Il recente libro di Rosanna Marsala si occupa dell’imprenditore francese Léon Harmel (1829-1915), una delle figure di spicco del laicato cattolico francese che visse quella esaltante stagione che portò alla genesi e alla elaborazione della lettera enciclica Rerum novarum (15 maggio 1891), firmata da Papa Leone XIII. Harmel, oltre ad essere stato un imprenditore, andrebbe iscritto nella lista dei grandi riformatori sociali che, nella temperie culturale della seconda metà del XIX secolo, giocarono un ruolo non indifferente nel riposizionamento della Chiesa cattolica, rispetto all’avanzata tanto del materialismo di matrice marxista quanto del sentimento anti religioso delle correnti massoniche. Il suo impegno di uomo pratico e la sua istanza di una giustizia sociale da raggiungere attraverso il lavoro dell’impresa lo portarono a realizzare opere la cui carica innovativa, rispetto al tradizionale paternalismo e al corporativismo cattolico, illuminò la nascente Dottrina sociale della Chiesa.

È questo, a nostro parere, il punto centrale del libro, messo in evidenza con grande perizia storiografica dall’Autrice, la quale coglie l’importanza di Harmel in quanto espressione rappresentativa di un particolare momento storico, caratterizzato da una transizione intellettuale e sociale, registrata non tanto per via concettuale, ma operando direttamente nel mondo dell’impresa, dando vita alla fabbrica laniera di Val des Bois, dove prese corpo una forma originale di corporazione cristiana.

Gli anni in cui visse e operò Harmel furono quelli della Rerum novarum, che diedero nuovo slancio all’impegno dei cattolici nel campo del civile, contribuendo alla fondazione di associazioni di lavoratori, cooperative, banche rurali, fino a giungere alla fondazione di partiti politici. È interessante notare come Joseph Schumpeter, nella sua monumentale storia del pensiero economico, rilevi che la Chiesa Cattolica era «oggetto di provvedimenti legislativi e amministrativi da parte di governi e parlamenti ostili». Ciò che accadde, e che nessuno si sarebbe aspettato che accadesse, è che «questi attacchi sarebbero stati costretti a battere in ritirata lasciando la Chiesa più forte di quanto non fosse mai stata negli ultimi secoli».

In pratica, e qui risiede un insegnamento valido anche per i nostri giorni, dopo la diaspora politica seguita all’implosione della DC nei primissimi anni Novanta, grazie all’impegno di figure come Harmel, il cattolicesimo civile, in tutte le sue sfaccettature, sorse dalla rinascita del cattolicesimo religioso e dalla consapevolezza che un nuovo ordine sociale sarebbe potuto nascere solo dal basso, coinvolgendo direttamente i lavoratori e gli imprenditori. L’idea di Harmel divenne un autentico programma di azione civile con l’organizzazione di consigli di fabbrica, circoli cristiani di studi sociali, congressi operai, fino alla partecipazione al movimento democratico cristiano.

La vicenda di Léon Harmel sta lì a dimostrare che l’esperimento democratico consiste innanzitutto nel tentativo di avviare un processo inclusivo, mostrando come la Dottrina sociale della Chiesa converga con i principi fondamentali dell’economia sociale di mercato: potere politico limitato, lotta ai monopoli, libera impresa. È l’innesco di un processo che, dando vita ad istituzioni politiche, economiche e culturali in grado di contendere il potere alle classi dominanti, consente una più dinamica “circolazione delle élite” o, per dirla con le parole del politologo Michael Novak, di “spezzare le catene della povertà”.

Per questa ragione, possiamo riconoscere con la Marsala, che Harmel, sebbene affermi la responsabilità dell’autorità politica nel governo della giustizia sociale, riconosce il ruolo dello Stato all’interno di un ordinamento civile in cui all’ambito del politico spetta una quota parte del bene comune, non sovraordinata rispetto a quella della comunità degli imprenditori e dei lavoratori. Il che rappresenta il cardine stesso del principio di sussidiarietà e la rappresentazione di una nozione di giustizia sociale ispirata a tale principio ordinatore, evitando che di cadere nella trappola statalista e assistenzialista denunciata da Friedrich A. von Hayek.

Flavio Felice

Pubblicato su Avvenire

 

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