Il Giappone va verso un incremento delle spese militari per 320 miliardi di dollari. Tra gli altri, c’è l’obiettivo di dotarsi di missili in grado di colpire il suolo cinese. Decisioni che si pongono sullo sfondo delle crescenti tensioni regionali, con Cina e Corea del Nord in particolare, e dello sviluppo della guerra in Ucraina avviata da un “nemico storico£ dell’arcipelago del Sol Levante: la Russia.

A Tokyo non sfuggono i legami sempre più stretti tra Mosca e Pechino, così come vengono seguiti con grande preoccupazione l’evolvere della situazione che riguarda Taiwan e il rischio che l’isola nazionalista finisca prima o poi per essere attaccata dalla madre patria cinese. Più in generale, vi è il tema del controllo dei traffici marittimi dell’area Pacifico oceanica da cui dipende la fornitura di petrolio e dei semiconduttori, e tante materie prime, fondamentali per la sopravvivenza del Giappone. La risposta è quella di un riarmo che cancella la linea pacifica e pacifista che ha caratterizzato la politica internazionale di Tokyo dalla Seconda guerra mondiale in poi. Non è un caso se è la stessa Costituzione del Sol levante ad assegnare all’esercito capacità solo di difesa.

Il governo nipponico avvia adesso un piano quinquennale di ristrutturazione delle proprie strategia di sicurezza e armamento con un più deciso inserimento nella cosiddetta guerra informatica e in stretta cooperazione più strettamente con gli Stati Uniti e altri paesi che condividano l’intenzione di scoraggiare quelle che sono considerate minacce all’ordine internazionale consolidato. Il riferimento più diretto è quello che va alla recente alleanza sviluppata da Stati Uniti, Regno Unito e Australia che hanno dato vita al partenariato strategico-militare per la sicurezza nell’Indo-Pacifico, denominato Aukus, così alla creazione del cosiddetto Quad di cui, con il Giappone, fanno parte Stati Uniti,  Australia e India (CLICCA QUI).

Il Giappone, così, raddoppierà le spese per la difesa portandole a circa il 2% del prodotto interno lordo (PIL) con la quota del ministero della Difesa destinata a divenire un decimo di tutta la spesa pubblica nipponica, fino a portare l’arcipelago asiatico al terzo posto tra le nazioni che più investono in armamenti.

Inoltre, sulla base dei budget attuali, il Giappone diventerà il terzo più grande investitore militare al mondo dopo Stati Uniti e Cina.

In questo quadro s’inserisce il recente annuncio della partecipazione di Tokyo allo sviluppo di un jet supersonico da combattimento. Si tratterà del Tempest destinato a sostituire l’attuale Eurofighter Typhoon (frutto della collaborazione tra Italia, Regno Unito, Germania e Spagna).

Una decisione annunciata improvvisamente qualche giorno fa anche dalla Presidente del Consiglio Giorgia Meloni e che, in qualche modo, in maniera del tutto inedita, interrompe la tradizionale collaborazione italiana con gli altri partner europei. Il Tempest  dovrebbe essere operativo nel 2035 per porsi in diretta concorrenza con l’analogo progetto di un caccia-bombardiere che vede la partecipazione di Francia, Germania e Spagna e di un altro di produzione statunitense.

Il Tempest vedrà la partecipazione di Leonardo di cui l’attuale Ministro della Difesa, Guido Crosetto, è stato a lungo consulente fino alle dimissioni giunte in coincidenza con la sua nomina nel Governo Meloni. 

 

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