Il movimento delle “sardine” che ha invaso tanto le piazze reali delle nostre città quanto quelle virtuali dei media, ha, tra i tanti meriti, quello di non lasciare indifferenti; esso non può non interpellare la coscienza sociale e politica di chi ne riceve notizia.

Viene spontaneo, ed è interessante farlo, chiedersi cosa significhi un tale evento, di quali dinamiche è espressione, quali ne sono le cause profonde, perché proprio ora e proprio qui, che tipo di sentire diffuso manifesta. Per fare ciò si esplorano alcune caratteristiche proprie di questo movimento (e forse anche di altri simili) e se ne tenta un’interpretazione.

Partiamo con l’affermare che una nascita tanto veloce ci suggerisce un “vaso colmo”, l’esistenza di un dissenso diffuso, forte e soprattutto “a fior di pelle” che non attendeva altro che trovare una forma espressiva. Tale indignazione è emersa con l’impeto di un pallone respinto in superficie dalla forza di Archimede.

La freschezza di questo che è un movimento spontaneo che parte dal basso, pacifico e disinteressato è indice di un’incapacità radicale della politica ufficiale a organizzare questo dissenso e farsene rappresentante. A tale proposito Massimo Cacciari, in un intervento a “Otto e mezzo”, afferma che le ” sardine”, al pari delle manifestazioni “gretine” e di altre di tutti i colori e le bandiere che sono nate e nasceranno ancora in futuro, sarebbero l’epifenomeno, il sintomo, di una radicale crisi di tutte le democrazie europee, e come tali vanno osservati con attenzione.

Il grande numero ci segnala una benemerita volontà di tante persone ad interessarsi della cosa pubblica, se pure non nelle forme convenzionali. Non è facile oggi muovere un gran numero di individui senza fare leva su elementi quali la paura o l’interesse immediato.

La massiccia affluenza testimonia che tra la gente sono diffuse, più di quanto si pensi a volte, voglia di  coinvolgimento e responsabilità sociale. Nel loro manifesto, le ” sardine” scrivono: “Siamo scesi in una piazza, ci siamo guardati negli occhi, ci siamo contati”; e: “basta guardarsi attorno per scoprire che siamo tanti”; ancora: “siamo già centinaia di migliaia, e siamo pronti a dirvi basta”.

La trasversalità di età, appartenenza politica ed estrazione culturale e socio-economica dei manifestanti sta a suggerire qualcosa di molto importante e che ci ricolma di speranza, ovvero, che nella nostra collettività sono presenti valori che uniscono e possono costituire riferimenti preziosi per i giovani come per i meno giovani, per i laureati come per i diplomati, per i ricchi come per i poveri, per i credenti come per i non credenti. Questi valori si evincono dal loro manifesto: l’impegno sul lavoro, nel volontariato e nel tempo libero, l’aiuto agli altri, il divertimento, la bellezza, la non violenza (fisica e verbale), la creatività, l’ascolto, la politica con la P maiuscola, la buona fede nel provare pur sbagliando, la subordinazione dell’interesse personale a quello altrui.

Al contempo vi sono altri elementi che possono essere trasversalmente indicati come disvalori e sono gli atteggiamenti di cui nel manifesto vengono accusati i populisti: spargere odio e bugie, fare leva sulle paure,
ridicolizzare argomenti seri, insultare le persone sulla rete.

L’essere stata replicata in molte parti d’Italia, d’Europa e perfino del mondo, ci sta a significare che la crisi ha dimensioni più ampie di quelle che forse siamo tentati di attribuirle, riguarda un intero modello Occidentale di fare politica ed economia ma soprattutto, la buona notizia, è che tanti lo subiscono e ne avvertono l’inconsistenza.

Il movimento delle ” sardine” ha dunque avuto il grande merito di unire e dare voce a tutte quelle persone che singolarmente e in modo silente (ma non per questo inefficace) sono indignate da una certa politica che che fa leva su paura, divisione, diffidenza, insulti, vacuità di argomentazioni e sovrabbondanza di slogan, insomma: populista.

È interessante chiedersi dove finisca una “espressione di popolo” e dove inizi il populismo e se le sardine appartengono alla prima o piuttosto alla seconda categoria. In effetti, leggendo il loro manifesto, pare che la politica con la p minuscola abbia operato un certo “lavaggio del cervello” nei confronti del popolo, ingenuo e buono, facendo leva sulle sue paure: “Per anni avete rovesciato bugie e odio su noi e i nostri concittadini: avete unito verità e menzogne, rappresentando il loro mondo nel modo che più vi faceva comodo. Avete approfittato della nostra buona fede, delle nostre paure e difficoltà per rapire la nostra attenzione”. Ora, questo popolo è da condurre al risveglio: “siamo le persone che si sacrificheranno per convincere i nostri vicini, i parenti, gli amici, i conoscenti che per
troppo tempo gli avete mentito. E state certi che li convinceremo”.

Tale esaltazione del popolo che deve solo risvegliarsi da una menzogna, ma in realtà è fornito di tutte le virtù per stare dalla parte giusta (la nostra), è esattamente ciò che si definisce “populismo” e non è così diverso da ciò che fa Salvini quando invita al risveglio “la gente” buonacciona e ingenua, ostaggio inconsapevole dei poteri forti, delle banche e della Merkel di turno.

Per stare con le ” sardine”, ma andare oltre, è necessario portare un contributo ulteriore. Non è sufficiente rispondere alla folla degli ” haters” digitali attraverso un’altra folla se pur animata dalle migliori intenzioni. È necessaria la consapevolezza che si è realmente alternativi ad una folla proponendo una comunità.

La domanda è: finita la protesta e battuto l’avversario, tutte queste persone saranno capaci di instaurare uno stile di vita sociale accogliente nei confronti dell’altro e dell’altro così com’è? Tutte queste persone hanno un’idea simile di cosa significa essere comunità? Hanno approfondito un modello istituzionale e un sistema di regole che possano contribuire a tirare fuori il meglio dalle persone e dalla società? Si dirà che non è questo l’obiettivo al quale è orientato il movimento.

Bene, allora, adesso che “siamo scesi in una piazza, ci siamo guardati negli occhi, ci siamo contati” (e abbiamo fatto benissimo a farlo) forse, oltre a riempire altre indefinite piazze con l’identica folla, è bene cominciare a lavorare all’edificazione di una comunità davvero alternativa, con… la C maiuscola!

Politica Insieme si propone, senza facili trionfalismi, di raccogliere in un preciso e articolato programma politico le istanze giuste che larga parte del popolo rivendica, anche nella modalità… “ittica”, come significative per sé.

Dario Romeo

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