Come ho già avuto modo di dire più volte, il nostro programma deve essere massimamente concreto e, attraverso fini trasparenti e numeri, cioè attraverso la sua lealtà verso la sovranità popolare, deve immettere nel sistema circolatorio della democrazia italiana sangue nuovo. Verità e concretezza ne sono le componenti.
Al momento, la grande opportunità dataci da primi passi di Politica Insieme è insidiata da verbose ed inutili, nonché stantie, tiritere pseudo politiche che, lo dico con energia, che puntano a menomare la già complessa azione di riemersione nella politica governante (non in quella vociante) di contenuti sociali cristiani.
Da ogni parte viene la richiesta agli uomini di governo, ed in particolare al Presidente del Consiglio, di adottare interventi improntati alla concretezza. Quando un uomo sta affogando non si deve stare lì a discutere: occorre salvarlo sulla base del noto, ovvio e sano principio del primum vivere, deinde philosophari.
I dati Istat sono lì ad indicarci che il nostro sistema produttivo sta affogando e va salvato con urgenza, prima che collassi. L’industria manifatturiera sta registrando un calo del 50 per cento; la metallurgia del 53 per cento, le costruzioni del 68 per cento; i mezzi di trasporto del 74 per cento, l’industria tessile dell’80 per cento, il turismo è praticamente fermo. Le previsioni per il 2020 mostrano un PIL che diminuisce del 10 per cento, sempre che nei prossimi mesi non si verifichi una ricaduta della crisi pandemica generata dal coronavirus.
Malgrado la crisi verticale certificata dall’ Istat, crisi che sta portando il rapporto debito pubblico/PIL verso il 200 per cento, la logica del primum vivere deinde philosofari non pare caratterizzare le decisionali d’intervento del governo, come lo certificano gli inviti alla concretezza del Presidente Mattarella e dei principali responsabili delle forze economiche e sociali del Paese, dalla Confindustria ai sindacati. Una crisi di questa portata, la più grave del dopoguerra, non si risolve con proclami di attese e speranze, dottamente aggettivati. Non si risolve con la enunciazione di interventi non quantificati e non coordinati nella loro tempistica di attuazione e nel loro impatto sulla ripresa delle attività produttive e della conseguente crescita delle risorse.
Arrestare la crisi significa arrestare la caduta del PIL. È a tutti noto che il PIL è costituito dalla somma di tre aggregati economici: consumi, investimenti, esportazioni. Scendendo di livello e utilizzando il linguaggio del cittadino che vive sulla sua pelle gli effetti della devastante crisi in atto, occorre chiedersi e rispondere a domande dirette e immediate: le misure d’intervento fin qui adottate in termini di distribuzione di risorse alle famiglie e, quindi, di aumento del potere d’acquisto delle famiglie, in quali tempi trovano la loro completa attuazione? Quali effetti moltiplicativi generano sulla crescita dei consumi? In che misura e in quali tempi la prevista crescita dei consumi permette il recupero delle risorse pubbliche distribuite per aumentare il potere d’acquisto delle famiglie?
Per gli investimenti: con quale politica di interventi di breve periodo, si intende arrestare la loro caduta e stimolare la ripresa? E quali sono gli interventi per attivare le opere pubbliche e, più in generale, il settore delle costruzioni, la cui flessione è dell’ordine del 70 per cento? Come si fa a cantierizzare nei tempi brevi le decisioni di nuovi investimenti, se non si è riusciti a cantierizzare quelli già progettati e finanziati?
Ancora: l’attivazione di queste risorse in quali tempi trova la sua realizzazione e quali stimoli produce sul processo di crescita delle risorse del Paese?
Quale politica è stata adottata (o s’intende adottare) per sostenere nei tempi brevi la crescita delle esportazioni? E quali misure sono state approntate e introdotte per sostenere la competitività delle imprese che esportano, per non far perdere le posizioni fin qui acquisite negli scambi internazionali, posizioni che, una volta perse, è molto, molto difficile riacquistare? Quale linea d’intervento s’intende adottare sulla modulazione dell’Iva per dare respiro competitivo alle imprese e al potere d’acquisto delle famiglie?
Infine, l’insieme delle misure adottate quali effetti tende a generare in termini di aumento del volume di occupazione al Centro-nord e al Sud?
Solo quando si forniscono indicazioni di siffatta natura si comunica al Paese e, quindi, al cittadino con quali risorse, con quanta forza e decisione politica si sta affrontando la più grave crisi del dopoguerra, che comincia a mostrare chiari segni di avvitamento su sé stessa.
Un proclama senza numeri non può mai divenire un programma operativo d’interventi, un programma che fornisce alle imprese, alle famiglie le linee operative di riferimento per coordinare le proprie.
Decidere senza quantificare è come guidare di notte un’auto priva di fari, senza nemmeno l’aiuto della pallida luce della luna.
Alessandro Diotallevi
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