Sul quotidiano “il Sole-24 ore”, del 29 settembre scorso , è stato pubblicato un dato decisamente preoccupante. Nel periodo 2014-2020, non sarebbero stati spesi ben 54 miliardi di euro , disponibili sui fondi UE , destinati ai progetti italiani.

Viene, cioè, riscontrata ancora una volta  l’incapacità dell’amministrazione pubblica di fare investimenti in conto capitale. Ci sembra , quindi , urgente individuare una soluzione a questo stato di cose. Pensare di modificare subito, nel suo insieme, la macchina amministrativa pubblica è un’ impresa titanica, tanto urgente quanto impraticabile.  E’ preferibile pensare alternative più percorribili.

Per cui, in funzione delle disponibilità finanziarie sui nuovi fondi UE, a iniziare dal Recovery Fund, viene proposto da più parti di ragionare sull’avvio di una organizzazione per progetti, in grado di dare un’innovativa capacità di spesa alla PA mediante nuove procedure.

Un  primo passo riformatore potrebbe essere l’individuazione di un gruppo di esperti burocrati di indiscussa qualità, per farli diventare le colonne portanti dei progetti UE. In altri termini, questi soggetti verrebbero dotati di speciali poteri di spesa, potendo attingere a centri di spesa , individuati e perimetrati in funzione del singolo progetto UE da realizzare.

Andrebbe a loro la competenza e la responsabilità, fin dall’inizio,  del processo di spesa e relativa progettazione, fino alla conclusione  del progetto , rispondendo direttamente al Governo.

Sarebbe utile altresì un decentramento territoriale della fase realizzativa del progetto , dando priorità al ruolo dei Comuni, chiedendo però agli stessi di dotarsi ,per i progetti europei ,di procedure snelle di spesa, nonché di controlli continui sull’andamento dei lavori e del rispetto dei relativi termini. E’ un’operazione quest’ultima sufficientemente realistica, già sperimentata con successo a suo tempo  dal Comune di Roma, sotto l’amministrazione Rutelli,  con le opere di sua competenza nel Giubileo del 2000.

Dunque, la proposta è di dare avvio ad una PA che per la gestione dei fondi UE si dia un’organizzazione per progetti , in grado di superare gli attuali colli di bottiglia , nonché la sclerosi di un impianto amministrativo abbondantemente superato dai nuovi scenari internazionali e dalle conseguenti dinamiche gestionali.

A questo proposito, ci lascia perplessi la proposta di questi giorni di affidare ad una Agenzia, esterna alla PA, tutta la gestione dei progetti finanziati dai fondi europei. Questo comporterebbe  il rischio di  una deresponsabilizzazione della burocrazia, che va , invece, a mio avviso, rivalutata affidandole  l’organizzazione per progetti.

Va ricordato , a questo proposito, come, nel contesto italiano, l’istituzione di agenzie di tipo anglosassone favorisca lo svuotamento delle strutture pubbliche, come  già avvenuto in passato con la creazione del Parastato.

Il coordinamento politico  dovrebbe essere svolto opportunamente dalla Presidenza del Consiglio . Infatti, una delega al Ministro dell’Economia determinerebbe un “primus inter pares” provocando una reazione negativa degli altri Ministri, che finirebbe per bloccare l’esecutività dei progetti.

L’organizzazione “ per progetti” nella PA , inoltre , può consentire di raggiungere livelli di produttività non perseguibili con l’organizzazione tradizionale per capitoli di spesa . In tal modo, la Pubblica Amministrazione  si muoverebbe in sintonia con i cambiamenti in atto nel sistema produttivo  , contribuendo a superare il dualismo tra due aree, quella privata e quella pubblica, che non trova più giustificazione.

E’ indispensabile, quindi, pensare ad una organizzazione innovativa che renda efficace la spesa. Viceversa , un “assorbimento” parziale dei fondi europei sarebbe un rischio reale e una grande perdita per il Paese. Altrettanto indispensabile appare il coinvolgimento degli attori sociali, mediante un monitoraggio pubblico sull’andamento dei progetti e il relativo conseguimento degli obiettivi.

Per evitare lo “spreco” di ingenti risorse, occorre   mobilitare le migliori energie del “sistema Italia” per la formulazione dei progetti e per la loro realizzazione , avendo ben chiaro che, se non dovesse inserirsi nei processi virtuosi UE, l’Italia imboccherà la strada della emarginazione e del declino.

La  sfida che attende il Governo è, dunque, prioritariamente quella di dare quei contenuti attuativi ai progetti UE che, oggi, ancora non si vedono, perché , per quanto abbondanti possano essere le risorse finanziarie, queste non bastano da sole a garantire il successo del piano degli investimenti.

Roberto Pertile

 

Immagine utilizzata: Pixabay

 

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