La settimana si sta chiudendo all’insegna della decisione di Silvio Berlusconi di lanciare l’Altra Italia e l’invito ai moderati a mettersi assieme. Così, la discussione sul “ centro” e sui “ moderati” è ripresa nella forma che più piace a molti politici e a molta stampa: astrattezza del gioco tra i vertici di partiti. Il grande “ Risiko” cui si ricorre quando mancano prospettiva e radicamento tra la gente.
Invece, un ciclo politico è completamente tramontato e dobbiamo prenderne atto.
In ogni caso, pare evidente che la mossa del vecchio capo di Forza Italia e nuovo di Altra Italia abbia due finalità.
La prima: tutta interna ai cosiddetti azzurri. Si tratta di “ sistemare” l’ennesimo proconsole non riuscito nell’impresa di dimostrare di avere il “ quid” o, almeno, di non averlo nei modi giusti che il capo di Forza Italia si aspettava. Giovanni Toti si è rivelato troppo intenzionato a giocare in proprio ed è quindi giunto il momento di abbandonarlo al proprio destino.
La seconda, invece, è direttamente legata alle relazioni politiche con lo scomodo, troppo vincente alleato Matteo Salvini.
Berlusconi interloquisce con il capo della Lega lasciandosi aperte due strade. Una, quella di gestire “ l’utilità marginale” di un futuro governo del centro destra reso possibile da quello che i sondaggi prefigurano con i leghisti vicini alla fatidica soglia del 40%. Berlusconi riunisce i “ moderati” per aggiungere la parte di voti mancanti e, al tempo stesso, si presenta come il condizionatore di un intero processo e potenziale garante verso gli ambienti internazionali e nazionali che contano.
Del resto, le variabili di qui al voto restano ancora indefinite per Salvini. I sondaggi sono quelli che sono fino a quando non sono in grado di tradursi in voti reali. Crederci completamente è un rischio. Il numero dei potenziali astenuti troppo alto per consentire di dare per chiusa la partita. E’ tutta da vedere come si avvia e, soprattutto, la piega che prenderà la partita con l’Europa, a partire dalla legge di bilancio.
L’altra strada aperta da Berlusconi è quella di uno scenario opposto. Avverte l’alleato sulla possibilità che i “ moderati” possano partecipare ad una stagione molto simile a quella del governo Monti. Ciò può significare la creazione di un esecutivo diverso da quello giallo verde oggi insediato a Palazzo Chigi, anche senza la Lega.
E’ evidente, infatti, che se si aprisse una crisi definitiva tra 5 Stelle e Lega, Matteo Salvini più che sui dati dei sondaggi si ritroverebbe a giostrare avendo a disposizione solamente poco più del 15 % dei parlamentari. Quello conterà durante le consultazioni.
Non è detto che lo sbocco della crisi possa essere solo elettorale, nonostante le attuali dichiarazioni contrarie. Chi può escludere che un nuovo governo, proprio perché di emergenza nazionale, non finisca per svolgere qualcosa che vada oltre gli affari correnti in vista di nuove elezioni? E’ lecito chiedersi quanto possa durare. Molti pochi i parlamentari intenzionati a lasciare il Parlamento senza provarle di tutte. Dopo il 4 marzo 2018 viviamo sulla base dell’inedito, in taluni casi persino sorprendente. Perché meravigliarsi?
In ogni caso, l’uscita di Berlusconi continua a tenere vivo il dibattito sulla creazione di una destra moderata che oggi manca.
E’ bene che a destra si delinei finalmente una forza dal carattere e dai contenuti europei. Così come, dev’essere guardata con la giusta considerazione il dibattito avviato nel Pd e nella sinistra italiana per dare vita ad una forza di sinistra. E’ bene che si chiarisca il quadro e, ciascuno, delinei una propria presenza.
A noi interessa, invece, non tanto parlare in maniera vaga, e priva di contenuti, di “ centro” o di campo dei “ moderati”. Conta invece la valorizzazione di una “ centralità” da assumere attorno ad un progetto di trasformazione profonda di cui ha bisogno il Paese.
Le questioni europee, le condizioni dell’economia, i conti pubblici, la scomposizione sociale, e tanto altro ancora, mostrano la straordinarietà della situazione italiana che non può più essere affrontata con il vecchio, oramai logoro riformismo di maniera, spesso superficiale e contraddittorio. Neppure con i vecchi “ giochi” della politica.
Continuando a non capire questo, si favoriscono proprio quelle forze che si dice di volere arginare e che si dimostrano ogni giorno di più incapaci a generare un impeto di rinnovamento, sulla base di una partecipazione ampia e sentita da parte di tutti gli italiani.
Qualunque nuova iniziativa politica avrà un significato e sarà capace di sprigionare forze creative solo se segnerà un fatto nuovo e, in qualche modo, costruttivamente dirompente.
Il primo elemento è quello che alla sua base esista la consapevolezza di quanto debba essere profonda un’opera di rinnovamento dello Stato e delle istituzioni, delle autonomie locali, dell’economia, della scuola. Questa l’unica possibilità per intervenire sulla struttura sociale e per ricostruire un tessuto lacerato.
E’ necessario segnare un’autentica novità nella politica italiana. Impegnandosi al massimo e con continuità per individuare e coltivare quel terreno di lavoro comune tra tante forze sane, provenienti da mondi diversi. Nel passato esse possono anche essere state contrapposte, ma oggi accomunate dall’intenzione di superare una logica antica e intenzionate a recepire i messaggi giunti dal voto del 4 marzo 2018 e dalle recenti europee.
Messaggi da interpretare adeguatamente. Come dimostrano le continue disavventure che caratterizzano i rapporti tra 5 Stelle e Lega, non devono essere pensati dagli sbocchi definiti e definitivi. Molto può essere fatto per creare nuove relazioni a partire da quelle espresse e vissute nella società civile. Ma il percorso deve essere del tutto nuovo, possibilmente portato avanti da facce fresche.
I cattolici possono fare la loro parte aprendosi al confronto anche con chi non ha le stesse tradizioni di pensiero, ma ha comunque altrettanto forte l’intenzione di impegnarsi nella consapevolezza che nuovi cicli debbano essere avviati.
Giancarlo Infante