Quest’anno ricorre, tra gli altri, il 25mo anniversario della fine della Democrazia Cristiana: una ricorrenza quasi dimenticata o passata in secondo piano rispetto ad altri avvenimenti. Eppure, quella dell’unità politica dei cattolici, resta una ferita aperta come dimostrano anche le iniziative di questi giorni: il “Manifesto Zamagni”, reso noto il 31 ottobre scorso e l’intervista rilasciata dal Cardinal Ruini al “Corriere della Sera” il 3 novembre.
Chiediamoci qual è l’unità politica dei cattolici possibile e desiderabile oggi.
Negli ultimi venticinque anni si sono confrontate e contrapposte due linee culturali.
La prima potremmo definirla dell’“unità ad ogni costo, anche a costo di una maggiore divisione”. È la linea della rifondazione, hic et nunc, di un partito di cattolici, che va dalla trasformazione della Democrazia Cristiana in Partito Popolare Italiano (1994), alla sua confluenza prima nella Margherita e poi nel Partito Democratico, fino ai tentativi, non riusciti, di rianimare un soggetto politico cattolico compiuti a Todi. Secondo i fautori di questa linea, l’unità politica dei cattolici deve materializzarsi in un partito autonomo, anche minoritario, ma con una chiara e forte identità.
L’altra linea, che in questi venticinque anni ha attraversato il mondo cattolico, è quella della “divisione necessaria per una maggiore unità”. È la linea Ruini. I cattolici sono stati costretti a disperdersi nelle diverse forze politiche sensibili o “permeabili” alle loro istanze per difendere una serie di valori non negoziabili e dunque per far emergere, nella società civile e nelle istituzioni democratiche, una maggiore unità del popolo italiano. Nell’intervista al “Corriere” il cardinal Ruini non si dice contrario alla ricostituzione di un partito di cattolici ma semplicemente ritiene che non vi siano i “presupposti”.
Il “Manifesto Zamagni”, a mio giudizio, apre una terza prospettiva: creare i presupposti per una maggiore unità politica dei cattolici a servizio del bene comune del paese. È una sfida, non c’è dubbio, ma sarebbe un errore appiattire la “linea Zamagni” su quella della rifondazione immediata di un partito di cattolici contrapponendola alla “linea Ruini”.
Nel Manifesto è detto chiaramente che l’intenzione è quella di “costruire un soggetto politico nuovo d’ispirazione cristiana e popolare”. Non un partito dunque, ma un movimento, che avrà successo solo se sarà credibile, se saprà cioè operare, genuinamente, per il bene comune del paese avanzando proposte migliori rispetto agli altri soggetti politici. Salvini non sbaglia, tanto o solo, perché ostenta il rosario ma perché le sue proposte fanno male al paese. Il Movimento avrà successo se saprà dimostrare che il problema dell’immigrazione non si risolve chiudendo i porti ma sviluppando una politica europea di accoglienza e di cooperazione con l’Africa, che il problema della disoccupazione non si risolve mandando in pensione, senza un criterio di priorità, poche migliaia di neosessantenni, ma sviluppando una innovativa politica dell’occupazione e così via.
Il Movimento avrà successo se sarà aperto e inclusivo, se saprà praticare il dialogo e la democrazia interna.
Qual è dunque l’unità politica dei cattolici possibile e desiderabile oggi?
Quella di cristiani che, essendo un solo corpo, tendono all’unità in tutto, anche in politica, e che si associano ad altri uomini e donne per portare un contributo al bene comune del paese, ispirando la loro azione politica ai principi della dottrina sociale cattolica e della Costituzione italiana. Una unità trasversale che include quanti, riconoscendosi in quei principi, operano in partiti diversi e quanti si impegneranno nella costruzione di un “soggetto politico nuovo d’ispirazione cristiana e popolare”.
Se il movimento riuscirà a creare i necessari presupposti, potrà trasformarsi in un partito, altrimenti resterà un movimento, comunque utile al paese. L’importante è attivare un processo. Il tempo è superiore allo spazio …
Antonio Magliulo