In occasione dell’anniversario della nascita del prof. Giorgio La Pira, avvenuta a Pozzallo il 9 Gennaio 1904,  poniamo  all’attenzione degli iscritti e dei lettori alcune pagine del  libro di Nino Giordano “Un cristiano per la città sul monte. Giorgio La Pira” della LEF -Firenze: un itinerario di dialoghi pieno di testimonianze inedite.

 

“Cosa attende la povera gente – cioè tutti coloro che sono privi di una stabilità economica perché non ancorati ad un lavoro duraturo o perché disoccupati – dal governo di gennaio? La risposta è semplice: attende che il governo nuovo sia adeguato all’epoca in cui nasce … Un governo dell’Epifania … La povera gente è piena di buon senso, ragiona in maniera elementare: è realista come si dice: cioè sa ben distinguere. fra le cose possibili e !e cose impossibili e chiede le une e non le altre”. Giorgio La Pira

Il 1950 vide Giorgio La Pira e i dossettiani chiedere al presidente del Consiglio, Alcide De Gasperi, un intervento più deciso in campo economico: una società interamente ispirata ai valori evangelici per combattere quello che il professore chiamava “il paradosso della disoccupazione ”. Per tali ragioni il 1O novembre 1949 Fanfani e La Pira avevano presentato le proprie dimissioni.

Il 26 gennaio vide la luce il sesto gabinetto De Gasperi, senza la presenza dei dossettiani. In un primo momento i dossettiani -secondo una confidenza di La Pira all’amico Giorgio Giovannoni- avevano richiesto quattro dicasteri: Dossetti all’Economia; Lazzati alla Pubblica Istruzione; il Lavoro a La Pira; l’Agricoltura a Fanfani. I dossettiani criticavano l’accordo di governo con i partiti laici e soprattutto con i liberali, restii a ogni apertura sociale.

La rivista, che si presentava come rassegna quindicinale di sociologia e politica, iniziò le sue pubblicazioni il 30 maggio 1947 per cessarle il 31 ottobre 1951.

Pochi mesi dopo, il professore pubblicava su “Cronache sociali” uno dei suoi scritti più famosi: ”L’attesa della povera gente”. il testo si ispirava al modello di sviluppo socio-economico e sociale proposto dal cosiddetto Codice di Camaldoli, redatto nel luglio del 1943, nel corso di una “settimana sociale” dei cattolici italiani, che si confrontarono con tre grandi economisti (Sergio Paronetto, Pasquale Saraceno ed Ezio Vanoni). Un vero e proprio programma in 76 punti che nel dopoguerra guidò l’azione della DC in campo economico.

Nel Codice di Camaldoli al paragrafo 23 si dice che i compiti devono essere quelli di lasciare a tutte le forze e attività che compongono il mondo sociale la libertà nella loro vita, cioè la possibilità di svolgersi secondo le leggi della propria natura; mantenere, perché questa libertà possa esplicarsi, la più esatta eguaglianza degli individui, delle famiglie, dei gruppi intermedi dinanzi alle leggi, cioè impedire che si stabiliscano e si mantengano privilegi positivi o negativi a favore  di alcuni e a danno di altri.

Il 15 aprile del 1950, all’interno di questa rivista, La Pira scrive un saggio di straordinaria attualità: “ L’attesa della povera gente”. Una sfida di politica economica rivolta al governo.

Leggiamo alcune illuminanti considerazioni:

1)            È il governo persuaso che la disoccupazione, con la miseria morale che provoca, va combattuta come uno dei fondamentali nemici e delle fondamentali contraddizioni della società cristiana?

2)            È il governo persuaso che la disoccupazione costituisca uno sperpero economico che incide gravemente sul reddito nazionale e che, a lungo andare, produce anche inflazione?

3)            È il governo persuaso che la eliminazione della disoccupazione presuppone un regolamento del mercato del lavoro da operarsi mediante una pianificazione della spesa (pubblica e privata) che esso solo può compiere?

(A questo punto l’autore presenta lo scambio di opinioni tra  De Gasperi e Dossetti, tra De Gasperi e La Pira e, infine tra Dossetti e La Pira. Scambi di opinione tratti da fonti storiche)

Alcide De Gasperi: Chiamatemi Dossetti.

(Entra Dossetti un po’ sopra pensiero).

Alcide De Gasperi: Ti parlo con sincerità. Penso di affidare i dicasteri dell’economia a esponenti dei partiti laici.

Giuseppe Dossetti: Presidente, tu sai bene che già altre volte ho espresso il mio disaccordo. È necessaria una politica economica più coraggiosa: bisogna influire realmente sull’occupazione. La piena occupazione …

Alcide De Gasperi: Occorrono prima di tutto riforme urgenti: equilibrare interventi privati con interventi statali; incrementare gli investimenti, e poi . . .

Giuseppe Dossetti: E poi?

Alcide De Gasperi: E poi realizzare le richieste che non solo voi avanzate. Tu credi forse che io non sia per un’economia al servizio dell’uomo?

