“Noi siamo incudine e non martello. Rimanete forti ed irremovibili come l’incudine sotto l’imperversare dei colpi che si abbattono su di noi, nella dedizione sconfinata al popolo ed alla patria. Bisogna ubbidire a Dio piuttosto che agli uomini”.

Quando, nel luglio 1941, il “leone di Munster”, il Cardinale  Clemens August Von Galen, alza la voce, quasi da solo, ma impavido, libero e forte contro la barbarie nazista, il regime ha già avviato il programma di “eutanasia sistematica”, finalizzato ad eliminare malati psichici e disabili, bambini affetti da malattie genetiche, soggetti non degni di vivere perché improduttivi.

La resistenza dei cristiani – cattolici e protestanti – che si sono opposti ad Hitler ha concorso a restituire dignità e coraggio ad un intero popolo che ha faticosamente cercato, nell’immediato dopoguerra, il riscatto morale dalla pagina terribile e più oscura della propria storia.

Lo ricorda Romano Guardini, soprattutto nelle due occasioni in cui gli viene chiesto di commemorare i giovani della Rosa Bianca che, negli anni trenta, avevano formato la propria coscienza morale e civile attingendo abbondantemente dalle sue opere, fino a considerarlo loro maestro: Sophie ed Hans Scholl, Christoph Probst, Alexander Schmorell, Willi Graf e, con loro, il Prof. Huber.

Dapprima a Tubinga il 4 novembre 1945 ed ancora il 12 luglio 1958, quando Guardini è invitato, dal Rettore dell’Università di Monaco, “a tenere il discorso celebrativo all’inaugurazione del cortile coperto dell’Università, nel quale i fratelli Scholl avevano sparso dall’alto i volantini contro Hitler…”.

Guardini va alla radice antropologica del totalitarismo, che si combatte nella responsabilità della coscienza, lì dove la “bilancia dell’esistenza” mantiene viva la libertà, nella consapevolezza che vivere è “stare di fronte” a qualche cosa che ci impegna e ci interroga.

Afferma Guardini a proposito della dittatura: “Toglie al singolo il peso di dover pensare con la propria testa, di dover giudicare, decidere, rispondere del proprio destino. Questa è la grande tentazione. Ciò che è avvenuto nel 1933 e che è proseguito per dodici anni interi, con conseguenze, alla fine, che paiono del tutto apocalittiche, non si è compiuto solo dall’alto in basso, ma anche dal basso in alto”.

Al contrario, i giovani della Rosa Bianca: “Di certo hanno lottato per la libertà dello spirito, per l’onore dell’uomo, e il loro nome resterà legato a questa lotta. Nel più profondo hanno vissuto, però, nell’irradiazione del sacrificio di Cristo, che non ha bisogno di alcun fondamento nell’esistenza immediata, ma sgorga libera dalla fonte creativa dell’eterno amore”.

Ed ancora: “Come è incomprensibile l’atteggiamento di chi, chiamato da un’ora della storia, fa ciò che essa richiede, anche se così soccombe!…..ad essi importava l’onore del popolo tedesco, la sua vita spirituale, la sua vocazione autentica. Per questo si sono ribellati contro il degrado e la distruzione causata al popolo da quelli che si proclamavano le sue guide, e la loro azione impotente se considerata da un punto di vista realistico, forse perfino folle, porta in sé questo significato ed è assurta a simbolo della nobiltà umana”.

Sempre rivolto ai giovani martiri della sua stessa Università, afferma ancora: “La ragione non è affatto così misera come spesso si vuol far credere. Essa è vasta quanto il mondo. E’ la capacità di riflettere sugli ordini dell’esistenza….Qui sono richieste altre virtù: il coraggio che abbandona il terreno protetto ed esce all’aperto perché sente una chiamata; la forza di cominciare, che rinuncia alle cose conosciute e ne osa di nuove, perché qualcosa di dentro la spinge; la prontezza che si mette a disposizione di ciò che non è ancora, ma che deve essere.

Anche qui  c’è un peso sulla cui base viene misurato l’uomo ed il suo agire: se è attento  e risponde alla chiamata che giunge dallo spazio del possibile; se è puro in spirito e non confonde la chiamata con i desiderio egoistici; se è pronto a prendere su di sé le angosce e i dolori del divenire”.

“Non si può capire – sostiene Guardini – questo comportamento partendo solo da presupposti terreni, né da un’etica del disinteresse, né da una filosofia della creazione e della storia. Vive della fede nel nuovo inizio , che si è aperto in Cristo e che è scandalo e follia, come il Suo stesso agire è stato”.

Questi ragazzi: “Guardavano diritti al futuro, pronti all’opera buona e fiduciosi nelle promesse che la giovinezza porta con sé. Ma erano cristiani per convinzione. Stavano nello spazio della fede e le radici della loro anima affondavano in quelle profondità di cui si è parlato. Non è nostro compito indagare in che modo siano affiorate alla loro coscienza le interpretazioni ultime. Che sia successo, sia pure in modo velato e indiretto, è sicuro”.

Sophie davanti al patibolo disse ai suoi aguzzini che era davvero un peccato dover morire in una così bella giornata di sole e all’Università di Monaco, dove la riproduzione dei volantini della Rosa Bianca è incastonata nella pavimentazione della Piazza Fratelli Scholl, davanti all’ingresso principale dell’ ateneo, Romano Guardini afferma: “…….abbiamo appreso che le ultime parole pronunciate da Hans Scholl, prima di morire sono state: “VIVA LA LIBERTA’!”.

Per lui, queste parole contenevano il senso e la giustificazione  del suo agire – per noi sono un testamento e dobbiamo riflettere su che cosa esse significano…….In quelle parole veniva affermato il diritto a qualche cosa che costituisce il fondamento dell’intera esistenza europea: il diritto alla libertà, ma alla libertà di tutti, così che la libertà dell’uno trova la propria misura nella libertà dell’altro”.

Domenico Galbiati

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