Il mio amico e compagno di scuola, Roberto Thomas, magistrato a riposo e giurista in piena attività, ha scritto una sua riflessione sulla questione della giustizia, intitolandola “la giustizia azzoppata e il virus nella magistratura”. Sarà pubblicata in una rivista giuridica ma mi ha autorizzato ad offrirla al libero dibattito in corso in Politica Insieme. Mi ha pregato di farla precedere da una mia prefazione, con l’indicazione di non lasciarmi andare a semplici note di congratulazione. Non indulgerò nei complimenti, ma, certo, non posso tacere della sua dignità di riflessione giuridica e politica. Su questi due piani, dunque, si poggerà questa breve prefazione.
Alla quale si deve l’integrazione del titolo per la parte concernente l’inverecondia.
A stare alla concisa definizione di verecondia nel Dizionario enciclopedico italiano per verecondia s’intende “il timore di cosa che possa venire rimproverata”. Mirabile la definizione che ne dà Dante: “la verecundia è una paura di disonoranza per fallo commesso”.
Ed allora cos’è l’inverecondia? Semplicemente la mancanza di verecondia, nelle parole, negli atti, negli sguardi. La giustizia è stata azzoppata per l’inverecondia, che le riunisce, della politica e della magistratura.
Due poteri, meglio un potere e un ordine, quello legislativo e quello giudiziario, con una dotazione costituzionale ordinata alla separazione e all’autonomia, che si ritrovano infiltrati da una commistione di alcuni dei loro componenti che manda all’aria l’aspettativa di GIUSTIZIA dell’intero Paese.
Inverecondi nelle parole e nelle azioni, entrambi.
Non so se ricordate le parole del dott. Palamara, allora Presidente dell’ANM, messe per iscritto in un suo accorato intervento sulla “Guida al Diritto” del Sole 24Ore, nel n. 14 del 2 aprile 2011. Prendeva posizione su un disegno di legge governativo di riforma costituzionale della giustizia. Sosteneva, peraltro a ragione, che quella riforma avrebbe “intaccato fortemente i principi dell’autonomia e dell’indipendenza della magistratura”. E, con seducente vena retorica, affermava trattarsi “non di una riforma della giustizia, ma di una riforma della magistratura”.
E, più avanti, metteva in campo una considerazione che ogni cittadino dovrebbe tenere a mente quando viene tirato per la giacca a pronunciarsi a favore della politica o della magistratura. La seguente: una volta scardinato l’equilibrio dei poteri, con la prevalenza di quello politico sul giudiziario (come si tentava di fare con quel disegno di legge costituzionale), ma noi aggiungiamo, con la prevalenza di fatto di quello giudiziario su quello politico (anche approfittando dei larghi margini interpretativi di leggi mal scritte ed internamente incoerenti, oltrechè ordinamentalmente ) “le garanzie dei cittadini e i diritti di libertà saranno, in questo modo, privati della più efficace forma di tutela costituita dall’autonomia e dall’indipendenza della magistratura”.
E più avanti ancora, per convincerci dell’equanimità di quel punto di vista, guardando ai rapporti del potere giudiziario con quello esecutivo, affermava: ”senza questa autonomia del pubblico ministero dal potere politico (singolare che riassumesse nel potere politico, anziché nel potere esecutivo i rischi paventati) non avremmo avuto “mani pulite”, inchieste su mafia e terrorismo, sulle stragi, tanti e rilevanti processi sulla sanità, quello sul G8”.
Inverecondia, non so definirla diversamente, e aspetto che la magistratura, quella che ha aperto le inchieste, ne attribuisca nominativamente la paternità, la qualificazione di parole ed azioni che hanno inferto all’autonomia e all’indipendenza della magistratura ferite che saranno risanate chissà quando. Parole ed azioni che hanno confermato l’esistenza di un potere politico (né legislativo, né esecutivo, né giudiziario) che è totalmente fuori dalla legalità e dalla Costituzione e opera, lo dico con le parole del dott. Palamara, in una direzione orribile, la seguente: “ a pagare ancora una volta saranno i cittadini, in particolare quelli più deboli”.
Inverecondia della politica, (incoraggiata ad esserlo ancor più sfrontatamente, per essere consapevole di essere l’altro contraente degli accordi criminosi in danno della giustizia) che, ripetutamente e con modalità cialtronesca, urla al popolo di diffidare di una sbandierata giustizia ad orologeria, impersonata oggi da Palamara, ieri dai giudici di Palermo e via diffamando la magistratura ed i magistrati integri ed onesti che abitualmente incontriamo nei tribunali.
