Non sono contrario alla cremazione ma è un atto che finora avevo posposto al saluto di commiato al defunto. Non so se per scelta o per esigenza, dettata dalla particolare situazione sanitaria, ma trovarsi di fronte un’urna anziché le spoglie, com’è stato per Gino Strada, lo considero l’epilogo naturale di una vita particolare, vissuta con sincera passione e amorevole impegno. Il richiamo, comunque la si pensi, è del tutto esplicito e fortemente evocativo: siamo polvere e polvere ritorneremo; anche se spesso ce ne dimentichiamo. Una vita, la sua, intensa e operosa; di grande generosità e assoluta dedizione al prossimo, senza distinzione di colore, etnia o intendimento. E’ stato Gino Strada un autentico cittadino del mondo, portando il suo aiuto ai bisognosi, ai sofferenti e ovunque emergesse una necessità. Non posso, per corrispondenza anagrafica, non collegare gli ideali della sua formazione e la sua sensibilità civica a quei fermenti attivi che fecero del ’68 un formidabile fenomeno culturale. La storia non ha ancora fatto completa giustizia di quel periodo, mantenendo giudizi talora parziali, con una lettura non sempre limpida degli eventi. Impegno, coerenza e serietà non erano alla portata di tutti e ci fu chi speculò, come sempre succede, passando in modo disinvolto – come si fa notare con sardonica ironia – dal Consiglio di Fabbrica al Consiglio di Amministrazione. Mi piace però pensare che Gino Strada – che non ho conosciuto personalmente – fu un autorevole esponente del Movimento Studentesco e che quelle idee, di profondo cambiamento e le istanze di giustizia sociale, in lui fecero breccia.

Al di là della retorica, che attribuisce un brutto carattere alle persone di carattere, trovo che si debba invece individuare in lui più un atteggiamento di insofferenza per le incertezze, le indecisioni e talvolta anche l’inadeguatezza e l’incompetenza di referenti e interlocutori con cui si è trovato a confrontarsi per le sue ferventi attività. Uno degli insegnamenti del periodo, secondo la scuola di don Milani, era di doversi attrezzare culturalmente per non essere facili prede delle lusinghe dei potenti e di impegnarsi professionalmente per essere concretamente di aiuto all’inesauribile mondo dei poveri e bisognosi. Mente, cuore, impegno e disponibilità, rimangono ingredienti indispensabili per fare bene del bene. Gino Strada ha girato il mondo per capire, conoscere e rendersi conto di cosa fare per essere di aiuto all’umanità, per dare una mano, come sosteneva con lievità, minimizzando sugli ingenti aiuti erogati dalla sua articolata e importante struttura assistenziale. Da attivo chirurgo in prima linea, a contatto con casi gravi, urgenti se non disperati, mal tollerava le perdite di tempo, spesso tra le cause primarie dei decessi. Non c’è come fare il medico nei luoghi di guerra per interiorizzare dolore e sofferenza e mettere a dura prova la propria sensibilità, fino a farle violenza. Gli orrori provocati dall’uso delle armi, spesso su persone indifese, civili e bambini soprattutto, non possono lasciare indifferenti; e allora, altro che ruvidità di carattere. Emergency nasce come risposta a una necessità sempre più diffusa connessa all’espandersi dei conflitti nel mondo, alimentati da risentimenti religiosi o più banali interessi. Le forze del male non conoscono confini, non rispettano limiti e sono sempre vive, ma capita anche che si sostenga il ricorso alla guerra, come mezzo per imporre la pace; e allora si finisce per entrare in una spirale tetra, senza vie d’uscita. E’ questo il meccanismo perverso che Gino Strada ha continuato a condannare con lucida determinazione.

Non riusciva a concepire una Sanità che non fosse pubblica, prossima al concetto di carità, senza ombra di lucro così lontana dai vari modelli regionali nostrani, fiero ostaggio delle diverse maggioranze politiche, e si è sempre coraggiosamente battuto per un’assistenza gratuita, ritenuta un diritto fondamentale dell’uomo. Una sanità laica, accogliente e di qualità; dimostrando che si può fare: i vari presidi realizzati nel mondo in poche decine di anni, frutto di donazioni, sono la plastica testimonianza che non di utopia si tratta ma di realtà. Lecito quindi cogliere in lui, un atteggiamento di fastidio, di malcelata sopportazione per impedimenti di varia natura, lungaggini burocratiche, estenuanti mediazioni politiche e quelle missioni di pace, da lui ritenute espedienti lessicali per mascherare azioni di guerra. Di fronte al crescendo dei conflitti e a una mai soddisfatta volontà di potenza e sopraffazione, per cui il ricorso a ordigni bellici sempre più sofisticati e distruttivi, appare inarrestabile, Strada ci ha richiamato a precedenti autorevoli, palesando con riservato garbo la sua profonda cultura. Da una parte il Manifesto di Russel-Einstein del 1955, in cui già allora, dopo la bomba su Hiroshima, si faceva appello ai popoli della Terra per cessare l’uso delle armi atomiche e dall’altra al Movimento contro la Guerra, ritenendo (come sostenuto da Einstein) la sua abolizione, l’unico modo per evitare i conflitti. Utopia? Forse, ma in questo caso bisognerebbe fare tesoro di quanto sostenuto dal già citato Bertrand Russel: gli innocenti non sapevano che quella cosa era impossibile e quindi la fecero.

Nella sua limpida, radicale coerenza Gino Strada ha dimostrato all’umanità dove può arrivare la forza delle idee, guadagnandosi il rispetto di tutti e costringendoci a prendere atto che la vita non è solo agio, apparenza, vanità ma anche altruismo, sacrificio, generosità, gratuità e amore. Lui che si professava laico è diventato, a mio avviso, un esempio illuminante di moderna santità, a fronte di una vita spesa all’insegna della gratuità personale e della carità umana, gratificata dalla riconoscenza delle migliaia di persone soccorse e alleviate da indicibili sofferenze.

Gino Strada era ben consapevole dell’importanza della politica e della comunicazione e perciò si concedeva ai media, cercando di far conoscere le sue iniziative e di sottoporle al vaglio della gente.

Ci sono degli insegnamenti che come partito è bene trarre dalle attività di Gino Strada. INSIEME deve farsi parte diligente nel sostenere la ferma avversione alla guerra come strumento di composizione delle controversie tra i popoli e battersi per un modello di sanità efficiente ed efficace ma soprattutto accessibile a tutti. A questo va aggiunto anche (e credo che su questo ci possa stare l’assenso ideale di Gino Strada) l’impegno per una politica seria e rigorosa di contrasto ai cambiamenti climatici, con le conseguenze che a breve, se nulla si fa, potrebbero compromettere la vita sulla terra e il soddisfacimento dei bisogni dell’umanità. Nel villaggio globale non è ormai rimasto nulla di quello che facciamo che non coinvolga anche gli altri e da questa consapevolezza dobbiamo ripartire per salvare con urgenza il salvabile; finché si può.

Adalberto Notarpietro

 

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