E’ evidente che la colpa di quel che sta succedendo nei “dintorni” dell’Agenzia dell’entrate in questi giorni non è colpa di Draghi, del ministro del Tesoro o del ministro Cingolani. Intanto, perché in Italia la colpa non è mai di nessuno.

Si scopre, almeno per chi per la prima volta è costretto ad imbarcarsi telematicamente o telefonicamente nel tentativo di chiedere informazione sulla ripresa dei versamenti fiscali, che ci sono due Agenzie dell’entrata che tra di loro, sembra, non esista alcun rapporto di parentela. Così dopo aver atteso a lungo per parlare con qualcuno di quella che si chiama propriamente così, ti viene detto che, no, devi chiamare quella delle Riscossioni. Altro numero e altra lunga attesa. Auguri a chi si è illuso di andare sul sito e trovare che davvero c’è qualcosa di automatico che ti ha cancellato quel che è stato tanto strombazzato ti sarebbe stato cancellato. Non fare niente, ti dicono: se hai diritto ti cancelleranno quello che si supponeva avrebbe dovuto essere trovato già per cancellato. Però, lo fai a tuo rischio e pericolo. Vera e propria “transizione” verso l’ansia. Così il contribuente paga…

La Zebretta di ieri ci ha parlato giustamente, allora, dei tanti nemici di Draghi ( CLICCA QUI ). Indistinti, ma tenaci. Sconosciuti, ma avvertiti potentemente  nella loro consistenza. Abili, sottili e, persino, perfidi. Capaci di trasformare lo Stato che sogniamo paterno, dolce, calorosamente avvolgente in un imbroglione da pochi spiccioli che, dopo averci illuso con l’offerta di un lecca lecca, ci piazza la fregatura. Ala fine, chi elude ed evade somme colossali, si parla costantemente dalla sfuggita dagli schermi radar di qualcosa come 120 130 miliardi l’anno, c’ha pure l’alibi dello “Stato cattivo”. Ma gli elusori e gli evasori, invece, non lo possono dire. Lo possono, invece, dire milioni di pensionati con entrate da fame, lo possono dire i giovani disoccupati, lo possono dire anche i componenti di una larga parte del ceto medio che, in realtà, ceto medio non è più perché non esiste più qualcosa che si pone tra i tanto più ricchi e i tanti più poveri, poveri, poveri. Molti del ceto medio si stanno avvicinando ad un sostanziale stato di povertà visto che anche loro, senza fare cose folli, si trovano ad arrivare pelo pelo alla fine del mese.

Tutti ci aspettiamo dallo Stato, soprattutto ora che devono arrivare miliardi su miliardi, che davvero si metta mano alla “transizione”. Che non è solo quella affidata al ministro Cingolani sotto il nome di “ecologica”. Sappiamo in realtà che questa benedetta transizione deve riguardare la Scuola, il sistema produttivo, il digitale, la sanità e tante altre cose. Ma l’esempio che viene in questi giorni di ripresa a pieno ritmo della macchina fiscale non è che poi sia tanto incoraggiante. Il Presidente del consiglio se ne renderà sicuramente conto.

Il rischio è che su questo delicatissimo argomento la gente non veda delle grandi differenze con il Governo Conte e con tutti gli altri che l’hanno preceduto. Con la differenza che da quello di Mario Draghi siamo autorizzati, anzi, obbligati ad attenderci altre cose. Non basta certo il “bonus rubinetti” che è cosa seria, ma che rischia di buttare in burletta un’intera nuova stagione attesa dagli italiani.

Draghi deve avere il coraggio di affrontare e stanare i suoi veri nemici. Che non sono solo quelli che si annidano tra i 5 Stelle, Fratelli d’Italia, Lega e Pd. I nemici veri sono quanti, a vario titolo e per diversi motivi, senza che spesso abbiano per nulla motivazioni politiche, si annidano in quella che ieri la Zebretta definiva la “palude burocratica, istituzionale, affaristica”.

Tanti sono gli ambiti in cui operano costoro. Ma visti i giorni che viviamo limitiamoci a parlare solo di due: sanità e fisco. Due facce della stessa moneta, visto che una buona parte di quello che prende il fisco se ne va dritto dritto in spesa sanitaria, in gran parte gestita, meglio sarebbe dire mal gestita, dalle regioni. Un sistema che, ma guarda caso, ci ha fatto trovare in braghe di tele non appena la Covid- 19 ha fatto alzare l’asticella del rischio  e dell’impegno.

In queste ore i commercialisti sono più disperati che mai. Si trovano spesso tra le mani quel cerino lasciato da una struttura pubblica che scarica su di loro la responsabilità della lotta di trincea per il fisco. Lo stesso è valso nei più duri giorni segnati dal Coronavirus per i medici.

Draghi, il ministro del Tesoro e il ministro Cingolani sono in queste ore paragonati ai predecessori del Governo Conte, tanto per restare al riferimento più recente, e pagano in realtà per qualcuno e qualcosa più forti di loro. L’Agenzia dell’entrate sforna circolari e decisioni a tutto spiano. Circolari e disposizioni che in molti casi sono lontanissime nello spirito e nella sostanza da quel che decidono o promettono i governanti e i parlamentari. Purtroppo, questo vale in tanti campi nei quali la struttura burocratica soverchia i poteri delle autorità politico parlamentari cui è demandata in esclusiva la guida della gestione della cosa pubblica.

La vera transizione, così, comincerà solamente quando tutto ciò finirà e si comincerà a fare in modo che ci si preoccupi del Bene comune invece che del bene di apparati il cui compito dovrebbe essere quello di fare, non di disfare e, così facendo, minano alla base il rapporto tra i cittadini e tra i contribuenti con i rappresentanti della volontà popolare, democraticamente definita. Anche dal numero dei votanti domani e dopodomani vedremo che messaggio verrà.

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