Se il 2021 è stato per l’Italia, al netto della Covid, un anno di buoni risultati sul piano dell’immagine complessiva del Paese, il 2022, per com’è partito sul piano politico, rischia di farci tornare in posizioni di subordine.
Ai successi in campo sportivo ha fatto eco la ripresa in campo economico e la ritrovata fiducia a livello sociale. L’Italia ha scalato molti posti nella classifica della stima e credibilità internazionale, diventando anche modello di riferimento, almeno per talune cose. Molto di questo progresso è da attribuire alle capacità, autorevolezza e prestigio personale di cui gode Mario Draghi. Chiamato a risollevare le sorti, fortemente compromesse, di un’Italia sull’orlo di una crisi mai evocata, ma diffusamente temuta, ha immediatamente risposto all’appello. La sua provata esperienza non gli avrà di certo fatto sfuggire la complessità del compito affidatogli, che pur tuttavia ha disciplinatamente accettato.
L’impresa non si presentava facile e richiedeva gran senso di responsabilità da parte della politica. Sarebbe servito un Governo istituzionale, di solidarietà civica, come ci si aspetta nei momenti difficili di una nazione ma, ancora una volta, sull’interesse collettivo hanno prevalso le logiche partitiche. Il Paese comunque si è sollevato e così le nostre quotazioni sul piano internazionale.
Adesso, l’elezione del Presidente della Repubblica rischia di introdurre forti elementi di disturbo in una situazione ancora non del tutto ristabilita. Di questo passaggio, Draghi era sicuramente consapevole, quando ha accettato l’incarico e altrettanta consapevolezza dovevano o avrebbero dovuto avere i parlamentari. Il teatrino di questi giorni ci sta invece mostrando un’inadeguatezza della classe politica nazionale, i cui effetti potrebbero rivelarsi estremamente preoccupanti.
Il panorama internazionale, già turbato dalla pandemia, registra un crescendo di toni che potrebbero trovare a breve ricadute eversive o l’avvio di nuovi conflitti. Il settore energetico è in costante affanno e l’ambiente sempre più contaminato. Senza una dilazione dei contrasti i problemi tenderanno inevitabilmente ad accentuarsi e tutti potremmo pagarne le conseguenze.
In una contingenza così delicata, responsabilità vorrebbe che i politici dimostrassero sensibilità istituzionale, stabilendo le priorità inderogabili per il Paese e condividendo un comune approccio per la soluzione dei problemi. Non ci possono essere tavoli separati o, peggio candidati espressione solo di una parte. Ci sono interessi generali da difendere e tutelare e le risposte non possono che essere comuni. Sentire cantilenare quali devono essere i requisiti del candidato tipo a elezioni avviate è la triste certificazione del fallimento della politica. Imperdonabile è essere arrivati ad oggi senza un confronto generale, di tutte le forze del Parlamento.
Se si vuole dare continuità all’esperienza di governo, come da più parti auspicato, allora bisogna che le scelte tengano conto della salvaguardia degli equilibri in atto. Da più parti si “intima” a Draghi di rimanere dov’è, come se fosse compito del parlamentare deciderlo. Certo molti sono preoccupati perché, dopo avere tagliato il ramo su cui erano seduti, si sono autoesclusi dal Parlamento e adesso, vorrebbero assicurarsi la pensione, arrivando a fine legislatura. Quindi se Draghi lascia l’incarico di Presidente del Consiglio, sono in molti a opporsi, temendo elezioni anticipate. Draghi però non ha firmato un contratto che lo vincola sino a fine legislatura e, se mai ritenesse di farlo, potrebbe abbandonare anche domani. Si tratta perciò di fare una scelta politica utile al Paese, alla collettività e l’obiettivo si può raggiungere, a mio personale avviso, solo con la scelta di Draghi alla Presidenza della Repubblica. Da lì potrebbe continuare con la sobrietà istituzionale, che lo contraddistingue a esercitare il ruolo di garante, che gli viene unanimemente riconosciuto, e a spendersi per un governo all’altezza della situazione. Non vale il contrario.
In questa fase contingente, Draghi è la persona più autorevole e rappresentativa che l’Italia può esprimere e che può riscuotere univoco e meritato consenso, a meno che si dica che va solo bene per fare il Capo del Governo: sempre che ci sia chi ci crede. E’ il momento in cui la politica deve dare prova di credibilità e autorevolezza, dimostrando di saper interpretare gli interessi del Paese e battersi con coerenza e determinazione per conseguirli.
Adalberto Notarpietro