Nulla è più come prima oggi, neanche le recessioni hanno dinamiche simili al passato, le Banche Centrali cercano di
procrastinare il momento della verità.
Lo stato di salute dell’economia mondiale, le elezioni negli Stati Uniti, la corsa sfrenata delle borse, l’aumento del debito su scala mondiale, la guerra delle tariffe. Sono alcuni dei temi ahe abbiamo affrontato nell’intervista con Andrea Mazzalai, Consulente finanziario e autore del seguitissimo blog Icebergfinanza.
D) Lei ha sempre avuto posizioni non convenzionali sull’economia. Cosa si aspetta per quest’anno?
Mazzalai: Prima di parlare di economia o macroeconomia una premessa è necessaria. Parlare di qualcosa di reale oggi in relazione ai mercati finanziari è assurdo quasi surreale: equivale a sfidare la dissonanza cognitiva che alberga in ogni ambito, sia politico che economico, che finanziario, credenze e opinioni che si trovano in contrasto funzionale tra di loro, spesso dovute all’ambiente nel quale un individuo si trova ad interagire. Oggi analisti ed economisti ben difficilmente raccontano la realtà, la verità, raccontano quello che il pubblico vuol sentirsi dire, raccontano quello che i loro datori di lavoro vogliono sentire raccontato. Mi hanno davvero sorpreso le recenti dichiarazioni della
nuova Direttrice generale del Fondo Monetario Internazionale, Kristalina Georgieva, la quale ha evidenziato come le disuguaglianze di redditi e ricchezza, vicine ormai ai massimi storici, ricordano in maniera preoccupante la parte iniziale del 20mo secolo, quando le forze della tecnologia e dell’innovazione hanno portato alla Gilded Age, ai ruggenti Anni 20 e alla fine al disastro finanziario.
Chi studia la storia sa che il debito eccessivo e la grande disparità di ricchezza sono i due unici denominatori comuni di tutte le grandi crisi da sempre e oggi entrambi stanno battendo tutti i massimi storici, giorno dopo giorno, mese dopo mese. Che senso ha parlare della realtà quando i mercati quotidianamente battono tutti i record solo grazie a ricchezza creata dal nulla, dalle banche centrali che quotidianamente sono costrette ad iniettare liquidità per tenere in piedi mezzo sistema finanziario diversamente fallito? Che senso ha parlare di aziende decotte che emettono obbligazioni a rendimento zero o addirittura negativo, come è successo quest’estate in Europa e non solo? Che senso ha parlare di crescita economica quando le aziende utilizzano gli utili e la liquidità delle banche centrali, solo per
fare aumentare i valori delle loro aziende attraverso il riacquisto delle azioni, foraggiando bonus e stipendi dei manager a scapito di investimenti, assunzioni e innovazione? Secondo il 97% dei CEO che suggeriscono il riacquisto delle proprie azioni, nel 2020 potrebbe arrivare la recessione, ma solo il 14% degli intervistati dichiara di essere “ben preparato” per gestirla, secondo un’indagine di Russel Reynolds Associates.
D) Il 2020 sarà un anno cruciale per gli USA, viste le elezioni: come potrebbe andare l’economia, anche alla luce dei dazi?
Mazzalai: Nel 2020 ci saranno le elezioni in America: guai a mettere in dubbio la tenuta dei mercati a fronte di un’economia che ha da mesi un andamento perlomeno incerto come suggerisce il Citigroup Economic Surprise Index degli ultimi mesi? Si racconta che i mercati non scendono mai durante l’anno presidenziale, ma se proprio vogliamo fare mente locale negli ultimi cinque anni elettorali i mercati sono scesi due volte occasione dello scontro tra Bush e Gore di oltre il 9% e di oltre il 37% quando Obama ha vinto contro McCain. E questa volta non è diverso perché siamo in cima ad una bolla di dimensioni spettacolari, come nel 2000 e nel 2008, non perché lo dico io, ma perché in ordine sparso, incominciano a parlarne alcuni Governatori della Fed, tre solo negli ultimi sette giorni. Oggi economisti e strateghi di mercato, suggeriscono che ormai la recessione è stata evitata, grazie alla Fed e all’inversione positiva della curva dei tassi, peccato però che la storia suggerisca tutt’altro, ma ovviamente questa volta è diverso…
Nulla è più come prima oggi, neanche le recessioni hanno dinamiche simili al passato, le Banche Centrali cercano di procrastinare il momento della realtà, quello che è accaduto a settembre testimonia, come la sorpresa le ha costrette a rinnegare le loro scelte di politica economica invertendo la rotta per salvare alcune banche sistemiche dal sicuro fallimento.
D) La corsa di Wall Street sembra inarrestabile. Quanto può durare e
a quali criticità potrebbe andare incontro?
Mazzalai: Quando Apple da sola vale più dell’intero mercato australiano e Microsoft insieme a Apple capitalizzano più dell’intera borsa tedesca, qualche domanda te la devi porre. Certo, come diceva prima della crisi subprime il CEO di tigroup, (Chuck) Prince, finché la musica suona bisogna ballare, poi ci penseranno i fessi a pagare il biglietto. Non ci saranno shock finanziari come la bolla della new economy o il fenomeno subprime a far esplodere la crisi, ma semplicemente tutto accadrà quando si avrà la percezione che le Banche Centrali non hanno la più pallida idea di come controllare l’esplosione del debito, che a loro volta alimentano, come nel gioco della martingala, raddoppiando le scommesse. Oltre 1,2 trilioni di debito in più per aziende spazzatura che vengono tenute in vita dalle agenzie di rating, le quali hanno ricevuto ordine di non toccare i rating, diversamente sarebbe un inferno migliaia di aziende BBB che emettono debiti anche a tassi negativi, fallirebbero.
