I processi di transizione definiscono i cambiamenti: sono le chiavi per accedere al mutamento desiderato, atteso. Ma
quali vicende hanno percorso le strade delle città al fine di poter dar vita alla storia e al presente di ciascuna?
Conservare il ricordo del passato e le sue testimonianze. Attingere alla memoria per evocare il futuro prossimo. Con questi presupposti è possibile ripercorrere la storia delle civiltà, dalle città “di terra” alle città “di mare”, misurandosi con i relativi effetti sull’insediamento umano.
Soffermiamoci sulla “relazione col mare”: trade union tra cultura urbana e cultura marittima. Quel nastro azzurro che da sempre accomuna i luoghi bagnati dall’acqua salata. Le radici e i progressivi sviluppi delle civiltà possono configurarsi nei rapporti terra-mare. La visione “dal mare” è da sempre stata scelta per le rappresentazioni iconografiche e cartografiche, al fine di evidenziare le difese costiere del contesto urbano. In tal senso, ricordiamo che le tappe della progressiva conquista dei mari hanno segnato la storia delle scoperte geografiche.
Venire a contatto con nuove civiltà, nuove usanze, mediante nuovi approdi ha fatto sì che i popoli potessero col tempo dotarsi, in maniera funzionale, delle indispensabili conoscenze scientifiche, infrastrutturali e tecnologiche utili per il loro progresso. Molti sono i poli urbani peninsulari di mare. Dagli Spartani che nel VIII secolo a.C. fondarono “Taras” (Taranto) la più importante Polis della Magna Grecia situata al centro dell’omonimo Golfo nel cuore della Puglia, a Sassari l’antica capitale del Giudicato di Torres storico centro urbano del Capo di Sopra della Sardegna sorto verso il Golfo dell’Asinara. Taranto e Sassari contesti urbani fortemente produttivi legati alla tradizione contadina della terra e della pesca, ma, al contempo, ad un’economia urbana incentrata sulla grande industria, il cui derivato problema dell’inquinamento causa a tutt’oggi non pochi disagi. Dall’ex Ilva di Taranto all’ormai dismesso complesso petrolchimico di Porto Torres, comune isolano della provincia di Sassari. Ma in quale modo i contesti urbani di queste due città hanno recepito la loro evoluzione economico-culturale?
L’approccio fordista a pratica industriale innovativa in veste moderna scelto nel 1959 per Taranto andava a
fornire un’identità disegnata sulla grande fabbrica determinando gradualmente il passaggio sociale dalle campagne
alla città. Veste che andava affermandosi in netto contrasto con la vision cittadina pre-industriale a vocazione agricola e marittima. Ciò ebbe origine, però, ancor prima: gli spartani, valorose personalità del passato, scelsero Taranto come unica colonia magno greca al di fuori della città di Sparta, ritenendola indiscusso polo strategico nel Mediterraneo.
Oggi Taranto, certa di una storia determinata, concreta e gloriosa, è quanto mai indispensabile che accompagni la sua modernità, sulla base del policentrismo di cui è figlia, attraverso iniziative virtuose, servizi e saperi di qualità dediti al benessere del territorio. In tal senso, i propulsori di positività di cui Taranto necessita debbono andare oltre l’esigenza dell’apparenza, oltre qualunque fattore ineludibile ed imprescindibile, focalizzandosi sulla sola operatività di qualità, prediligendo la sostanza alla forma del progetto da realizzare. Solo da questa logica consapevole deriva il corretto approccio gestionale di ciascuna tematica.
La grande industria tarantina, ad esempio, attende vogliosa di poter essere rivestita di cultura manageriale virtuosa, di poter operare secondo i più alti criteri gestionali d’impresa che valorizzino appieno la salute dei lavoratori e, nel complesso, il benessere della città che da sempre la ospita.
Aspetti certamente spesso comuni a molte realtà metropolitane della nostra penisola, convergenti nel
raggiungimento dell’obiettivo “salute”. Da Nord a Sud, da Est ad Ovest: l’Italia chiama. Anche l’enigmatica
antropizzazione nuragica che contraddistingue la storia antica di Sassari, illustre capitale del Giudicato di Torres, si
trova oggi concorde con il rivendicare un ambiente migliore. Realtà sarda dalle storiche illustri vestigia marinare, dalle ricche sorgenti e corsi d’acqua, uno dei tanti villaggi medioevali situati nella zona collinare a ridosso del Golfo
dell’Asinara, natura selvaggia, incontaminata. Terra riconosciuta per i forti impulsi commerciali e agricoli, il cui porto di Torres, uno dei principali porti isolani, contribuì al forte incremento degli scambi.