Giuseppe Dossetti: Non sono per nulla d’accordo con la tua impostazione: noi chiediamo riforme chiare.

Alcide De Gasperi: Fanfani mi ha chiesto due portafogli per sé e La Pira. Non posso accontentarvi. Parlerò con La Pira.  (Quanto a me (Fanfani), La Pira e Dossetti ho proposto: trasferire me dal Ministero del Lavoro ed altro; promuovere La Pira ministro e mettere Dossetti sottosegretario. Per quest’ultimo la soluzione gli (a De Gasperi) piace; per il primo preferirebbe un sottosegretariato alla presidenza, anche perché vorrebbe che io restassi al Lavoro, pur rendendosi conto ch’io possa essere stanco in un simile gravoso ministero” -Agenda Fanfani,13.1.195O).

Giorgio La Pira: Sono onorato di essere convocato.

Alcide De Gasperi: Lascia stare i convenevoli. Piuttosto le cravatte che ti ho regalato per l’onomastico sono state di tuo gradimento?

Giorgio La Pira: Quali?

Alcide De Gasperi: Non avrai dato anche queste ai poveri . . .

Giorgio La Pira: Qualcuna sì.

Alcide De Gasperi: Andiamo a cose serie. Ti voglio affidare il Ministero del Lavoro. Sei contento?

Giorgio La Pira: No!

Alcide De Gasperi: Mi sembrate tutti matti! E allora?

Giorgio La Pira: Non sono d’accordo per le stesse ragioni di Dossetti e poi non voglio fare un torto a Fanfani, che ha rinunciato.

Alcide De Gasperi: Non capite la situazione delicata in cui mi trovo. Stimo te e il tuo gruppo, ma devo guardare oltre. Non siete realisti.

Giorgio La Pira: È forse perché siamo stati in contatto più da vicino agli esponenti che tu caldeggi per l’economia.

Alcide De Gasperi: Tu pensi che io non sia dalla parte dei poveri.

Giorgio La Pira: So bene quale sia il tuo animo, ma non siamo d’accordo con te.

Alcide De Gasperi: Almeno in questo momento sono convinto che la piena occupazione si raggiunga con la riduzione dei salari e la stabilità delle monete.

Giorgio La Pira: Prima di tutto occorre creare un ordine sociale che non escluda le creature più deboli da ciò che è essenziale alla vita.

Alcide De Gasperi: Conosco i tuoi sentimenti, la tua innocenza politica, ma sento che devo agire con il tuo stesso obiettivo, percorrendo una strada diversa.

Giorgio La Pira: Forse un giorno anch’io cambierò opinione sulle tue scelte ( “fummo ragazzi – confidò molti anni dopo il professore ad alcune persone, fra cui anche a Mons. Gaspare Simoni- volevamo 450 miliardi subito per sanare la disoccupazione e demmo le dimissioni potevamo fare tante cose”)  ora la gente vuole soprattutto beni essenziali: il lavoro e con il lavoro, il pane, la casa, la stabilità e la pace. Il governo delle cose possibili.

Alcide De Gasperi: E tu credi che io non lo voglia?

Giorgio La Pira: Pregherò che tu riesca negli obiettivi in cui credi.

Alcide De Gasperi: Vedi allora che abbiamo molte cose in comune: oltre all’amore per i poveri, crediamo nella forza della preghiera.

Il 24 luglio 1951 entra in carica il VII governo De Gasperi. Giuseppe Dossetti, in disaccordo con le scelte del presidente del Consiglio (che riconferma come ministro del Tesoro di Giuseppe Pella, criticato per la sua politica di avvicinamento al liberalismo), confida agli esponenti del gruppo di “Cronache Sociali”, il proposito di abbandonare la vita politica attiva. Un giorno confida a Giorgio La Pira la sua amarezza di fronte alla realtà politica. Roma, settembre 1951

Giorgio La Pira: Pippo, in questi giorni ti vedo un po’ pensieroso. Cos’hai?

Giuseppe Dossetti: La rivoluzione è finita! E poi penso se sono adatto per la politica . . .

Giorgio La Pira: Non avere dubbi. Tu sei un politico, hai una visione universale dei problemi.

Giuseppe Dossetti: Per noi cattolici è l’ora della nostra prova meridiana, ma ho paura che il comunismo vincerà anche in Italia.

Giorgio La Pira: Non avere timore: il comunismo non vincerà, perché è ateo. Piuttosto levami una curiosità che ho da tempo: come hai scoperto questa tua passione per la politica?

Giuseppe Dossetti: No, non ho per niente cercato di entrare in politica. Sono entrato in politica attraverso una rottura di testa per un incidente d’auto. Sono capitato a Roma per caso: non conoscevo nessuno e non ero conosciuto da nessuno. E tu?

