Chi vive come me nel mercato e ci vive da studioso, da consulente, da imprenditore, cercando di rappresentare un livello dell’offerta di qualità, ma non di èlite, sperimenta tutti giorni quanto la comunicazione di un messaggio possa essere poco incisiva, specialmente se si incorre nell’errore di ascoltare solo se stessi, quasi davanti ad uno specchio e se non si riesce a far emergere, anche nella sequenza di presenza nel tempo, un filo conduttore che abbia creato credibilità, se non leadership.

Di fatto la comunicazione oggi è ritenuta una scienza che può avere logiche e contenuti non strettamente ancorati ad un orizzonte reale, vissuto nel quotidiano. Spesso con la comunicazione si vuole costruire “tendenza” ed in ciò si punta proprio sulla caratteristica di una ricezione più superficiale, quasi intuitiva o epidermica dello spettatore che ascolta. Più si sviluppano queste tecniche nel tentativo di coinvolgere una “massa” di potenziali destinatari di un messaggio, vocale o grafico, più queste comunicazioni hanno contenuto a se stante, quasi robotico o irreale.

Nelle scuole di formazione alla comunicazione, che qui definisco “di massa”, non si insiste sul livello tecnologico, sulla qualità reale, perché anche se si cerca di spiegare, il comprendere è legato ad una formazione specifica di chi ti ascolta. Ci viene insegnato che il messaggio può anche essere fantascientifico, che si possa disegnare una realtà virtuale o diversa dalla cruda ed umana realtà e per questo pensare un “volare via” dai pensieri quotidiani.

Esiste un pubblico attento alla cultura, alla storia, che ricerca anche nel passato quanto può permettere di far comprendere l’uomo vero, sensibile, nella sua vita, piena anche di drammi, di titubanze, di crisi ed emozioni o di amore o fraternità coinvolgente.

Se riportiamo nel campo della politica il significato della “verità” della comunicazione, capiamo così il limite tra reale ed irreale, tra contenuti “costruiti” per scopi o fini di successo, ma non rappresentati da coerenza morale o di pensiero, capiamo che “l’azione” che si formula in una progettualità, deve partire da una testimonianza di coerenza passata, che si proietta avanti, per la convinzione e per i valori che essa esprime.

Qui, più che tecniche di comunicazione, occorre realtà di vita vissuta e rappresentata, ma anche coraggio ed impegno costante, duraturo, riconoscibile, nell’immersione di una dedizione non solo per scopi personali, ma per l’ambiente dove si può o si vuole immergersi nel comunicare azione e valori.

Ecco che anche la popolazione, vista come insieme di elettori, oggi si rende conto che una comunicazione “spinta” solo come tecnica, è portatrice di promesse e visioni spesso surreali, solo di mercato, solo per un successo fine a se stessi o per un gruppo di persone, mentre il resto del mondo, sempre più lontano sempre ancora cerca una diversa “linfa” vitale, senza la quale si inaridisce.

Penso che il ruolo di Politica Insieme debba e possa essere quello di offrirsi come testimonianza, ponendo l’Uomo in primo piano, della possibilità d’innescare il colloquio vero, quello che è ascolto, perché si è credibili e di questo si sente oggi mancanza e “vuoto”. Un vuoto che si può cercare di colmare, con umiltà, ma anche con convinzione.

Dott. Alberto Berger

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