Il dibattito politico attuale è sempre più una serie di fuochi d’artificio. Ognuno dice la sua e cerca di dirla nel modo più pirotecnico possibile.
Mi sono divertito (sic?) a raccogliere l’ampio panorama di proposte salite all’onore delle cronache dei giornali negli ultimi giorni, per avere un quadro delle proposte, riguardanti il solo aspetto economico e sociale, che pervengono ai lettori passando attraverso l’interpretazione che di esse danno i giornalisti e i titolisti.
Abbastanza diffusa la richiesta di intervenire con una radicale riforma del fisco, per abbassare il carico fiscale e per ridurre l’evasione in quanto, per alcuni, la situazione di crisi attuale ci darebbe l’occasione per intensificare la lotta all’evasione ma, secondo altri, in quanto si devono utilizzare i margini di flessibilità normativa, che la ripresa postpandemica creerà, per tornare alla normalità, a vivere come si viveva prima… cioè con la diffusa presenza di evasione fiscale?
Lotta all’evasione fiscale dichiarata in termini assai generici, ma per nulla spiegata in termini di vie attraverso le quali procedere, se non la riesumazione implicita della curva di Laffer, alla luce della quale, abbassando le aliquote fiscali, i soggetti economici saranno portati a evadere di meno e quindi pagheranno più volentieri le imposte (per favore, “imposte” e non “tasse”) e il gettito fiscale complessivo aumenterà (quando non esiste alcuna conferma empirica di questo fenomeno e studi un po’ fantasiosi su questo tema hanno dato ipotetici risultati positivi solo in presenza di aliquote aggirantesi attorno al 70 per cento e più). Oppure richiedendo un forte intervento di semplificazione amministrativa, contro la complessità normativa, causa di gran parte dei nostri mali (…riscoprendo quindi la necessità di ritornare al Ministro per la semplificazione normativa, creato nel Governo Berlusconi IV e confermato, con il titolo di Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, nei quattro governi successivi?…).
A proposito di processi di semplificazione, viene ripresa l’ennesima ipotesi di condono nella forma di rottamazione delle cartelle esattoriali (rectius, pulizia dei debiti fiscali pressoché inesigibili), che oggi parrebbero esigibili soltanto nella misura del 10 per cento, per un importo di 100 miliardi di euro (su 950 miliardi in essere); il che ha portato il titolista del giornale a evidenziare che “l’evasione fiscale ci costa 100 miliardi”. Rimanendo in tema di semplificazione, viene ribadita la bontà dell’implementazione dei pagamenti tracciati, al fine di ridurre l’evasione, ma dubito che questo possa essere considerato come parte di un processo di semplificazione per i contribuenti.
C’è poi il confronto sul fatto che vada ridisegnata la mappa delle aliquote fiscali dell’imposta sui redditi, ma non è ben chiaro se aumentando la progressività o riducendola. Or bene, la progressività viene favorita dalla presenza di un ampio ventaglio di aliquote crescenti al crescere del reddito imponibile; non certo due o tre aliquote.
Nel presente frangente non può mancare il riferimento all’Unione Europea, ora disegnata come la solita istituzione ordoliberistica, rispettosa soltanto del rispetto delle regole di equilibrio, ora come un’istituzione che finalmente sta scoprendo la solidarietà fra gli stati. La recentissima proposta della Commissione Europea denominata Recovery Instrument sembra andare nella seconda direzione, ma ricordiamoci che la Commissione elabora proposte, chi decide è il Consiglio Europeo, all’unanimità, poiché si tratta di questione finanziaria dell’UE, e la solidarietà non pare essere condivisa da tutti gli Stati. In un modo o in un altro, emergeranno forti richieste di condizionalità, specie per i trasferimenti senza restituzione. La propensione alla solidarietà fra gli Stati si ridurrebbe ancor più se si diffondesse l’idea, suggerita da qualche politico italiano, che i fondi ottenuti con il programma in parola siano utilizzati per ridurre le imposte all’interno del Paese che li ottiene. Addio progetti di ripresa basati sullo sviluppo delle aree strategiche quali sanità, istruzione, infrastrutture, ricerca, nuove tecnologie…!
A proposito di UE, v’è chi propone che, quando interverrà, questa non trasferisca i soldi agli Stati affinché questi li trasferiscano ai beneficiari, ma che sia l’UE a mettere direttamente i soldi nelle tasche di imprese e cittadini, e ciò per far nascere maggiore simpatia nei confronti dell’istituzione europea. Mi sembra una via difficilmente percorribile, in quanto contrario a uno dei principi base della costruzione europea: il principio di sussidiarietà, secondo il quale l’istituzione centrale interviene solo a sostegno delle istituzioni decentrate, non al posto delle stesse. Né il fare riferimento al modello europeo per la mobilità internazionale degli studenti, noto come Programma Erasmus (che si compie attraverso i passaggi UE, Agenzie Nazionali, Università, Studenti) mi pare un buon sostegno alla proposta stessa.
Infine, si parla molto di politiche fiscali, ma questo termine, nella terminologia degli economisti, significa politiche del bilancio pubblico (entrate e uscite pubbliche) e praticamente nessuna proposta che ho letto si preoccupa di evidenziare la copertura finanziaria delle maggiori spese né la contropartita delle maggiori o delle minori entrate. Quando il dibattito politico seguirà la via della corretta politica fiscale e non della semplice elencazione dei desiderata?
Daniele Ciravegna
Pubblicato su Rinascita Popolare dell’Associazione i Popolari del Piemonte ( CLICCA QUI )