Inverecondia negli sguardi, modalità d’essere cittadini indegni (anche per i comportamenti in palese violazione del dovere di adempiere le funzioni pubbliche con disciplina ed onore, secondo l’art. 54, comma 2, della Costituzione) per l’uso della comunicazione diretta via social media.
Quanta violenza in quello sguardo meccanico puntato sull’obiettivo della telecamerina! Quanta inverecondia nel trasmettere propaganda e menzogna! Quanto desiderio nei cittadini che anelano alla trasformazione del Paese di veder presto in Parlamento una classe politica della quale si possa dire che agisce esclusivamente per il bene comune. Dentro il quale merita centralità la verità, la verecondia.
Per usare le parole dell’allora Cardinal Wojtyla, quando affermava in pieno regime comunista che “la Chiesa vive di vita propria”, tutti vorremmo che si potesse dire, in senso positivo, che la magistratura è davvero autonoma e indipendente, che il Parlamento controlla il Governo, che il Governo è totalmente responsabile davanti al paese.
Io non ho dubbi sul fatto che giustizia e CSM possano essere riregolati, ma senza una trasformazione politica, senza un licenziamento per giusta causa di partiti e classi politiche inverecondi non potremo mai pensare che la giustizia è esercitata in nome e nell’interesse del Popolo Italiano.
Alessandro Diotallevi
La giustizia “azzoppata” e il virus nella magistratura – di Roberto Thomas.
Il problema principale che affligge da molti anni la nostra giustizia è l’estrema lunghezza dei processi, sia civili che penali, tanto è vero ciò che già con la legge costituzionale 23 novembre 1999 n.2 si introdusse un nuovo secondo comma all’art. 111 della Costituzione, che dopo aver riaffermato il principio dell’imparzialità del giudice, prevede “la ragionevole durata” dei procedimenti giudiziari .
Però la situazione , nonostante la precitata norma costituzionale inserita venti anni fa, non è di molto mutata, e questo rende, di fatto, la giustizia italiana “azzoppata”, in quanto non è ancora riuscita, purtroppo, a realizzare le giuste aspettative dei cittadini di ottenere sentenze in tempi ragionevoli.
Di più, per quanto concerne il campo penale, il suo “azzoppamento” si è ulteriormente aggravato a causa di un virus relativo alla mancanza d’imparzialità all’interno di una certa magistratura, che circolava già latente da alcune decine di anni, ma che si è rinforzato mortalmente, quasi come il corona virus, da circa un anno.
A tal proposito bisogna premettere che il fine della giurisdizione penale è l’ irrogazione di una pena equa e certa, la cui funzione intimidatrice viene sublimata da quella rieducativa, come previsto nell’art. 27 della Costituzione, terzo comma ( “ Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato.”) .
Il garante dell’applicazione della pena, e della conseguente rieducazione, è “il giusto processo regolato dalla legge” ( art. 111 Cost., primo comma ) – con al vertice i magistrati che esercitano la funzione giurisdizionale ( art. 102 Cost., primo comma ) e “sono soggetti soltanto alla legge” ( art. 101 Cost. ) – , processo che si articola “ nel contraddittorio delle parti , in condizione di parità, davanti a giudice terzo e imparziale” ( art. 111 Cost. , secondo comma ) .
Invero , come già ricordava Piero Calamandrei , “ I giudici , per goder la fiducia del popolo, non basta che siano giusti, ma occorre anche che si comportino in modo da apparire tali : il magistrato che è salito sulla tribuna di un comizio elettorale a sostenere le idee di un partito, non potrà sperare mai più, come giudice, di avere la fiducia degli appartenenti del partito avverso :” (1)
Quanto esposto sopra relativo al predetto virus emerge chiaramente dagli sconfortanti dati statistici di un abbastanza recente sondaggio della LOGIN, del giugno 2019, pubblicata dal Corriere della sera, che ha rilevato che la fiducia nella magistratura italiana e nella sua imparzialità è al 35% : in pratica due cittadini su tre la ritengono non affidabile . Mai tale indice statistico è stato così basso, se si pensa che all’epoca del terrorismo ( che ha mietuto numerose vittime fra i magistrati negli anni ‘70-‘80 del secolo scorso ) essa era vicina al 90% e sostanzialmente analoga si è mantenuta con la successiva stagione di “mani pulite” degli anni ’90, che ha portato all’abbattimento quasi completo dei partiti politici della cosiddetta prima Repubblica.