Giorgio La Pira: Anche per me, come per te e il Lazzati, sono gli interessi di Gesù Cristo e della sua Chiesa che mi hanno convinto ad entrare in politica. E poi ci unisce il passato di “Missionari della Regalità di Cristo” (Negli anni ’30 padre Agostino Gemelli (18 gennaio1878 – 15 luglio1959)  fondò due sodalizi laicali: prima le Missionarie della Regalità di Cristo e poi nel 1928 i Missionari della Regalità di Cristo. L’obiettivo dei due gruppi era quello di vive1’e con pienezza lo spirito evangelico; d’impegnarsi per l’azione cattolica e l’universi-tà cattolica, con una spiritualità centrata sulla Regalità di Cristo. Del sodalizio maschile fecero parte, tra gli altri e in periodi diversi: Padovani, Fanfani, La Pira, Dossetti, Lazzati, Franceschini, Getto, Carretto.                                                                                         ed oggi della “Civitas humana”) ed oggi della “Civitas humana”. (Un’associazione laica con lo scopo di sviluppare all’interno del mondo cattolico una riforma politica e sociale con alcuni obiettivi primari e concreti: costruire spazi di partecipazione popolare; dare un’anima cristiana alle stesse strutture della società.)

Giuseppe Dossetti: Uniti, ma in un periodo di frantumazione del pensiero. Per questo è necessario che i cristiani si ricompattino sulla parola di Dio e sul Vangelo! Sarò capace di dare un contributo in politica, in questa attuale situazione?

Giorgio La Pira: Tu sai quanto condivida il tuo pensiero; ma a volte sei un po’ troppo razionalista e non lasci spazio sufficiente alla novità, all’imprevisto.

Giuseppe Dossetti: Ma insieme, io un cartesiano e tu un mistico, possiamo rompere gli steccati in favore del bene comune: lo Stato per l’uomo e non l’uomo per lo Stato.

Giorgio La Pira: Non si possono lasciare le cose da sole. Lo Stato, la società devono intervenire.

Giuseppe Dossetti: Lo vedi anche tu. C’è chi è sordo alle nostre proposte e vuole ridurre i salari per una maggiore produttività. Alcuni dovrebbero leggere con più attenzione le nostre Cronache sociali.

Giuseppe Dossetti: Sono queste le qualità che devono essere alla base dei rapporti economici.

Giorgio La Pira: Condizioni fondamentali per fare funzionare modo corretto il mercato economico.

Giuseppe Dossetti: E d’altra parte, anch’io come te, non sono d’accordo con De Gasperi, quando ritiene che lo sviluppo vada programmato in base alle risorse tributarie che sono a disposizione.

Giorgio La Pira: Amicus Plato sed magis amica veritas.

Giuseppe Dossetti: Hai ragione! Sono invece d’accordo per un’economia mista (in un’economia capitalistica lo Stato avrebbe dovuto assumere un ruolo imprenditoriale in quei settori dove il privato non poteva sviluppare le sue iniziative. Un’economia mista -pubblica e privata-, ma con modelli che si ispiravano alla Dottrina sociale della Chiesa. In particolare La Pira era solito citare il principio direttivo indicato nell’enciclica “Quadragesimo anno (paragrafo 37) di Pio XI :” come l’unità della società umana non può fondarsi nella opposizione di classe, così il retto ordine dell’economia non può essere abbandonato alla libera concorrenza delle forze”); un’economia, all’interno della quale l’iniziativa privata sia sorretta dal potere politico e dalle scelte dell’esecutivo in relazione all’interesse nazionale.

Giorgio La Pira: Occorre un governo delle cose possibili, da realizzare prontamente, per i beni essenziali: il pane, la casa, la stabilità e la pace.

Giuseppe Dossetti: Lo Stato deve essere capace di regolare l’attività economica e di orientarla verso la soddisfazione dei bisogni delle classi lavoratrici.

Giorgio La Pira: Difendendo gli operai in caso di licenziamenti e avendo sempre a cuore i valori primari dell’uomo.

Giuseppe Dossetti: Il bilancio con riferimento non più al denaro, ma al potenziale umano. Bisogna arrivare alla piena occupazione.

Giorgio La Pira: È meglio rischiare un certo tasso d’inflazione a causa del pieno impiego, piuttosto che ottenere lo stesso male, ma per il basso potere d’acquisto e per la spesa senza beni causata dall’alto tasso di disoccupazione.

Giuseppe Dossetti: Dobbiamo portare il vero bene, secondo la legge di Dio e della dottrina morale cristiana, perché nel lavoro umano è connaturato il senso del sacro e della fatica.

Giorgio La Pira: Hai ragione! Il lavoro umano prosegue la creazione di Dio. Vedrai. Il tempo ci darà ragione: bisogna ricostruire una Nazione, dare speranza. Ora devo lasciarti, mi ha chiamato il presidente.

Giuseppe Dossetti: De Gasperi?

Giorgio La Pira: No, nostro Signore! vado da lui per una mezz’ora di adorazione.

Giuseppe Dossetti: Aspettami… Vengo con te (gli corre dietro).

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