Non ci siamo ancora ripresi dall’annuncio dell’amministrazione statunitense sull’introduzione di dazi che, questa volta, riguardano anche i prodotti italiani.
Per mesi abbiamo assistito alla guerra commerciale Usa Cina e in molti pensavano che la campana suonasse solo per altri.
E’ chiaro che l’attuale amministrazione di Donald Trump concretizza il suo “ America first” senza guardare in faccia neppure agli alleati, tra cui l’Italia. Del resto, era stato detto sin dagli inizi, senza mezzi termini che quelli erano, e restano, gli intendimenti.
In realtà, e questo valga per tutti i sovranisti da strapazzo che ci hanno riempito le orecchie di proclami e vuote dichiarazioni stentoree nei mesi scorsi, in discussione finiscono le nostre esportazioni e i capisaldi delle relazioni internazionali su cui si è basata la geopolitica degli ultimi settant’anni.
Inutile girarci attorno: le relazioni tra Stati Uniti e Europa rischiano di prendere un nuovo corso e, con esse, tutta la visione del multilateralismo.
Lo ha ben colto il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, intervenendo a Milano in occasione del ottantacinquesimo anniversario della nascita dell’Ispi, l’Istituto per gli studi di politica internazionale ( CLICCA QUI ).
Siccome c’ è poco d’aggiungere, tanto vale riportare alcune delle parti salienti dell’intervento di Sergio Mattarella. Un vero e proprio “ controcanto” al “ sovranismo”, in particolare d’impronta “ trumpiana”, fatto non solo di proclami, ma di fatti concreti che fanno riflettere su cosa significhi il pensare esclusivamente a se stessi.
“ Il multilateralismo è in crisi proprio mentre la globalizzazione – ha detto Mattarella- “ si afferma come fenomeno di ardua gestione, sospinta da una digitalizzazione che accelera, in ogni settore della società e del sapere umano, la condivisione di processi, notizie, idee, comportamenti”.
Eppure, ha ricordato il Presidente della Repubblica, il “ multilateralismo ha consolidato le prerogative dei cittadini, che, espresse e riconosciute in precedenza dalle sovranità individuali degli Stati, si sono successivamente trasfuse nella protezione offerta a livello internazionale. Basti pensare alla Dichiarazione universale sui diritti dell’uomo” ed anche ai grandi progressi fatti segnare dal “ reddito medio annuale pro capite della popolazione mondiale”, aumentato di quattro volte dal 1950 a oggi.
Sottilmente, Sergio Mattarella ha anche ricordato quanto l’opzione del multilateralismo sia stata un tutt’uno con la Pace assicurata in larghe regioni del mondo. A partire da quell’Europa che ha conosciuto fasi millenarie di conflitti, di alcuni dei quali le sanguinose ferite hanno cominciato appena a rimarginarsi.
Mattarella, con tutto il garbo che deve avere un Presidente della Repubblica italiana, ha sottolineato un’oggettiva contraddittorietà in cui cadono quanti inseguono il multilateralismo sui temi della sicurezza e vorrebbero, poi, applicare il bilateralismo ai trattati commerciali.
La domanda di fondo di Mattarella è semplice: “ Può il “bene comune” dei cittadini di uno Stato essere contrapposto al “bene comune” dei cittadini di un altro Stato? Esiste un “bene” comune all’intera umanità?”. Diventa persino scontata la conseguente riflessione: “ mentre aumentano le esigenze di ‘ governance’ globale vengono messi in discussione i mezzi che permettono di soddisfarle”.
Così, appare “ evidente che il multilateralismo non è colpevole degli effetti negativi della globalizzazione, quanto, piuttosto, ne costituisce un rimedio, per indicare e raggiungere, insieme, regole e obiettivi comuni per rimuoverli”.
Come fa il nostro Presidente della Repubblica, noi italiani ci dobbiamo porre il problema del modo migliore di ripristinare le “ condizioni che restituiscano forza al multilateralismo quale ‘ motore’ principale delle relazioni internazionali”.
La risposta è da condividere: nessun Paese europeo può da solo “ incidere così profondamente sulla realtà internazionale da poterne condizionare durevolmente il corso”. Essa può venire dal soggetto che gli europei hanno insieme creato: l’Unione.
La comunità dei paesi europei, però, questi il monito e l’auspicio di Mattarella, deve ” fare un ‘ salto di qualità’ tale da poter richiamare gli altri grandi “attori” – in primis Stati Uniti, Cina e Russia, ma non soltanto questi – al rispetto sostanziale delle regole del multilateralismo”.
Secondo il Capo dello Stato, una maggiore coesione da parte europea non è in contrasto con l’appartenenza della stragrande maggioranza dei Paesi dell’Unione all’Alleanza Atlantica. Anzi, può significare ” mettere a fattor comune risorse e strumenti accresce le capacità” nell’ottica “ della complementarietà e di un’evoluzione destinata a rendere l’Alleanza più forte nel servire gli interessi comuni”.
Questa la sintesi di un intervento molto più ampio che segna una risposta adeguata alla sfida lanciata da Ronald Trump, proprio all’indomani dela visita a Roma del Segretario di Stato Usa, Mike Pompeo.
Una sfida che rischia di insinuare nel profondo degli italiani e degli europei insicurezza e incertezza nei confronti di consolidate e rinnovate amicizie sviluppatesi nel corso dei decenni.
E’ chiaro che le relazioni con gli Usa devono tenere conto di quelle ciclicità che caratterizzano la più importante democrazia del mondo e legate alla lotta per la presidenza che si rinnova ogni quattro anni. Può darsi che il prossimo quadriennio porti alla Casa Bianca un altro Presidente o che lo stesso Trump rientrandovi, così come accaduto ad altri leader americani che ci sono riusciti volte nel passato, cambi linea e atteggiamenti.
Intanto, però una vera e propria guerra commerciale è scatenata ai danni di alcuni per favorire altri. Rischia di restare segno indelebile in quello che chiamiamo sentire collettivo e di favorire atteggiamenti di distacco se non, addirittura, di ostilità. E di questo non se ne sente proprio il bisogno.