Da lunedi 24 febbraio, l’effetto corona-virus si è abbattuto come un ciclone sui mercati finanziari. In una settimana la Borsa di Milano ha perso il 12.59%, ma non è stata la sola, nonostante fosse il Nord-Italia ad essere al centro dell’emergenza sanitaria (almeno fino alla settimana scorsa). A fare compagnia a Piazza Affari sono state un po’ tutte le borse europee e quella statunitense (si veda la Figura 1).

Figura 1 – Andamento dei principali indici di Borsa in Italia, Francia, Germania e Stati Uniti, 03/02-02/03, (variazione %)

Fonte: Borsa Italiana

Al contrario, nel mese precedente le Borse sembravano non curarsi del corona-virus, sebbene l’epidemia si fosse già diffusa in maniera drammatica in Cina e avesse già contagiato la Corea. Gli indici di borsa continuavano a salire, mettendo a segno altri record dopo un anno (il 2019) di forti rialzi. Come mai questo brusco risveglio dopo un periodo di apparente tranquillità?

Fino al 21 febbraio, i mercati finanziari avevano puntato su uno scenario ottimistico, secondo il quale il corona-virus sarebbe stato un fenomeno locale e di breve durata. Locale perché confinato in una regione del mondo specifica, per quanto importante e popolosa come la Cina e l’estremo Oriente. Di breve durata perché si prendeva atto che il governo cinese, forse dopo qualche tentennamento iniziale, aveva finalmente preso misure drastiche, che avrebbero nel giro di poco tempo invertito la rotta del contagio. Nonostante l’enorme importanza della Cina nel commercio internazionale, si pensava che l’impatto dell’epidemia sarebbe stato limitato ad alcuni settori (quelli che esportano in Cina o che si riforniscono lì di beni intermedi) e comunque gestibile.

Questo scenario è crollato miseramente nel week-end del 22-23 febbraio. A partire da quei giorni, ci si è resi conto come il corona-virus sia un fenomeno globale a tutti gli effetti, e come l’epidemia non sia destinata ad essere sconfitta rapidamente, ma anzi sembra contagiare i paesi occidentali uno dopo l’altro, come in una lunga catena di eventi. Da allora le stime di crescita sono state riviste al ribasso a livello mondiale (mezzo punto in meno la previsione OCSE per il 2020, ora al 2.4%) e per l’Italia (data per quest’anno a crescita zero).

Perché è un duro colpo per il sistema economico?

Lo shock in corso per il sistema economico è violento, perché colpisce sia dal lato della domanda sia dal lato dell’offerta. Il primo è quello che colpisce più in fretta, ed è rappresentato dallo stop agli ordini di beni esportati e di alcuni servizi. Un esempio è il settore dei viaggi e del turismo: non a caso l’indice di settore ha perso più del 21% nell’ultima settimana a fronte di un calo del 12.59% dell’indice complessivo di borsa (si vedano le Figure 2 e 3). Ma anche i beni alimentari e del settore moda/abbigliamento stanno subendo un calo di ordini. Per non parlare di tutte quelle attività colpite dalla ridotta mobilità delle persone (trasporti) e dalla necessità di limitare situazioni di ritrovo collettivo, come eventi e fiere.

Figura 2 – Andamento indice di borsa Italia, FTSE MIB, 03/02-02/03

Figura 3 – Andamento indice di settore viaggi e turismo, 03/02-02/03

Fonte: Borsa Italiana

Ma ancora più insidioso è l’effetto del virus dal lato dell’offerta: lo stop ad alcune attività finisce per colpirne altre, tramite la catena di beni e servizi che le prime forniscono alle seconde. È il tipico caso della fabbrica di componenti per automobili: se la prima si ferma, perché è nella “zona rossa” dell’epidemia, prima o poi anche la seconda deve rallentare la sua produzione, perché è a corto di componenti da montare sulle automobili di sua produzione. Le imprese moderne hanno una catena del valore lunga e dispersa geograficamente, quindi uno stop locale frena la produzione in molte altre aree del pianeta.

Perché l’effetto di offerta è così insidioso? Se non altro, perché le tradizionali politiche di sostegno della congiuntura economica sono inefficaci. Sia la politica monetaria sia quella fiscale agiscono dal lato della domanda: detto brutalmente, mettono soldi in tasca alle persone per sostenere la loro capacità di spesa. Questo sostegno è inefficace se la produzione rallenta per problemi legati all’offerta di prodotti, che risente dei blocchi che si trasmettono lungo la catena del valore. Con questo non si vuole dire che i provvedimenti che il governo italiano sta varando a sostegno di alcuni settori siano inutili: ovviamente servono a dare una “boccata d’ossigeno” a chi si trova improvvisamente investito dal blocco della sua attività. Ma non aspettiamoci che siano risolutivi: solo il rientro dell’emergenza sanitaria, quando avverrà, potrà risollevare il sistema economico.

Rispetto agli altri paesi, il nostro ha un problema in più: un elevato debito pubblico. L’aumento del disavanzo, per finanziare le misure di sostegno all’economia, e la minore crescita già scontata dalle più recenti previsioni, non potranno che fare aumentare il rapporto deficit/PIL e allontanare ancora una volta la prospettiva di una inversione di tendenza del rapporto debito/PIL, in crescita da molti anni. I mercati finanziari hanno preso atto anche di questo, facendo aumentare lo spread BTP-Bund di circa mezzo punto percentuale in una settimana (si veda la Figura 4). Questo renderà ancora più problematica la sostenibilità del nostro debito pubblico e limiterà le capacità di intervento del governo. Morale: se non si risolve il problema strutturale della finanza pubblica in tempi normali, poi diventa più costoso e difficile gestire le emergenze, comprese quelle sanitarie.

Figura 4 – Andamento spread BTP-BUND, 03/02-02/03

 

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