D) Siamo vicini ad un nuovo picco del ciclo del credito. Come vede l’accordo USA-Cina sulle tariffe?
Mazzalai: Noi non crediamo in alcuna maniera al recente accordo tra Cina e Stati Uniti sui dazi. La Cina non potrà in alcuna maniera tenere fede alla promessa di acquistare 200 miliardi di merci americane entro due anni, perché è matematicamente impossibile come abbiamo più volte dimostrato sul blog. Cina e Stati Uniti non apriranno mai i loro mercati e la questione della proprietà intellettuale e il rischio che Huawei rappresenta per gli USA resteranno dinamiche irrisolte. Inoltre, i consumi non potranno all’infinito essere sostenuti dal debito, se i redditi della classe media americana restano stabili o anemici. Negli ultimi cinque anni, gli utili al lordo delle imposte delle corporation americane sono scesi del 13%, se si contano i tagli delle imposte dell’amministrazione Trump che hanno alimentato
il deficit, i profitti comunque sono piatti. Il Giappone ha stupito tutti per la sua performance del 2019.
D) Come ci è riuscito e che implicazioni potrà avere per il futuro?
Mazzalai: Parlando del Giappone e della crescita del suo mercato azionario è importante contestualizzare il tutto, e inquadrare l’andamento di questi ultimi quattro anni alla luce dell’imponente stimolo monetario e fiscale introdotto dal governo giapponese. Siamo di fronte ad una possibile svolta con il Nikkei vicino al un possibile triplo massimo o alla continuazione del trend con nuovi massimi possibili degli ultimi trent’anni. Come ben sanno i lettori di Icebergfinanza, il Giappone per noi è come un libro aperto, è l’esperimento vivente di cosa significa deflazione da debiti e le sue conseguenze che ha distanza ormai di quasi 30 anni continuano a produrre i loro effetti sui livelli dei
tassi. Illuso colui che dopo “solo” 11 anni di crisi spera in un rialzo dei tassi o nel ritorno dell’inflazione. La prima parte dell’anno in Giappone è stata caratterizzata da una crescita economica sostenuta in buona parte dagli investimenti pubblici, in aumento di oltre il 6% annualizzato a fronte di una diminuzione delle spese in conto capitale private. Inoltre, un aiuto è arrivato anche dal crollo delle importazioni, il loro più grande calo da oltre un decennio. Come ben sappiamo il crollo delle importazioni rispetto alle esportazioni è un fattore positivo per la crescita del Pil. Debole crescita dei salari e ovviamente – a differenza degli USA – dei consumi, anche grazie ad un controverso aumento dell’imposta. Il mese scorso il premier Shinzo Abe ha lanciato l’ennesimo pacchetto di stimoli fiscali da 108 miliardi di euro, oltre 1,9% del Pil, mentre il Giappone rischia di scivolare nuovamente in recessione, ma i mercati finanziari e il Nikkei salgono. Noi non vediamo alcuna speranza ancora per l’economia giapponese, per le famiglie, per i consumi: la trappola della deflazione da debiti è troppo forte. Non sono bastati 30 anni di
Quantitative Easing sfrenato o incentivi fiscali ripetuti per creare prosperità in un Paese dove il crollo demografico è devastante. Stimoli fiscali e monetari, acquisto diretto di asset, azioni, ETF, manipolazione dei tassi con redimenti negativi o a zero su tutto l’arco della curva non sono riusciti a risollevare un’inflazione deprimente. É dal 2013 che ci provano e riprovano ma dopo sette anni non è successo nulla, zero!
Riuscirà la Germania a risollevarsi o finirà nel baratro (insieme alla UE)?
Mazzalai: La Germania è la fotocopia vivente del Giappone: inflazione inesistente, salari miserabili, crollo demografico, interessi negativi. Unica risorsa le esportazioni, il surplus commerciale, ricavato giocando sporco contro l’Europa, dumping economico e sociale. Sono curioso di vedere sino a che punto la guerra commerciale ora si sposterà in Europa, quali saranno le conseguenze delle prossime mosse dell’amministrazione Trump, ma da tempo la
Germania è in condizioni difficili con un’economia sull’orlo della recessione. Fa davvero sorridere il piano antirecessione varato dal governo tedesco, 50 miliardi di euro contro le centinaia e centinaia di miliardi di euro impiegate dal Giappone dal 2013 per finire ben quattro volte sotto lo zero in recessione. Le previsioni per il 2020 della Bundesbank sono di un dimezzamento della crescita dal 1,2% allo 0,6%. Nel 2019 la produzione di auto è scesa ai minimi da un quarto di secolo, un calo del 9% della domanda internazionale, un crollo del 13% dell’export rispetto al 2018. La percentuale di auto tedesche vendute nel mondo si è dimezzata dalla fine del secolo scorso, le
principali case automobilistiche prevedono per i prossimi anni oltre 800 mila posti di lavoro in meno per il settore.
Inoltre, come ben sappiamo il sistema bancario tedesco è in condizioni disastrose, non solo Deutsche Bank e Commerzbank, ma molte altre piccole banche regionali e statali. Ma i mercati salgono, il DAX è vicino ai massimi storici. Non credo che ci sia nulla da aggiungere siamo ai confini del surreale, come direbbe la nostra Alice nel suo Paese delle meraviglie: “se io avessi un mondo come piace a me, là tutto sarebbe assurdo, niente sarebbe com’è, perché tutto sarebbe come in realtà non è”.
Intervista con Andrea Mazzalai di Icebergfinanza pubblicata su Businesscommunity.it