Domenico Delle Foglie conclude il suo pregevole articolo, pubblicato su queste pagine ieri, chiedendosi e chiedendo – se ho ben inteso in particolare a noi che ci siamo avventurati nell’impresa di INSIEME – se davvero sia oggi necessario o almeno opportuno un partito di ispirazione cristiana ( CLICCA QUI ). Sostiene giustamente come la domanda sia “ineludibile”.

D’istinto, risponderei riprendendo una frase di Machado che, giusto ieri in tutt’ altro contesto, ci ricordava Stefano Zamagni: “Il sentiero si traccia camminando”. In effetti, in linea generale, soprattutto in un tempo accelerato e di tumultuosa evoluzione qual è il nostro, bisogna ammettere che vi siano domande cui si può rispondere solo sul campo, cioè, in qualche modo, mutuando dal linguaggio della scienza, il metodo sperimentale.
La complessità, da cui siamo da ogni dove quasi assediati, implica che accostiamo i contesti sociali in cui viviamo, assumendoli come “sistemi aperti”, adatti ad apprendere induttivamente dall’ambienti in cui sono immersi. Al punto che siano in grado di agire retroattivamente sugli stessi presupposti o, altrimenti detto, sugli assiomi da cui, a monte, prendono le mosse.

Si tratta di assumere un atteggiamento ispirato a schietto realismo, da sostituire o almeno da affiancare a quello di stampo “idealistico” che immagina di catturare l’incontenibile iridescenza di tutto ciò che è, nella forma del “concetto” o di un sistema, una architettura, una impalcatura concettuale, da cui dedurre, in maniera pedissequa, secondo una declinazione intellettualistica, ogni ulteriore determinazione, anche sul piano della concretezza operativa, pure in campo politico.

I sistemi chiusi, che finivano inevitabilmente per approdare a cristallizzazioni ideologiche, potevano reggere all’ onere della prova in ambienti, come li abbiamo conosciuti tra’800 e ‘900, tutto sommato stratificati e semplici – almeno al confronto con l’oggi – tendenzialmente stabili, per quanto percorsi da “pousse” rivoluzionarie, appunto mosse da una lettura parziale e talmente unilaterale degli eventi da ritenere che se ne potesse ricavare una formula esaustiva dei loro sviluppi, anche in proiezione futura. Non sono assolutamente in grado di interpretare e contenere un tempo che mostra, invece, come la realtà sia incontenibilmente ricca, plurale, articolata, impredicibile, sempre provocatoria, davvero viva e mai confinabile in schemi prefabbricati. Senonché le ideologie erano, a loro modo, rassicuranti. Fornivano un orizzonte entro cui apparentemente si dispiegava un senso compiuto delle cose.

Al contrario, nei sistemi aperti questa “rassicurazione” pre-ordinata e sistemica manca del tutto in forma collettiva e va, se mai, guadagnata da ciascuno nella singolarità della propria esperienza esistenziale. Insomma, il nostro tempo evoca la “persona”, ricusa la massa e, se mai, pretende che assuma la dignità di “popolo”, che pur sempre con la persona ha costitutivamente a che vedere. Basterebbe questo per dire che il nostro tempo, anche sul piano delle culture politiche, ha assolutamente bisogno di una proposta, di una opzione, che sia cristianamente ispirata. Non che una “cultura della persona” debba essere monopolio esclusivo dei credenti, ma è pur innegabile che essi possano esserne gran parte.

In definitiva, a fronte della esplosione dei nuovi versanti secondo cui si mostra oggi il mondo, bisogna, insomma, provarci e verificare in itinere – ad esempio, nel nostro caso – se il rifarci ai principi valoriali della Costituzione e della Dottrina Sociale Chiesa, che rappresentano il faro del nostro progetto, ci consenta o meno di mettere in chiaro nuove categorie interpretative che permettano di comprendere e chiarificare il momento storico che ci è dato attraversare e, addirittura, sperare di poterne orientare il corso, secondo uno statuto di valori e di criteri assunti coscientemente, piuttosto che imposti ineluttabilmente dalla pressione incontenibile degli eventi.

E’ anche qui compare un ulteriore motivo per cui una proposta di ispirazione cristiana, tutta da approfondire e declinare nella molteplicità critica dei suoi contenuti politico-programmatici, sia comunque necessaria. In tempi di “pensiero debole” che predispone ed asseconda una politica altrettanto debole, si tratta piuttosto di riaffermare la nostra fede nella forza della ragione e, dunque, nella possibilità di una politica che, anziché limitarsi a costeggiare gli eventi della storia, tutt’al più aggiustandone qualche sfrangiatura marginale, pretenda di assumerne, almeno fin dove possibile, la guida. Anziché’ abbandonarli nelle mani di poteri privati ed alternativi ad ogni controllo popolare e democratico.

Ad ogni modo, la domanda di Delle Foglie rappresenta una sfida che dobbiamo accogliere. Forse Giancarlo Infante che cura quotidianamente, da oltre due anni a questa parte, la pubblicazione di Politica Insieme potrebbe invitare tutti gli amici che vi scrivono ad affrontare tale argomento che è talmente profondo e vasto da esigere una riflessione davvero collegiale.

Domenico Galbiati

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