Quasi in contemporanea, l’Onu ha rilanciato il grido d’allarme per gli effetti delle attività umane sui cambiamenti climatici ( CLICCA QUI ) e il colosso energetico saudita Aramco ha annunciato l’aumento dei suoi profitti del 400% risollevati dalla vigorosa ripresa della domanda mondiale e dal conseguente innalzamenti del prezzo del petrolio. Si tratta di un aumento del greggio di circa il 30% dall’inizio dell’anno.
Il rapporto dell’Onu spinge soprattutto alla riduzione, se non addirittura all’eliminazione, dell’uso del carbone, ma è evidente che un’organica ed efficace battaglia contro le emissioni nell’atmosfera non può che riguardare anche l’uso di tutti i prodotti minerari che, come il petrolio, rilasciano particelle destinate a provare aria inquinata e un innalzamento delle temperature.
Non è un caso che le principali organizzazioni ambientaliste non hanno affatto positivamente la notizia dell’aumento dei profitti da parte della Aramco, da sempre definita “il più grande produttore mondiale di gas serra”. Il gigante saudita è considerato il responsabile del 4% delle emissioni mondiali di sostanze inquinanti.
Il problema, ovviamente, non riguarda solamente i petrolieri sauditi e del mondo arabo, visto che anche la europea Royal Dutch Shell, sta registrando i più alti profitti degli ultimi due anni.