Abbiamo pubblicato ieri ( CLICCA QUI ),  e proseguiamo oggi ( CLICCA QUI ),  le prime note a firma di Enrico Seta prodotte dall’Osservatorio Legislativo di  Politica Insieme,  coordinato dall’amico Alessandro Diotallevi.

Siamo partiti occupandoci di infrastrutture, disabilità e famiglia e di come tali problemi sono considerati all’interno della Legge di Bilancio del 2020. In precedenza, su www.politicainsieme.com , abbiamo parlato di giustizia, di fine vita e bioetica, di economia, dell’Ilva, dei minori, di scuola e di altri temi ancora.

E’ questo uno dei modi tangibili per spiegare cosa intendiamo quando diciamo di volere dare vita a un “ nuovo” soggetto politico.  E’ precisato il senso di quella sostanziale laicità che ci caratterizza. Così come, di quell’autonomia che noi perseguiamo.

Non pensiamo ad un partito di centro equidistante geometricamente tra destra e sinistra. Bensì , a collocarci nella “ centralità” dei problemi che ci interessano da cittadini consapevoli e che, ovviamente, coinvolgono attese e responsabilità di circa 60 milioni di altri cittadini.

Sappiamo che l’identità non è cosa che si declama e basta. Dev’essere resa viva e evidente in atti concreti. A partire dalla formulazione e applicazione delle leggi, dalla verifica dell’operosità delle istituzioni, dal restituire al complesso della società civile il controllo della cosa pubblica.

Con l’assemblea organizzata per il prossimo 30 novembre a Roma, occasione in cui si riuniranno i primi sottoscrittori  del nostro Manifesto, si procederà alla elaborazione della fisionomia di una nuova presenza pubblica caratterizzata da organicità di proposta, da elaborazione legislativa, da capacità di presenza nei territori.

Questo significa creare un processo di organizzazione del pensiero, lo studio di proposte sostenibili sulla base di un reale coinvolgimento di credenti e non credenti, prospettare un “ pensare politico”’ destinato a trovare sostegno e credibilità sulla base di una partecipazione davvero popolare. Già ora vediamo emergere in tutte le parti d’Italia  talenti da valorizzare e da coinvolgere in occasioni di continua verifica e giungere a formulare proposte spendibili e condivise.

Il Manifesto che Politica Insieme ha lanciato con altri gruppi collegati allo stesso pensiero, quello della Costituzione e della Dottrina sociale della Chiesa, sta sempre più ricevendo attenzione e interesse.

Evidentemente, abbiamo toccato un punto cruciale. La necessità di avviare un processo di profonda revisione del cammino lungo cui si è avviata l’Italia, in caduta libera in tutte le classifiche che evidenziano lo stato di salute di un paese.

Le trasformazioni necessarie, e non più rinviabili, non si ottengono che con l’impegno pubblico, esplicito, coerente e determinato.

Più  il quadro politico, economico e sociale generale fa emergere l’esistenza di una particolare complessità, più appare chiara l’urgenza di dare vita a un soggetto politico originale,  in grado di  richiamare le energie vitali di quanti non si riconoscono più in un intero sistema e richiedono la scrittura di una pagina nuova.

Questione, ce ne rendiamo perfettamente conto, più ampia di quella di dare vita a un “ partito”, termine cui si ricorre se si intende fare politica e, quindi, seguirne le regole. Siamo consapevoli che non ci si possa ridurre a restare ristretti  in un tale intento, il quale ha comunque bisogno di tempo, di dedizione e di passaggi da affrontare con l’adeguato discernimento.

Del resto, il movimento spontaneo della “ sardine”, cui ha dedicato una riflessione l’amico Dario Romeo ( CLICCA QUI ) conferma come le vecchie forze,  o movimenti di recente costituzione, non abbiano risolto il problema della rappresentanza del Paese e della loro stessa rappresentatività.

L’attuale dibattito politico, soprattutto le decisioni da cui dipende il nostro futuro,  interessano e coinvolgono solo una parte dell’intero corpo sociale. Intanto, la nostra comunità nazionale appare sempre più stanca di divisioni, è preoccupata del fatto che interessi parziali o spuri condizionino Governo, Parlamento e partiti, auspica la fine della stagione delle polemiche pretestuose, animate, come sono spesso, solo da retorica e strumentalizzazioni.

