La Bbc ha condotto una lunga inchiesta sulle condizioni di lavoro in Cina. Che non poteva non partire dalle fabbriche di abiti in cui si produce giorno e notte per approvvigionare di magliette, pantaloncini, camicette, pantaloni e di costumi da bagno oltre 150 paesi. Fabbriche in cui, in molti, si ritrovano con un solo giorno libero al mese.

I giornalisti della Tv britannica hanno  visitato 10 fabbriche, parlato con quattro proprietari e più di numerosi lavoratori che, in elusione delle stesse leggi cinesi, armeggiano alle macchine per non meno di  75 ore a settimana.

Parliamo di aziende che stanno addirittura prendendo in considerazione la possibilità di quotarsi alla Borsa di Londra nonostante nel corso degli anni siano state oggetto di circostanziate denunce sulle condizioni cui sono sottoposti i propri lavoratori e di aver praticato anche lo sfruttamento dei minori.

Una delle aziende dell’area di Shein, che ospita circa 5.000 fabbriche, presa in considerazione dai giornalisti della Bbc ha registrato profitti superiori a quelle di quelle europee come H&M, Zara e Primark. E questo grazie al ciclo continua di lavorazione, giorno e notte. Molto del lavoro è pagato a cottimo, nel senso che all’operaio è riconosciuta una paga per ogni pezzo prodotto. Ad esempio, una maglietta vale meno di un dollaro.

Questa situazione è divenuta il pretesto per un intervento di Washington sempre “più diffidente”  nei confronti delle aziende cinesi, nonostante la sede centrale di Shein sia stata spostata a Singapore, forse anche per allontanare ombre polemiche direttamente sulla Cina. Ma questo non ha impedito che il Segretario di Stato americano, Marco Rubio,  dichiarasse di avere “gravi preoccupazioni etiche” sui “profondi legami di Shein con la Repubblica Popolare Cinese”, perché so tratterebbe di “lavoro schiavistico, sfruttamento e trucchi commerciali che costituiscono gli sporchi segreti dietro il successo di Shein”.

Insomma, la competizione produttiva e commerciale con la Cina si presenta oggi anche come una battaglia per la dignità del lavoro. Una questione vecchia che ha coinvolto anche quello che era considerato uno dei migliori tessuti al mondo, il cotone dello Xinjiang, finito in disgrazia – ricordano i giornalisti dela Bbc- dopo le accuse emerse secondo cui sarebbe prodotto utilizzando il lavoro forzato da persone della minoranza musulmana uigura, un’accusa che Pechino ha sempre negato.

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