Ciò ha permesso all’omonima provincia sassarese, Porto Torres, antica colonia romana fondata dall’imperatore Ottaviano Augusto, di possedere oggi uno tra i più rinomati porti turistico-commerciali dell’isola sarda. Oggi anche Sassari e la sua provincia, certe di un importante passato, attendono di poter basare la propria modernità
sull’antropizzazione nuragica di cui sono figlie, vogliose di iniziative e pratiche di qualità, dalle maestranze dedite al
buono e sano. In tal senso, l’ormai dismesso complesso petrolchimico di Porto Torres rappresenta quel buio presente
che occorre mutare: dichiarato sito di interesse nazionale, definita area contaminata e classificata come pericolosa, in
attesa di bonifica. Consapevole di un glorioso passato che la ricorda scenario di grandi traffici commerciali, oggi anche Porto Torres, come Taranto e tante altre realtà metropolitane peninsulari, attende l’impulso virtuoso, lo strumento attuativo certo di un risultato benefico. In tal senso, illustri studi scientifici hanno dimostrato che l’esposizione a fattori di rischio ambientale causati dalla grande industria rappresentano il maggior gravame di inquinamento in termini percentuali per l’uomo, a cui fa seguito il più elevato numero di casi con salute compromessa.
Un dato allarmante che crea incertezze non solo in ambito sanitario ma anche economico. Quale traiettoria si va a delineare? È palese che si tratti di eventi scaturiti in distinte regioni italiane ma che convergono in un unico comune denominatore: l’inquinamento ad opera della grande industria. Oggi purtroppo l’intera platea mondiale si trova a dover convivere con una disarmante vicenda sanitaria: la pandemia di COVID-19. I medici, sempre chiamati ad un impegno straordinario, sicuramente ancor di più in questo periodo di emergenza mondiale, rappresentano le figure “in prima linea” che hanno come unico obiettivo salvaguardare la salute. Sarà il peso della responsabilità, sarà che l’atto medico non ha l’intento intrinseco di confutare dati di cui non si ha conoscenza, o la veridicità di fenomeni mediatici, sarà che la loro mission professionale e di vita è salvare il prossimo. Il Medico Competente ha compiti ben precisi scanditi da misure determinate nello scenario della sanità pubblica.
Nell’attuale contesto di pandemia la gestione della prevenzione è quanto mai indispensabile al fine di ridurre e soprattutto rallentare la diffusione del contagio, al fine di abbattere l’ingente pressione sul Servizio Sanitario Nazionale. È la prima volta che nella storia della Repubblica Italiana viene adottata una misura restrittiva così importante: senza una valida ragione, giustificata esclusivamente da motivi di lavoro, di salute o altre necessità, è richiesto di restare a casa. Ciò ha comportato conseguenze nell’immediato: dall’economia alla vita sociale dei cittadini. Quali impatti psicologici della “quarantena forzata” in forma di “semi-isolamento” vi sono sulle persone? Lo stile di vita di ciascuno è cambiato repentinamente.
Da un giorno all’altro ci è stato chiesto di non fare più determinate cose, di restare a casa, di modificare inevitabilmente i rapporti sociali, non interloquendo più fisicamente con qualcuno ma interagendo tramite strumenti di tecnologia online. Secondo gli esperti, in periodi di difficoltà – come quello in atto – è necessario che venga diffusa la corretta comunicazione, utilizzato un adeguato “stile comunicativo”, fatto vivo il desiderio di rinascita, generato benessere, affinché aumentino speranza e buon umore nelle comunità. L’intervento poderoso messo in atto dalla platea internazionale per contrastare e debellare il Coronavirus determinerà il sorgere di una nuova primavera, una stagione che tutti noi ricorderemo di aver vissuto dalla finestra, ammirando il cielo azzurro e facendoci riscaldare dal sole che accarezzava i nostri volti, illuminando le nostre stanze di speranza e gioia per il futuro.
Quel futuro che avremo raggiunto con la forza di essere insieme.
Lucia Mele e Karen Ricchiuti