Esiste il problema della tenuta complessiva del “ sistema” Italia, che le dichiarazioni stentoree non aiutano a far evolvere e crescere, se solamente a quel livello si resta, mentre non servono a risolvere le questioni dei rapporti con l’Europa, del fenomeno dell’immigrazione, del ruolo dell’Italia nel Mediterraneo e atavici ricorrenti nodi nostrani, quali sono quelli del Mezzogiorno, della deindustrializzazione, delle pensioni, dei conti pubblici.

Non è nostra intenzione dare vita, come sostiene qualcuno che  forse ancora risente dalle vicende della diaspora e delle divisioni degli ultimi 25 anni, a un partito dello 0,5%. Non pensiamo di dare vita a un “ partitino  dei cattolici” impegnato a esprimere una pur lodevole testimonianza.

I cattolici hanno ben altri ambiti in cui esplicitare una tale doverosa esigenza, tanto forte è il messaggio di cui sono partecipi. In politica, lo spirito della testimonianza costituisce solo uno degli elementi che caratterizzano un coinvolgimento. Esso, in realtà, deve farsi declinazione concreta affinché una visione diventi sostegno operativo di una intera comunità, più ampia e più variegata.

Crediamo, infatti, nell’universalità del richiamo alla Solidarietà e alla Giustizia sociale. Questo, di colpo, supera ogni pericolo di integralismo e di clericalismo perché è il complesso del corpo sociale e civile ad esserne interessato e partecipe.

Vogliamo allargare il nostro orizzonte e protenderlo verso quella linea di trasformazione possibile che già  si intravede, innalzando verso di essa i problemi del lavoro; dei giovani in cerca di occupazione; degli ultra cinquantenni, oggi la maggioranza della popolazione;  di un complessivo sistema scolastico e universitario sempre più  diventato camera di compensazione della disoccupazione, piuttosto che nerbo fondante della società e dello sviluppo economico; dell’impresa, alla ricerca di una identità e del riconoscimento di una funzione sociale; di un sistema istituzionale sempre più invasivo e, allo stesso tempo, estraneo ai cittadini; della crisi delle autonomie, rese sempre più carenti per quanto riguarda il funzionamento e la prossimità con i cittadini.

Non banalizziamo la questione della forma organizzativa che qualunque impegno politico richiede e non sottovalutiamo che molto dipenderà dal sistema elettorale, dal contesto concreto in cui si svolge ogni forma di elezione, dalla possibilità di favorire inclusione e richiamare effettivamente coinvolgimento diffuso e consenso.

Sappiamo che si avvia un processo la cui conclusione dipenderà da molti fattori e che esso debba fare i conti con passaggi intermedi del tutto inediti, alla luce dell’andamento del quadro politico complessivo, ancora incerto e indeterminato .

Sappiamo però, che c’è dappertutto una ricerca di novità, ansia di rinnovamento, anelito alla ricomposizione sociale, attesa per un nuovo modello economico e industriale, oltre che di sistemi giuridici in grado di adeguarsi efficacemente a tutto ciò che di nuovo hanno portato la finanza, l’economia, lo sviluppo tecnologico, il modificarsi degli usi e dei costumi e, dunque, delle relazioni umane, private e pubbliche.

Conosciamo il contesto politico complessivo in cui si collocherà il nostro progetto.

Liberamente, autonomamente pensiamo di poter essere forza determinante, da un lato,  nel contrastare l’odio sociale, le spinte razziste, le pulsioni nazionaliste più estreme che confondono una sana difesa degli interessi nazionali con lo sciovinismo e l’isolazionismo; dall’altro, nel superare le gravi carenze che anche la sinistra ha mostrato verso le attese di quella che Giorgio La Pira definiva la “ povera gente”, ma anche verso il ceto medio, le professioni, le partite Iva, la piccola e media industria, i giovani, la famiglia.

Giancarlo Infante

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