Perché questo quadro così sconfortante di troppi cittadini che esprimono una marcata sfiducia nel concetto stesso di giustizia uguale per tutti e, in particolare, in coloro che hanno il delicato incarico di realizzarla, che non appaiono più imparziali, come dovrebbero esserlo, e per di più complici delle lungaggini senza fine delle procedure giudiziarie, anche per la loro ansia di protagonismo e di un potere di casta sempre più inquinato, proprio di una giustizia “azzoppata” ?
Sicuramente ha fatto da detonatore la pubblicazione di sconvolgenti intercettazioni telefoniche (relative al pubblico ministero romano Palamara, già presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati-ANM), iniziate circa un anno fa, e con sviluppi ancor più deflagranti in questi ultimi mesi, di un uso politico e addirittura privato della giustizia, e delle ulteriori intercettazioni connesse relative ai magistrati di vertice di tutte le correnti ideologicizzate appartenenti all’ Associazione Nazionale Magistrati (ANM) riguardanti il frequente mercimonio di scambio delle nomine agli incarichi direttivi dei magistrati nell’ambito del Consiglio Superiore della Magistratura (CSM) , organo di autogoverno della medesima, le cui funzioni sono previste espressamente nell’art. 105 della Costituzione.
Purtroppo anche le recenti scarcerazioni di tanti mafiosi pericolosi, a causa del corona virus, da parte dei giudici di sorveglianza (facilitate anche da un pasticciato decreto legge del Governo, su proposta dell’assai discusso ministro della giustizia Alfonso Bonafede, che non prevedeva l’esclusione dagli arresti domiciliari dei detenuti del circuito di massima sicurezza, peraltro rinchiusi, per regolamento, in celle singole e quindi difficilmente contagiabili ) non hanno sicuramente aumentato nei cittadini il predetto basso tasso di fiducia precitato….anzi !!!
Insomma si è verificato che a causa dei comportamenti illeciti di un piccolo manipolo di magistrati (prevalentemente pubblici ministeri ) in cerca di visibilità, carrieristi e assetati di potere, la sfiducia si è purtroppo estesa anche contro l’intero ordine giudiziario , coinvolgendo ingiustamente anche la stragrande “maggioranza silenziosa” dei magistrati, che da sempre fanno il loro dovere di applicare la legge al caso concreto con senso di responsabilità, onestà e sacrificio personale (si pensi ai tanti giudici uccisi dal terrorismo delle brigate rosse o dalle mafie, quali Falcone e Borsellino ) , senza cedere a facili protagonismi mediatici ( spesso finalizzati ad una successiva carriera politica), né ad aberrazioni di logiche di potere inquinato, estranee al concetto del servizio giustizia e a quello della giusta autonomia di magistrati (“ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere” ex art 104 Costituzione, primo comma ) nel loro essere doverosamente soggetti soltanto alla legge, come recita l’art. 101 della Costituzione.
Ma nonostante i ricordati principi costituzionali di autonomia e indipendenza della magistratura, connessi necessariamente alla sua assoluta neutralità dalla politica e al suo rigido asservimento all’applicazione della legge, la predetta minoranza della magistratura ha continuato coscientemente la sua opera di “azzoppamento” della giustizia , stravolgendone il suo significato, che veniva impersonato dall’immagine della divinità della mitologia romana che reggeva una spada e una bilancia con i due piatti perfettamente equilibrati, da cui discendeva il sacro principio dello “ius dicere”, cioè del pronunciare la sentenza giusta e imparziale nelle controversie fra i cittadini dell’antica Roma.
Ritengo, pertanto, che sia giunto il momento, dopo tanti anni di colpevole tolleranza di un “azzoppato” sistema giustizia, subdolamente inquinato dalle “correnti politicizzate” dell’Associazione Nazionale Magistrati, di fare piazza pulita di questo sistema canceroso, purtroppo unico nell’Europa Occidentale, con la totale abolizione della predetta Associazione ( nata nel 1909 con finalità prevalentemente sindacali di natura economica), che dopo l’emanazione della Costituzione Repubblicana del 1948 e la previsione di un Consiglio Superiore della Magistratura nel suo art. 104 , costituisce un centro di potere oscuro che sarebbe giustificato, in maniera assolutamente pretestuosa, dalla presunta difesa dell’autonomia della magistratura, che invece costituisce proprio il compito principale del precitato Consiglio Superiore della Magistratura, l’unico organo, come già detto, espressamente previsto dalla Costituzione per realizzare il predetto fine .
