Spesso nello scenario politico italiano, il concetto di “moderazione” è stato sinonimo di “accomodamento”, “compromesso” e, peggio ancora, “connivenza”. Pare che di frequente, il termine “centro” sia stato negli ultimi quattro o cinque decenni, un nome politicamente corretto per indicare quella che ultimamente è stata definita più
correttamente come “zona grigia”.

È inutile negare che i partiti moderati si sono spesso posti nei confronti dell’elettorato come porti franchi di qualche clientela “borghese” nel senso deteriore del termine. Gli esempi si moltiplicano dalle varie logge deviate degli anni ‘80 e ‘90 fino ad arrivare alle feste di Arcore del 2011.

Partiti di sedicente ispirazione cristiana, si sono arrogati il diritto di definirsi tali strumentalizzando l’identità cattolica per qualche fine particolare. Savagnone ci tratteggia l’idealtipo di “laico clericalizzato” che uscito dal tempio domenicale: “torna ad essere il professionista avido, che chiede onorari iperbolici e non rilascia la fattura; il
funzionario pigro, che non espleta le pratiche affidategli se non sotto raccomandazione; il politico spregiudicato, o il banchiere cinico, che violano sistematicamente i principi della Dottrina sociale della Chiesa in materia di bene comune”.

Di fronte ad uno scenario che ci trasmette un’idea di centro come tiepido interlocutore col quale lobby poco limpide hanno l’occasione di patteggiare, è quanto mai necessario segnare una discontinuità forte. Si deve tenere presente che il centro, come forza ispirata cristianamente, portatrice di un retaggio come quello che ricava dal Vangelo è
esattamente il contrario della tepidità accomodante e pronta a svendersi cui siamo stati per troppo tempo abituati.

A ben vedere, il centro, in quanto trae la sua ispirazione dal Vangelo e dalla Dottrina sociale della Chiesa, ha la possibilità di essere la forza più radicalmente e autenticamente rivoluzionaria dell’attuale scenario politico. In
che modo? Quali sono i temi che un partito di centro cristianamente ispirato può approcciare in termini rivoluzionari?

1- Il centro può essere la forza politica che è radicalmente dalla parte dei poveri e degli
ultimi, tanto di coloro lo sono a livello economico, quanto di coloro che lo sono a livello
esistenziale (famiglie che ospitano una disabilità, vittime della prostituzione,
tossicodipendenti, chi vive il dramma dell’aborto, immigrati etc.). In questo senso il
centro è in realtà la forza delle “periferie” di cui parla papa Francesco.
2- Il centro può essere il no radicale e senza spiraglio alcuno rivolto a corruzione, mafie
e violenza. Ciò implica il prendere decisioni forti e coraggiose in discontinuità con
quanto fatto fino ad ora, ad esempio impostare una coraggiosa riforma del codice
penale come suggeriscono oggi le maggiori personalità in materia di lotta alle mafie.
3- Un centro di ispirazione cristiana può essere il superamento dei sovranismi e il
promotore di una Comunità Europea che abbia come causa prima e fine ultimo non più
la finanza ma la persona, come ha auspicato il Presidente Mattarella.
4- Il centro può educare ad abbandonare la narcisistica “cultura dello scarto” tanto in
ambito sociale quanto in ambito etico-bioetico.
5- Il centro può essere la culla di una laicità autentica e radicale, inclusiva,
interreligiosa e non ideologica.
6- Un centro di ispirazione cristiana può dare un enorme contributo all’ecologia
integrale, salvezza dall’avidità del consumo.

Certo non si vede come, volendo portare avanti logiche tanto rivoluzionarie, non si riesca a non scontentare alcuno. Per esempio, si fa fatica ad immaginare di prediligere le fasce meno abbienti della popolazione senza richiedere un contributo di responsabilità ulteriore alle fasce più abbienti, soprattutto nel momento di recessione che stiamo vivendo; né si vede come porsi in aperto contrasto alle mafie e alla corruzione diffusa senza infrangere “fastidiosamente” molte consuetudini consolidate e stati di fatto pluridecennali.

Ma è esattamente questa la discontinuità che tanto desideriamo: persone credibili, come scriveva il giudice Livatino, che sentano la responsabilità della testimonianza, anche se costa (Lc 21, 12-19 Vangelo di domenica
17/11/2019).

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