Ci avviamo verso il congresso di INSIEME consapevoli di porre mano ad una iniziativa mossa da un’ambizione che va oltre le forze e le capacità che finora hanno mostrato di voler attendere a questa impresa. Eppure, da qualche parte bisogna pur cominciare se vogliamo, se non altro, avviare il cammino di una rinnovata presenza – a tutto tondo di carattere politico, nel senso pieno del termine – che si collochi nel solco della tradizione e della cultura propria del cattolicesimo democratico e popolare e, ad un tempo, la sappia interpretare secondo la “cifra” della stagione che oggi ci è dato vivere.
Del resto, la politica è una grande scuola di umiltà. Insegna, anzi fa toccare con mano il divario che sempre e comunque corre tra l’attitudine personale di ognuno e la dimensione delle questioni in campo.
Oggi, in modo particolare per noi che ci avventuriamo per un percorso difficile e scosceso, l’impegno cui siamo chiamati esige – ed è una condizione dirimente, “sine qua non” – una dose abbondante e generosa di disinteresse personale e di gratuità, che bandisca personalismi ed ambizioni fuori luogo. Deve essere assolutamente chiaro che, in nessun modo, l’impresa cui ci accingiamo nulla ha a che vedere con la riproposizione o la rivincita postuma di esponenti politici o interi pezzi di classe dirigente che hanno fatto onorevolmente la loro parte in un’altra fase della nostra vicenda democratica.
Non a caso, in tal senso, da tempo – da ex-parlamentare – ho proposto che almeno, ovviamente a cominciare dal sottoscritto, gli amici che aderiscono ad INSIEME ed hanno vissuto una stagione, più o meno lunga, della loro esperienza politica nelle aule parlamentari, dichiarino espressamente di non voler proporre, né accettare eventuali candidature. Non si tratta di codificare una regola, tanto meno una discriminazione, ma di aderire ad un libero e del tutto personale convincimento, possibilmente comune o comunque condiviso da chi ci sta, perché si dia plasticamente una prova, ad un tempo, concreta e simbolica della serenità e della libertà di spirito con cui intendiamo proporci, soprattutto ai giovani. Non si tratta di concedere nulla alla grottesca sceneggiata della “rottamazione”, bensì, al contrario, di valorizzare a pieno le competenze, collocandole, nella struttura del partito, al posto giusto.
Chi ha rivestito un ruolo di qualche rilievo, si può ritenere abbia maturato l’attitudine necessaria a continuare la propria militanza politica continuando a “pensare politicamente”, studiando, scrivendo, sostenendo e formando i più giovani, tramandando il valore di una cultura politica, da cui ciascuno di noi, in termini di maturazione e di crescita personale, ha attinto molto di più di quanto non abbia dato.
D’altra parte, con il Congresso, giunge anche il momento di dare piena valorizzazione alle competenze che nel partito si raccolgono, per consentirgli di uscire allo scoperto, superare la dimensione di un dibattito finora prevalentemente interno, comunicare le posizioni di ordine programmatico su cui è stata sviluppata, prima e dopo l’Assemblea fondativa dello scorso ottobre, una straordinaria mole di lavoro.
Ci muoviamo – secondo la sollecitazione di Stefano Zamagni – ancora nel solco del Manifesto, presentato il 30 novembre 2019, e del Documento politico-programmatico dello scorso ottobre, ribadendo la nostra autonomia, dalla destra e dalla sinistra, consapevoli della necessità che il nostro Paese vada incontro ad una fase non di mero riformismo, ma di “trasformazione”. Secondo un’ intuizione che precede la pandemia e che quest’ultima non ha fatto che confermare. Così come ha confermato ed, anzi, ampliato quelle gravi diseguaglianze sociali che vanno combattute e riassorbite, anzitutto per una questione di giustizia e di dignità delle persone.
Tutto ciò avviene in un momento particolare, anche per quanto riguarda il mondo cattolico. Per il quale, anzitutto, si tratta di prendere atto del pluralismo, anche di indirizzo politico e di espressione del consenso elettorale, che oggi lo attraversa, da cima a fondo. “Prenderne atto” vuol dire, anziché farne motivo di recriminazione, di lamento e di rimpianto, assumere tale articolazione interna al mondo dei credenti come un segno dei tempi ed una potenziale ricchezza.
Nel senso che sta, se non altro, ad indicare la maturazione di un’autonomia di giudizio e di una capacità critica che rappresentano la condizione previa per riprendere, in ambo le direzioni – tra i cosiddetti cattolici “dell’ etica” e quelli “del sociale”, come ebbi a definirli il Cardinal Bassetti – una possibile riflessione comune in ordine, non tanto ad un ruolo di potere, quanto piuttosto circa un compito di verità di cui, in una fase travagliata di transizione, possono farsi carico coloro che, rifacendosi ad una consapevole e vissuta concezione cristiana della vita, hanno qualcosa di originale da offrire alle sfide che oggi ci incalzano.
Peraltro, il lavoro di approfondimento lungo e paziente sviluppato in questi anni di preparazione ci ha permesso di chiarire – anche a costo di dolorose separazioni con amici di cui rispettiamo il diverso avviso ed ai quali conserviamo intatta l’amicizia, sul piano personale – come INSIEME non sia e non intenda essere il “partito cattolico”, nell’accezione autoreferenziale del termine, destinato a scivolare verso forme arroccate in atteggiamenti integralisti, che a loro volta alludono a derive clerico-moderate o perfino peggio.
Pensiamo, al contrario, ad una forza organizzata, che via via si radichi nel territorio del Paese, secondo un disegno “di ispirazione cristiana”. Il che significa porre con forza le ragioni della propria identità, senza concessioni e senza sconti, in un momento in cui, si può dire, la politica dovrebbe avvertire l’urgenza di ricorrere a quella che potremmo chiamare una sorta di “rifondazione antropologica”.
Assumendo, nel contempo, la responsabilità e la fatica di tradurre i principi ed i valori incardinati nella nostra visione dell’uomo, della vita e della storia in un linguaggio che li renda comprensibili ed, anzi, accattivanti anche per chi proviene da lidi culturali differenti e da altre esperienze.
Senza sottovalutare quell’attenzione che, nel tempo della scolarizzazione compiuta, da parte di molti esponenti ed ambienti dell’ambito laico e non credente, si rivolge, in misura crescente, al mondo cattolico, ravvisandovi punti di riferimenti e motivi che danno conto di un senso della vita che altrove pare sfuocato addirittura smarrito.
Da questa attenzione discende per noi, anche sul piano dell’impegno politico, una responsabilità cui non possiamo sfuggire.
Domenico Galbiati