Tale Consiglio, ampiamente screditato dai ricordati scandali di nomine agli incarichi direttivi di magistrati pilotati dalle “correnti” in uno scambio illecito e intrecciato di favori, necessita ormai, a parere di tutti, di profonde modifiche legislative del suo sistema elettivo, al fine di evitare l’ingresso al suo interno di consiglieri eletti dalle “correnti” dell’Associazione Nazionale Magistrati, che si accordano poi fra loro per spartirsi il potere di realizzare il predetto sconcio di nomine non giustificate da un effettivo merito, ma solo dall’appartenenza ideologicizzata alla singola corrente.
A tal proposito mi si permetta di proporre un sistema semplice di elezione dei membri togati del CSM ( e cioè i magistrati che rappresentano i due terzi del totale, mentre l’altro terzo è nominato dal Parlamento fra i professori e avvocati più illustri ) che automaticamente porterebbe al disfacimento delle “correnti” e , conseguentemente , dell’intera stessa Associazione assolutamente inutile, anzi divenuta dannosa per lo stesso buon nome della magistratura.
Il sistema misto da me proposto si compone di due fasi, l’una preliminare di estrazione a sorte fra tutti i magistrati di un numero di sorteggiati cinque volte superiori a quelli richiesti, l’altra successiva di votazione fra gli estratti a sorte , sempre su base nazionale : i venti che ottenessero il numero maggiore di voti sarebbero in definitiva gli eletti.
Inoltre, per evitare l’inserimento di cordate di candidati in “mini correnti”, occorrerebbe che la votazione avvenisse entro quarantotto ore dalla proclamazione dei sorteggiati e, per di più, che ogni elettore avesse unicamente una sola preferenza fra i magistrati estratti a sorte da poter votare.
La prima fase, invero – e cioè quella dell’estrazione a sorte fra tutti i magistrati italiani di numero cinque volte superiore a quello necessario ( e cioè 100, che rappresentano circa l’1% dell’intero numero dei magistrati )- è stata aspramente criticata, a sproposito, con la motivazione che il caso potrebbe portare alla ribalta magistrati non adeguatamente preparati per il delicato incarico di membro del CSM ! Ma allora dovremmo sostenere l’assurdità che esistano magistrati che, pur avendo superato il duro concorso di assunzione, non siano sufficientemente preparati !!! O, di contro, che da sempre tutti i magistrati che si sono candidati a diventare membri del CSM hanno fatto, previamente, un corso di preparazione per tale nomina : quale ? Cosa palesemente assurda !!!
La seconda fase , e cioè quella della votazione fra i magistrati sorteggiati dei venti consiglieri del CSM ( che, in base al maggior numero di voti espressi da tutti i magistrati italiani – finalmente liberi di votare senza le varie “cordate” di candidati espresse dalle correnti dell’Associazione Nazionale Magistrati – diventerebbero gli eletti ) esaudirebbe la necessità richiesta dalla norma costituzionale dell’art.104,quarto comma, secondo cui tutti i membri del Consiglio Superiore della Magistratura devono essere “eletti”.
La riforma del meccanismo di nomina dei membri del Consiglio Superiore della Magistratura, da realizzare con una nuova legge del Parlamento, non è più rinviabile, pena la deflagrazione dell’intero sistema giustizia, come ha anche di recente riconosciuto l’intervento propositivo diretto del Presidente della Repubblica, che è anche il presidente del Consiglio Superiore della Magistratura, con un deciso e lungo messaggio non più soltanto , come in precedenza , contenente un invito ai magistrati alla riservatezza mediatica e ad evitare la logica dell’appartenenza correntizia, bensì proposte concrete per guarire la giustizia dal suo “azzoppamento”, eliminando una piccola casta di potere incontrollabile che “stritola” l’inerme utente a favore dei potenti e porta con essa un virus dannoso che si è annidato per troppi anni nell’ambito della funzione giudiziaria, disonorandola.
La fine del “correntismo” inquinante sicuramente rigenererà la figura della magistratura, facendole riguadagnare la fiducia perduta da parte dell’opinione pubblica. Ciò è assolutamente indispensabile in questo periodo storico di “ripartenza”, dopo il blocco causato dalla drammatica pandemia, in cui la neutralità imparziale del magistrato è doverosa nel momento in cui sta indagando sulle eventuali responsabilità colpose dei vertici della politica di fronte a tanti morti, davanti ai quali occorre inchinarsi in silenzio.
Roberto Thomas
(1) Piero Calamandrei “ Elogio dei giudici scritto da un avvocato” , 1935, in edizioni Ponte alle Grazie, 2013 pag. 239 .