“La sentenza della Corte costituzionale del 25 settembre sul suicidio medicalmente assistito rappresenta un epocale giro di boa per la Repubblica italiana -così dichiarano, a margine di un informale incontro avvenuto il 15 ottobre 2019, decine di associazioni no profit già partecipanti al grande convegno dell’11 settembre presso la CEI, in cui era intervenuto il Card. Gualtiero Bassetti- La Consulta ha infatti concluso la lunga marcia laicista per eliminare l’«eccezione italiana» ammirata da Giovanni Paolo II.
“Evidenze ovvie fino a qualche decennio fa sono crollate. Macerie al suolo. Ora le istituzioni -prosegue la nota congiunta- non sono più per una persona ritenuta sempre inviolabile, in ogni istante della vita. Invece, una esistenza sofferente, fragile, malata (diciamo pure inutile!) è divenuta disvalore «intollerabile» e il Servizio Sanitario dovrebbe organizzare l’«esecuzione» della volontà di morire, per citare dal comunicato stampa della Consulta”.
“Questo sovvertimento antropologico -chiosano gli operatori no profit– viene imposto esaltando il dogma dell’«autodeterminazione assoluta» di un singolo lasciato solo col suo dolore: Ma in pratica il più debole viene fatto sentire un peso, indotto «a rinunciare a tutto e spezzare ogni legame» (Papa Francesco, 2.9.19).
“In questo crinale nichilista -denunciano le associazioni- viene spinto anche il Servizio Sanitario Nazionale, che giocoforza non sarà più esclusivamente «dedicato alla miglior cura di ogni paziente» (Papa Francesco,cit.). Eppure, tutti noi sappiamo di poter vivere fasi di malattia. Tutti noi abbiamo vissuto sofferenze dei nostri cari. Troveremo ancora medici e ospedali dedicati fino in fondo a curarci in modo appropriato?.
“Chiediamo un incontro urgente ai presidenti di Senato e Camera, perché il Parlamento, già umiliato dalla Consulta, rifiuti un ruolo da mero esecutore e sappia approntare un’agenda all’altezza della drammaticità della breccia aperta il 25 settembre. È necessario prendere coscienza -concludono- che siamo di fronte a una vera e propria inversione di rotta del concetto di cura e assistenza. Urge perciò una stagione di dialogo per un salto di consapevolezza del mutamento genetico delle istituzioni. Un dialogo che vorremmo accendere in tutto il Paese, nella verità, desiderando il confronto e un nuovo incontro fra proposte antropologiche e pre-politiche molto diverse”.