C’è un grande fermento, ma anche ulteriore oggettiva confusione, all’interno della pletora di gruppi e gruppetti che formano la galassia delle democrazie cristiane italiane e di quelli formati da ex democristiani, di destra e di sinistra.

Sembra che una parte di annose questioni, in materia di simbolo e denominazione della Dc, siano in fase di superamento con la decisione di portare entrambi,  simbolo e denominazione, in dotazione a qualche fondazione.

Intanto, però, si replica l’annuncio della nascita di un’altra Democrazia cristiana. La spregiudicatezza colpisce. Evidente è l’intento di porla a “ servizio” di qualcun altro.

Molte altre iniziative vengono proposte da ex democristiani e rivolte solo ad ex democristiani, o almeno così sembra, alla ricerca di quella che rischia di essere solamente una mera riorganizzazione verticistica. Si tratta, spesso, di costruzioni pensate al tavolino, animate da tecniche politiche anche teoricamente valide sulla carta, ma senza alcun respiro programmatico e strategico, senza alcun collegamento con i territori e le energie nuove che in essi sono limitate.

Fermento e confusione, Aldo Moro avrebbe parlato pure di abnegazione e di opportunismo,  restano legati sempre alle stesse persone e, sostanzialmente, alle stesse parole d’ordine. Il rischio è di restare, nonostante si cominci sempre più spesso a parlare di autonomia, all’interno della logica dettata da altri partiti.

Insomma, non è stata colta la portata delle trasformazioni intervenute nell’intero corpo sociale e all’interno dello stesso mondo cattolico democratico da cui emerge, anche da personaggi autorevoli, la richiesta di novità sostanziali e di facce nuove.

Siamo costretti ad occuparci di tutto ciò, nonostante ne avvertiamo l’inconsistenza, perché può sprigionare un senso di confusione e provare a complicare il processo avviato per la ricomposizione in politica di quanti si ispirano alla tradizione popolare e democratico cristiana.

Non ci si può affidare all’alchimia della vecchia politica e pensare di costruire qualcosa  solo in virtù dell’autodefinizione di essere centro o di essere moderati. Si pensa davvero che il limitarsi a questo antico, semplicistico, inflazionato armamentario mentale del passato possa davvero interessare gli italiani?

C’è bisogno, invece, di una proposta nuova ed originale. Pure di intelligente rottura, se necessario. Intransigente nel pensiero e nell’azione e, al tempo stesso, duttile ed inclusiva sul piano delle relazioni e dei rapporti politici. In grado di mettere in discussione ed avviare un effettivo superamento dell’attuale situazione politico – parlamentare, sempre più incapace di intercettare le attese dagli italiani che vogliono tornare a crescere e ritrovare le ragioni che giustifichino il loro stare assieme.

Dobbiamo avere l’ardire e l’ambizione di rappresentare noi la reale autentica alternativa democratica agli estremismi di destra ed evitare al Paese  l’isolamento internazionale e l’irrilevanza in Europa.

Abbiamo ben chiare, infatti, le responsabilità vecchie e nuove del Pd. Un partito che non appare in grado di costituire pienamente quella forza riformista che si immagina di essere. Zingaretti anche ieri non ha avanzato una proposta organica o una prospettiva. Continua a parlare di unità, perché molto congiura contro la stessa sopravvivenza del suo partito.

Del resto, il Pd ha perso i collegamenti con i ceti popolari, con le periferie e le aree non urbane, con molte delle componenti sociali, oltre a non aver mostrato, e non mostrare tuttora, il  rispetto e la considerazione delle tradizioni e del pensiero delle altre forze potenzialmente più vicine e l’intenzione di superare vecchie mentalità egemoniche e di potere.

Diciamocelo una volta per tutta: il Pd a noi appare distante da quell’attenzione che la complessa crisi di questa fase storica, non è solo di natura economica, dovrebbe richiamare attorno alle difficoltà della Persona, al tema della difesa della vita in tutte le sue dimensioni, del sostegno della famiglia, della libertà e partecipazione necessaria alla presenza e alla espressione della vitalità dei gruppi sociali e di rappresentanza intermedia.

Gli amici che ancora credono nella possibilità di creare una “ corrente cristiana” nel Pd, o quanti sono ancora in attesa di una sua “ rinascita” per poterlo tornare a “ fiancheggiare” con la coscienza a posto, dovrebbero pur riflettere sul fatto che una buona parte dell’astensione, non solo del voto cattolico di cui parlano tutti i sondaggi con un’attenzione che prima non c’era, è giustificata dalla “ mutazione” in corso verso posizioni sempre più di natura radicale e, quindi, di minoranza nel Paese.

Dobbiamo cominciare a metterci in ascolto della gente che auspica una politica nuova. Ce ne è tanta tra le nostre fila.

Sono quanti ritengono necessario definire laicamente una presenza ispirata cristianamente ed adeguata alla necessità di interloquire e collaborare con chi cattolico non è. Si tratta di tutti coloro che vogliono avviare una stagione nuova per la politica italiana, oggi fatta solo di divisioni e di contrapposizioni  aprioristiche. Per non parlare poi di quelle “ oscure” contiguità con ambienti infrequentabili, nazionali ed internazionali, che sembrano coinvolgere forze vecchie  e nuove. Le recenti inchieste giudiziarie ed altre vicende di queste ore lo stanno a dimostrare.

Tanta gente chiede un punto e a capo. Costruttivo, ma radicale e sincero. Perché, solo cominciando a scrivere su di una pagina bianca è possibile recuperare  la credibilità necessaria per essere letti ed ascoltati.

Giancarlo Infante

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