Nonostante la stagione che ci è dato di affrontare sia duramente marcata dal Coronavirus,  il movimento nato attorno al Manifesto ( CLICCA QUI ), diffusamente conosciuto come il Manifesto Zamagni,  continua a consolidare la propria presenza  nei territori e a elaborare idee e progetti da portare all’attenzione di tutti, credenti e non credenti.

Due gli sbocchi di questo lavorio: la presentazione di un vero e proprio Piano di ripresa per il Paese e la convocazione di un’Assemblea costituente per dare vita a quello che è definito un “nuovo soggetto politico” d’ispirazione cristiana, cioè un vero e proprio partito.

Politica Insieme ha organizzato ben 13 gruppi di lavoro cui partecipano circa 300 persone con l’obiettivo di delineare le linee istituzionali, economiche e sociali assolutamente indispensabili ad avviare quella profonda trasformazione che riteniamo necessaria per l’Italia del futuro.

Dopo il lancio del Manifesto riunimmo a Roma, il 30 novembre 2019, i rappresentanti di una prima parte di sottoscrittori, nel frattempo aumentati in tutte le regioni italiane con quanti hanno ritenuto opportuno aggiungere la loro firma a quella degli iniziali firmatari.

Quell’assemblea si riunì e fissò una scaletta di massima degli impegni successivamente da assumere sulla base di tre capisaldi:

  • Autonomia. Essa non può essere ridotta alla collocazione nello scenario politico solamente sulla base di una scelta di equidistanza tra destra e sinistra. Un altro dei tanti partitini, insomma, che pensa di raccogliere voti perché si presenta come di centro o moderato. Si tratta, invece, di offrire un’originalità di pensiero che affranchi finalmente tanti uomini di buona volontà, che siano o non siano cattolici, dalle costrizioni da cui sono stati condizionati per oltre due decenni di bipolarismo imperante. E’ necessità di liberazione da una vera e propria camicia di forza politica e istituzionale e la cosa non riguarda solo il movimento politico dei cattolici. Certo, non sfugge che i sistemi elettorali applicati negli ultimi anni hanno significato la marginalizzazione del patrimonio della tradizione di una politica ispirata cristianamente, ma lo stesso è valso per altre correnti di pensiero, come quella liberale, azionista repubblicana e socialista. Quindi, si pone il problema di una riforma della legge elettorale d’impronta proporzionale. E’ una questione all’ordine del giorno e verrà affrontata dal Parlamento non appena saranno superate le fasi più esasperate dell’emergenza sanitaria ed economica indotta dalla pandemia da Coronavirus.
  • Programma. In un Paese in cui prevale la logica dei partiti dell’uomo “solo al comando” che ha distrutto la possibilità di sostenere un’autentica dinamica pubblica basata sulla partecipazione e l’allargamento della base democratica, i contenuti, ciò che interessa veramente alla gente, restano costantemente in secondo piano. Eppure, non ci sarebbe stato bisogno di aspettare il Covid19 per capire che l’Italia è andata progressivamente scivolando verso il basso in tutte le classifiche mondiali che contano perché è venuta a mancare progettualità politica, economica e, persino, antropologica.
  • Facce nuove. Abbiamo bisogno di vedere all’opera gente nuova, indipendentemente dalla loro età anagrafica. Devono essere trovati ingegni e patrimoni umani e liberate quelle energie che nel Paese ci sono, ma costrette o ad emigrare all’estero o a chiudersi nei propri particolarismi. Anche il mondo cattolico ha bisogno di attingere ad inespresse energie, di uscire da un quietismo diventato soffocante o, al contrario, da talune posizioni velleitarie che non tengono conto delle profonde trasformazioni che hanno inciso persino sui modi in cui l’anelito religioso si esprime privatamente e pubblicamente. Esiste ancora una “diaspora” che pesa, per la quale è evidente una responsabilità collettiva. Quanti sono stati e sono tuttora coinvolti in questo fenomeno di dislocazione in altri partiti farebbero bene a riflettere su ciò che agita quello che dovrebbe pur sempre costituire il loro mondo di riferimento e mettersi a disposizione, con intelligenza politica e generosità, di un processo nuovo di aggregazione. Senza, però, perdere quel sano realismo che esclude di pensare all’idea di riunire politicamente tutti i cristiani. Ecco perché abbiamo detto chiaramente di non volere dare vita al cosiddetto partito cattolico o, comunque, rimanere costipati  nell’idea di delimitare una “parte”, denominazione che già di per sé indica la predisposizione all’autoreferenzialità e all’integralismo. Noi intendiamo dare vita a un partito dal respiro nazionale, per quanto inizialmente ridotto, e dunque capace di farsi carico non solo delle esigenze di uno spicchio del Paese.

Ispirazione cristiana, allora, che sceglie l’adesione piena e congiunta al Pensiero sociale della Chiesa e ai principi di libertà, di partecipazione e di responsabilità indicati nella Costituzione, rivolgendosi a tutti gli uomini di buona volontà interessati all’esclusiva ricerca del Bene comune. Termine molto abusato, ma mai tanto necessario da mettere in pratica in una stagione che si presenta particolarmente complessa e piena di insidie, persino imponderabili.

Nei limiti delle difficoltà di spostamento e di riunione che viviamo si andrà dunque a proseguire il percorso del Manifesto con la riunione in assemblea di tutti coloro che lo hanno sottoscritto per dare vita ad un partito inclusivo, partecipato e capace di aprirsi al futuro scegliendo di confrontarsi con la complessità che il mondo ci presenta.

Il processo che abbiamo in mente non è quello verticistico di mettere insieme pezzi sfusi del vecchio personale politico o chi, nel nuovo, cerchi solamente un ritorno in Parlamento. Noi crediamo invece in un processo di forte e convinta convergenza sulla base dell’adesione, altrettanto convinta, a un Piano di rigenerazione dell’Italia e degli italiani trovando anche nell’impegno civico, espresso da tante liste indipendenti ed autonome presenti nel Paese, la conferma dell’esistenza di una linfa vitale in grado di caratterizzare un nuovo modo di occuparsi della cosa pubblica.

Giancarlo Infante

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