L’idea della pre -politica è molto in voga tra quegli ambienti del mondo cattolico che coltivano la speranza di veder nascere un’unione politica dei credenti. Un’idea tra il naive e il temerario visti gli scontri che per secoli vi sono stati, a diversi livelli, tra cristiani che coltivavano diversi interessi e la pensavano politicamente in maniera differente. Questo disegno che sta in testa anche a qualche organizzatore di recenti iniziative pubbliche, in realtà, finisce per rischiare di mischiare il piano religioso con quello politico.

Tanto per andare sul concreto: come mettere d’accordo Matteo Salvini e noi, ma è solo un esempio, sulla questione dei migranti? Basta un voto comune su temi eticamente sensibili per dire che noi e alcuni del centro destra possiamo mai essere la stessa cosa? E guardando a sinistra, è possibile sorvolare sulle distanze che ci separano su quegli stessi temi?

Quello che in realtà manca è la ripresa di una vigorosa iniziativa sulla scia del pensiero popolare e cristiano democratico. E questo spiega perché molti laici tra quelli che insistono sul pre – politico, in effetti, hanno sempre fatto parte di altri partiti, soprattutto del centrodestra. E, probabilmente, ancora quello hanno in testa.

Nessuno nega che taluni di questi siano animati da buone intenzioni, ma la questione resta solo una: o ti impegni in politica o ne stai fuori. Tertium non datur.

Secondo noi è venuto il momento di questo impegno. E’ necessario superare antiche divisioni coltivate nel trentennio che ci sta alle spalle che, con la diaspora, ha portato all’inconsistenza e all’irrilevanza politica di chi guarda alle cose del mondo sulla base di un’ispirazione cristiana. Ovviamente, lo si può fare con chi ci sta in maniera leale. Bisogna operare concretamente per mettere la Persona al centro di ogni progetto e, con essa, la famiglia e le aggregazioni intermedie spontanee che, naturalmente, si formano in ogni società in campo culturale, economico e sociale.

Il superamento della diaspora è possibile se si ritorna a quella seconda caratteristica del popolarismo, in aggiunta all’ispirazione, che si può definire l’identità programmatica. I famosi contenuti, insomma, di cui tutti parlano, ma che raramente escono dalla genericità della declamazione e, ancor più raramente, sono ravvisabili sul piano legislativo.

Lo ha appena ripetuto il cardinale Parolin, anche se con altre parole: la presenza ha un senso se si supera la dicotomia tra l’impegno sulle questioni etiche e quello sulle tematiche sociali. Come più volte sostenuto, del resto, viviamo in un mondo in cui tutto è diventato una questione morale, dall’antropologia investendo le questioni economiche e dell’intera vita pubblica.

Se questo è ben compreso, e gli viene data l’adeguata risposta politica, molte delle divisioni che hanno caratterizzato i tre decenni precedenti possono essere superate. Bisogna comunque essere consapevoli che, poi, qualche giapponese cui non è stata comunicata la fine della guerra, continuerebbe a stare con Salvini e la Meloni, e altri nel Pd. Un processo riaggregativo, del resto, è favorito dalla fine del bipolarismo. Una esperienza giunta ad un livello tale che tutti oggi auspicano la rinascita di un “centro”, anche se questo poi viene declinato sempre secondo le convenienze di ciascuno.

Noi invece crediamo che la risposta possa essere quella di andare alla centralità delle questioni degli italiani. A questo riguardo, INSIEME sta per lanciare delle forti iniziative politiche su temi come il Lavoro, il Terzo settore, la politica industriale, la Sanità, il sostegno alla vita, la libertà di educazione. Su tutto ciò, ed altro, chiameremo alla verifica chi s’interessa della politica, ma anche della pre – politica, e su ciò provare la reale cifra di quelle dichiarazioni che possono far sperare che la lezione della diaspora sia stata davvero imparata.

Giancarlo Infante

I precedenti articoli sull’argomento sono stati pubblicati il 9 marzo (CLICCA QUI) e ieri, 10 marzo 2022 (CLICCA QUI)

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