiederemo noi anche altri come Spagna, Portogallo, Belgio e vari Paesi la vorranno e, in questo caso, è certo che i falchi del nord riprenderanno a volare.

Per ora quello che conta è che l’Europa si è mossa e i primi effetti sono già reali: quest’anno i titoli del debito pubblico italiano in scadenza ammontano a 500 miliardi di euro e di questi ben 220 miliardi saranno acquistati dalla BCE e altri 50 a valere su strumenti già in essere. Ne resteranno 230 da collocare sul mercato. E’ quindi facile constatare che senza questi interventi sarebbe molto difficile per noi non tanto prevedere il futuro ma più semplicemente  affrontare il presente.

Guido Puccio

 

 

 

 

 

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