L’ultimo è stato un fine settimana da … tutti al “centro”. Non di quelli storici cittadini, comunque presi d’assalto in barba alla Covid -19 e all’obbligatorietà dell’uso della mascherina. No, parlo del “centro” dello schieramento politico. Venerdì, si sono riuniti quelli dell’Udc. Sabato, Clemente Mastella ha lanciato “Noi di Centro” al teatro Brancaccio di Roma.

L’Udc conferma la presentazione di un “centro” nel centrodestra. Anche se molto ci dice di un sostanziale avvicinamento a Matteo Salvini e a Giorgia Meloni. Ovviamente, a dispetto della proclamata partecipazione al Partito Popolare europeo. Quanto resta più inspiegabile, però, è il coinvolgimento degli esponenti dell’Udc in un turbinio di incontri e di riunioni cui partecipano con altri gruppi e gruppuscoli d’estrazione cattolica con l’obiettivo di creare una formazione che possa davvero definirsi di “centro”. Senza il bisogno di un trattino che spieghi questo “centro” in quale spiegamento bipolare si piazzi. Stanno a perdere tempo, loro e quelli che si riuniscono con loro? O sono tutti nel pieno di un’incertezza che li fa indugiare di fronte a un bivio?

Una conferma in più di quanto questa storia della ricerca del “centro”, dell’arrivo dei “centristi”, di quelli che pensano di risolvere tutto mettendosi millimetricamente a misurare la stessa distanza a destra e a sinistra, sono cose che meriterebbero un approfondimento. Forse destinato a non giungere mai perché alto è il rischio che, alla fine, potrebbe apparire eccessivo dirlo, ma è bene dirlo, ci sia solamente un gran gioco delle parti. Quello del mettersi con il naso all’insù per capire dove soffia il vento. In modo da non farsi trovare spiazzati dagli avvenimenti che ci propina quel gioco dei “quattro cantoni” cui ci ha abituato l’intera politica italiana, da quando ha perso idealità e autentici leader.

Quanta fatica … per niente. A maggior ragione per quelli che praticano quel gioco dicendosi cattolici. Lentamente assottigliatisi fino a ridursi a lumicino, giacché i loro supposti elettori sono sempre più per l’astensione. E il campo è stato così impoverito da un turbinio di vicende, da passaggi di schieramento, da pochezza propositiva e dall’insipienza del rinchiudersi in irreali riunioni da salotto, da creare non pochi problemi anche a chi ha provato, e prova tuttora, a segnare davvero una novità.

Non fu un caso se circa dieci anni fa, a causa dei tanti stessi limiti sopra ricordati, fallì il tentativo passato alla cronaca come Todi. La limitatezza di visione, l’angustia delle prospettive e le ambizioni dei singoli bruciarono un’esperienza che avrebbe potuto incidere significativamente nel corso della cosiddetta Seconda Repubblica. La cosa strana è che non se ne sia fatto lezione di vita. Così, ancora oggi, si continua con le beghette personali, la ricerca di una rendita di posizione o di uno “strapuntino” che si pensa possa venire solamente andando a mettersi “sotto padrone”. Realismo, si dice. Ma il realismo senza una forte visione strategica ( cosa che può portare legittimamente, anche opportunamente, a concepire la possibilità di fare passi di lato, imbarcarsi in alleanze scomode, accettare di subire con encomiabile pazienza) quanto diventa invece opportunismo?

Cambiamo scenario e andiamo a teatro. Clemente Mastella ha organizzato tutto da solo al Teatro Brancaccio. Forse per scaramanzia. Giacché quel teatro è stato già teatro di clamorose divisioni … a sinistra ( CLICCA QUI ), e di altrettanto clamorose contestazioni … contro Beppe Grillo ( CLICCA QUI ). In modo altrettanto scaramantico, Clemente ha ricordato la presenza delle “truppe mastellate”. Quelle che gli hanno portato ancora più fama in aggiunta alla tanta già conquistata da enfant prodige della politica italiana una volta giunto a Roma come uno dei più vulcanici giovani campani vicini a Ciriaco De Mita. Ma ha ricordato anche i “peones” della Dc, nonostante quelli s’impegnarono non poco per la sconfitta della sinistra Dc di cui Clemente fece a lungo parte.

Mastella ha fatto sì che ci fossero ad ascoltarlo altri esponenti di gruppi e gruppuscoli che recentemente hanno scoperto quanto conti quel trattino da accompagnare con il termine “centro”. Non è un caso se a dare segno di un interesse concreto verso l’appuntamento di sabato scorso c’erano Ettore Rosato e Gaetano Quagliariello. Il primo, per i cosiddetti “renziani”, cioè gli autoproclamati “centro” del centrosinistra; il secondo, per Coraggio Italia, ultimi scopritori del valore  del “centro”, sì, ma di quello dentro il centrodestra. E allora: due migliori Dioscuri d’accompagnamento così dove li trovi? Stavo per scrivere d’accompagno, ma visto che questo termine s’addice solo ai funerali non voglio apparire malaugurante a Clemente di cui sono sempre stato un grande amico.

Sullo sfondo, gli ampi scenari che ci si aprono davanti. In molti sono convinti che con, e dopo l’elezione del Presidente della Repubblica il “coreografo” della danza potrebbe ordinare la disposizione in “quadriglia”, magari grazie all’introduzione della legge elettorale proporzionale. Invece che in “coppia”, se restasse il sistema maggioritario. E allora perché non prepararsi adeguatamente ad almeno un po’ dei tanti domani possibili?

Sul palco del Brancaccio, comunque, è andata in scena la presentazione di un partito non “personale” da parte di un introduttore che forse non ha capito bene come vanno le cose. Clemente Mastella ha subito precisato ( CLICCA QUI ) di avere l’obiettivo di raggiungere, sottolineando il “da solo”, il mezzo milione di voti. Un traguardo a portata di mano, viste le 105 mila preferenze raccolte nella sola Benevento. Così. Clemente che è sempre stato bravo a rapportarsi con i suoi interlocutori in maniera invitante ha detto a Quagliariello e a Rosato: “facciamo un’alleanza al centro che è necessaria per il Paese”.

La mia domanda d’amico è d’obbligo: un’alleanza di questo genere può sicuramente apparire necessaria a chi si accontenta di gestire un esistente in via di superamento, ma dove sono i contenuti che sono l’unica cosa attesa davvero dall’Italia? Continuando a seguire questa logica vorrà dire che si aggiungerà l’ennesimo “centrino”. Ma a Clemente, che è anche molto concreto, la cosa può andare benissimo.

Giancarlo Infante

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