Giuseppe Ecca, è tra i fondatori di Politica Insieme ed è l’animatore del gruppo DemocraziaComunitaria. E’ da sempre convinto della necessità di una riforma del sistema parlamentare per rafforzare il processo democratico e quello di governo del Paese. Ben volentieri pubblichiamo la seguente presa di posizione all’interno del dibattito che pervade anche il mondo cattolico politico in vista del prossimo referendum sulla riduzione del numero dei parlamentari.

La maggioranza di governo ha proposto e fatto approvare dal parlamento la riforma che riduce la consistenza numerica del parlamento nazionale, composto oggi, come è noto, da 630 deputati e 315 senatori, oltre i senatori a vita. Di fatto, novecentocinquanta persone.

Lo ha fatto con una metodologia infantilmente irresponsabile, come se si trattasse di una leggina su problema secondario o provvisorio del paese, e non di un aspetto sostanziale del nostro assetto istituzionale e democratico. Lo ha fatto anche elitariamente e senza alcun sostanziale dibattito della opinione pubblica nazionale.

Per reagire a tale immaturità e scorrettezza di metodo viene giustamente sostenuta da un gruppo consistente di cittadini autorevoli, facenti parte anche di realtà di ispirazione cristiana, la battaglia referendaria tesa ad annullare tale riforma.

 DemocraziaComunitaria ribadisce peraltro quanto sempre da essa affermato, e cioè che va nettamente distinto il metodo scorretto ed irresponsabile utilizzato dal governo per proporre questa riforma, dal merito della riforma stessa: la riduzione del numero abnorme dei componenti il parlamento nazionale resta infatti necessaria, e d’altronde viene proposta da moltissimi anni da studiosi e cittadini di ogni condizione e grado culturale e responsabilità sociale e orientamento politico, oltre che da noi.

DemocraziaComunitaria ha fra l’altro sempre ampiamente spiegato le ragioni storiche, culturali, politologiche, e anche di semplice efficacia ed efficienza tecnica della funzione legislativa e dei concetti di rappresentanza e rappresentatività, per le quali il numero dei parlamentari va oggi ragionevolmente ridotto e va introdotta la unicameralità del parlamento.

DemocraziaComunitaria ha avuto modo di rilevare inoltre che, poiché si sente a volte fare richiamo, da parte di chi è contrario alla riduzione del numero dei parlamentari, alle decisioni assunte a suo tempo dai padri costituenti, il pensiero dei padri costituenti, per chi conosca bene i lavori ed il dibattito dell’Assemblea costituente stessa, era lontano dal considerare la tecnicalità del numero dei parlamentari come facente parte dei principi e valori costituzionali. E cogliamo anzi l’occasione per ricordare che in termini più generali quando si parla di “spirito dei padri costituenti” in riferimento a valori, ideali e orientamenti sostanziali, ci si riferisce alla prima parte della Costituzione, mentre sulle altre, e specificamente sulle citate “tecnicalità”, gli stessi padri costituenti pensavano in termini esplicitamente evolutivi rispetto alla situazione concreta del loro momento storico, momento nel quale una Italia ancora non del tutto alfabetizzata, ad economia agricolo-industriale e non ancora industriale-agricola, con un sistema ancora ridotto di comunicazione e conoscenza fra regioni, aveva necessità di costituire le prime generazioni parlamentari con una rappresentanza anche numericamente articolata e variegata al massimo. Fu la medesima ragione sostanziale che indusse a concepire e costituire il Cnel come grande consulente trasversale e collettivo di parlamento e governo: e in effetti oggi non è un caso che anche dell’inutile, pletorico e costoso Cnel DemocraziaComunitaria proponga la pura e semplice abolizione.

DemocraziaComunitaria ricorda non meno, comunque, il dovere di tutti gli italiani democratici, a qualunque orientamento partitico appartengano, di agire, anche in questa materia, non pro o contro uno o altro governo o maggioranza parlamentare, ma per la lunga prospettiva del bene comune. Per il quale, nel caso specifico, a settant’anni dalla nascita della Costituzione la ragionata e ragionevole riduzione dell’abnorme e costosissimo e impediente numero dei parlamentari pare a noi, appunto, limpido dovere di tutela della salubrità di funzionamento tecnico della istituzione parlamentare e della sua altissima missione.

Quanto ai concetti specifici di rappresentanza e rappresentatività, appare palese come, a giudizio del buonsenso diffuso ma anche di gran parte degli studiosi, il numero dei componenti l’assemblea parlamentare abbia certo, sempre, la sua chiara importanza, ma non sia affatto la sostanza della questione. Un numero di componenti molto ristretto sarebbe pericolosamente riduttivo di rappresentanza e rappresentatività, un numero molto alto sarebbe, come è nel nostro caso, facilitatore di congestione procedurale, meccanismi distorcenti di più facile mascheramento di microinteressi lobbistici, deresponsabilizzazione più facile degli eletti. E in effetti la qualità della normazione legislativa italiana è nota da molti decenni a questa parte agli studiosi di tutto il mondo per il suo specifico carattere di affastellamento, scoordinamento e faticosa interpretabilità di linguaggio.

Va ribadito infine che, al di là della questione numerica, e del relativo esito referendario, resta ulteriormente da affrontare, su questa delicatissima tematica della rappresentanza parlamentare e della sua veridicità ed efficacia, l’ancor più cruciale questione del sistema elettorale. Cioè di come gli eletti debbano venir eletti, se sia sufficiente un voto di lista oppure se sia necessario, come a nostro avviso è necessario, un voto sui singoli nomi da eleggere; e se si debba, come a nostro avviso si deve, ridurre drasticamente anche il numero delle firme necessarie per poter presentare le candidature: numero abnorme, anch’esso, istituito in passato per garantire meglio la “riconoscibilità sociale” dei candidati, ma diventato ormai un semplice e micidiale strumento per impedire la libertà di candidatura ai cittadini che non vengano cooptati dalle segreterie dei partiti. Una micidiale limitazione della democrazia vera, che la trasforma decisamente, in senso tecnico, in oligarchia. Tale è l’attuale parlamento. I correttivi vanno dunque responsabilmente apportati, a cominciare dalla ragionevole riduzione numerica di deputati e senatori.

Giuseppe Ecca

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