Il “Service Learning”, che in italiano traduciamo con “Apprendimento Servizio”, è la tra le metodologie attualmente più innovative che può configurarsi, per un’agevole comprensione, come una forma di educazione civica appresa in contesto, fuori dai banchi della scuola.
La definizione, coniata da uno dei pionieri, la professoressa argentina María Nieves Tapia, lo descrive come “un insieme di progetti o programmi di servizio solidale, destinati a soddisfare in modo delimitato ed efficace un bisogno vero e sentito in un territorio, lavorando per la comunità, ma i cui vantaggi si estendono agli esiti della partecipazione dei protagonisti”. Si tratta, insomma, di una proposta pedagogica che permette agli studenti di ogni di ogni ordine e grado di sviluppare le proprie conoscenze e competenze grazie a una pratica di servizio solidale nei confronti della comunità con un apprendimento strettamente e simultaneamente connesso a un’azione solidale pianificata.
Questa metodologia, diffusa da tempo negli Stati Uniti, in America Latina e in Europa, sposta dunque il focus dell’apprendimento su dinamiche di servizio alla comunità. Eppure è radicalmente diversa dalle esperienze di volontariato extrascolastico perché il suo scopo è soprattutto quello di far acquisire allo studente conoscenze e competenze nuove attraverso un’attività gratificante e motivante.
Il Service Learning in Italia
L’Italia è in ritardo rispetto al resto del mondo nell’adozione del “Service Learning”. Le ragioni di tale ritardo sono da ricercare anche nel protrarsi della pandemia, ma la situazione emergenziale può costituire al contempo la molla per guardare alle potenzialità della sua adozione. “Come nel famoso quadro di Caravaggio ‘San Paolo caduto da cavallo’ anche noi siamo, come il santo, nella condizione di dover guardare il mondo dal basso, dalla posizione di fragilità in cui ci ha riversato la pandemia – ha detto Italo Fiorin al recente Festival del Service Learning (Mestre –VE, 24-26 nov. 2021) – La speranza, l’esigenza di impegnarci in azioni di solidarietà nascono dal bisogno, dalla gratuità, dall’esigenza di collaborazione”.
Il “Service Learning” inoltre è perfetto per raggiungere gli obiettivi delineati dalla Legge 92/2019 sull’insegnamento dell’Educazione civica e per potenziarne l’efficacia, contribuendo alla crescita personale dei ragazzi grazie all’esperienza maturata nel sociale. Esso favorisce la nascita di comportamenti pro-sociali e attiva concretamente quelle “soft skills” che le Raccomandazioni Europee del 22 maggio del 2018 ci chiedono di incentivare.
Nel corso del recente Festival del Service Learning, si si sono espressi in merito ospiti del calibro di Italo Fiorin (presidente della Scuola di Alta Formazione EIS), Andrew Furco (University of Minnesota), Marìa Nieves Tapia (Centro Latinoamericano de Aprendizaje y Servicio Solidario), Pilar Aramburuzabala (University of Madrid). Nella sede dell’M9- Museo del’900, sono arrivate scuole da tutte Italia, accolte dal saluto inviato dal ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi.
Nel corso della manifestazione sono stati selezionati modelli esemplari di progettazione: innovativi nella proposta didattico- metodologica e per la ricaduta come servizio al territorio. L’espressione coniata da Andrew Furco, “Il Service Learning è il cavallo di Troia dell’apprendimento”, rende bene l’idea di uno strumento nuovo, una sorta di ariete capace di sfondare i cancelli di una certa scuola ancora avviluppata su se stessa. Una metodologia, attualmente la più concreta, per costruire azioni solidali, un sano protagonismo degli studenti e un apprendimento pianificato e integrato intenzionalmente, capace di porre in essere iniziative coerenti con le sfide dell’Agenda ONU 2030, con gli obiettivi e la costruzione del senso di appartenenza e di responsabilità cui quel documento richiama.
La Scuola del futuro
L’applicazione del “Service Learning” infine induce a un ripensamento del paradigma valutativo. Le prassi scolastiche sono ancorate ad una valutazione istituzionale, ancora prevalentemente disciplinare, e di tipo procedurale: un algoritmo basato sulle prestazioni, in una visione ragioneristica che il ministero dovrebbe finalmente rivedere. Mario Castoldi, dell’Università di Torino, prova a individuare nuovi criteri valutativi che tengano conto del saper agire in una situazione di corretta analisi dei bisogni: saper individuare strategie d’azione per la risoluzione dei problemi; avere la volontà di agire, una volontà in cui entrano meccanismi di autostima, motivazione, impegno, rispetto delle regole. La valutazione dei nuovi processi di apprendimento innescati dal “Service Learning” ci porta a guardare alla parte di iceberg sommerso, al processo, oltre che al prodotto. Per svincolarsi da una valutazione meramente certificativa e considerare invece il monitoraggio in itinere dei percorsi di apprendimento, da collocare su una scala metrica non ordinale, secondo una logica dell’apprezzamento che accantoni definitivamente la logica misurativa.
Per concludere, i ragazzi si infiammano su temi etici, a quell’età propendono naturalmente al bene comune. Sono capaci di rendersi protagonisti e di accettare le sfide sociali e solidali, se la scuola si apre al territorio. Per dirla con Plutarco, con un’espressione ormai abusata ma ancora calzante “I ragazzi sono fiaccole da accendere, non vasi da riempire”. Un’istruzione finalmente inclusiva, a partire dai temi, sarà in grado di accogliere le sfide dell’equità sociale e potrà incentivare una crescita economica duratura. Perché le città siano insediamenti inclusivi, resilienti, finalmente sostenibili, e lo siano a partire dai “cittadini competenti” che la scuola sarà capace di formare, anche attraverso l’istituzionalizzazione del “Service Learning”.
Sonia Caputo