A mano a mano il dibattito più propriamente politico su questo sito si va concentrando sulla questione decisiva: la costruzione effettiva di un soggetto politico che non si aggiunga semplicemente ad altri, ma che con il suo inserimento cambi la struttura e il funzionamento del sistema politico.
Questo almeno mi sembra insito nell’idea e nell’immagine di un centro che sia non lo stare un po’ di qua e un po’ di là, cioè come un jolly opportunistico (aspirazione che qualcuno in questi anni ha dichiarato), ma che si proponga come il centro di gravità del sistema.
Lo spettacolo della crisi, nelle due fasi dell’happening nelle aule parlamentari e della rigorosa regia al Quirinale, mostra un volontaristico e artificioso simulacro di bipolarismo, ma ne smaschera l’inconsistenza. Si, ci sono due opzioni fondamentali (ma con differenziazioni e gradazioni interne). Un centro ridotto a terra di nessuno o di tutti, spazio per scaramucce di confine e arruolamenti transitori, è il terreno che va trascurato per un’altra logica.
Ci sono molti fattori che possono concorrere alla maturazione di Insieme. Elencarli sarebbe da sprovveduti. Nella realtà effettuale della politica c’è sempre in gioco qualche fattore in più e qualcuno in meno di quelli previsti. Ma ne richiamo solo due.
Il primo è il programma tratto dalle idee costitutive. Questo cantiere è attivo. Insieme si trova nella rara condizione di poter elaborare e aggiornare e comunicare un programma con un lavoro di molte menti e voci, non incaricando una fondazione o un’officina (una qualunque tecnostruttura) e neanche ricavandolo ammucchiando (non sintetizzando) aspettative ed interessi eterogenei. Ma una vera elaborazione collettiva, che certamente esige pure che si tenga a mente la visione e si valuti cosa è completo e cosa è da fare.
Un concorso di esperienze, competenze, determinazioni, speranze, così ampio, incoraggia nel successo di una sfida originale (almeno di questi tempi). Il secondo fattore riguarda il rapporto con la società, ben prima e ben oltre la (necessaria) organizzazione del consenso. Noi sappiamo di poter contare su esempi non recenti, ma forti e vitali. Tuttavia la società è cambiata profondamente e largamente. La sintesi politica non ha davanti né gli stessi ingredienti né gli stessi strumenti.
Ricorro qui a una citazione insolitamente lunga di un intervento di Galbiati (7 gennaio, La guerra dei vaccini CLICCA QUI ). “Innanzitutto, quando la società era più semplice e più ordinata, determinati processi trovavano soluzione e venivano più facilmente governati, ad esempio, attraverso una dialettica tra istituzioni e corpi sociali di varia natura, in ognuno dei quali i singoli soggetti che vi si riferivano, trovavano un punto di approdo rassicurante…”. Ora invece (salto altri passaggi che andrebbero riletti) “lo spazio in cui le contraddizioni… trovano il loro punto di equilibrio è, piuttosto, da ricercare nella coscienza personale di ognuno”.
Riconosco pienamente l’esattezza dell’analisi. Nella storia italiana la forza organizzativa e l’autorevolezza di tanti corpi intermedi (qui si tratta soprattutto delle associazioni di rappresentanza degli imprenditori e dei lavoratori, che tra l’altro nella autonomia contrattuale facevano e fanno una parte del lavoro essi stessi) ha contribuito potentemente alla coesione sociale del paese. Passaggi difficilissimi – sociali, civili, economici – sono stati superati grazie al ruolo spesso poco appariscente di questi soggetti.
L’analisi che condivido, e che spero venga portata avanti, porta però a conseguenze quasi di sfida estrema.
Ben diversa è la sintesi politica se non è un assemblaggio di grandi semilavorati, ma un puzzle di migliaia (milioni?) di frammenti. E tra l’altro nei momenti migliori quelle organizzazioni singolarmente o insieme producevano le loro proposte anche tenendo conto di compatibilità e fattibilità.
Lo stesso problema di frammentazione delle coscienze lo vediamo in altri campi. L’attecchimento dell’atteggiamento NIMBY in Italia ha a che fare con questa minor coesione. L’impressionante reazione locale, anche di istituzioni, al documento di consultazione su CNAPI (la Carta delle Aree Potenzialmente Idonee per il Deposito dei rifiuti radioattivi) è un altro sintomo. Ma forse, con un volo, non intende dire qualcosa di simile Papa Francesco quando afferma che non c’è più una cristianità?
Dunque un primo tema è come può la politica promuovere e assecondare la maturità civile auspicata da Galbiati. Certo una politica che parli e spieghi con onestà, susciti responsabilità, incoraggi ai doveri, innanzitutto vivendoli, può essere un passo. Una politica che metta in primo piano istruzione e formazione può essere un altro passo, una politica di riduzione delle diseguaglianze (per via di opportunità, specialmente) può essere un altro passo ancora …
Un secondo tema riguarda il dialogo con i corpi intermedi.
Qui la crisi della rappresentanza ha avuto effetti molto diversi che nella politica. Gli antichi partiti sono spariti o hanno cambiato nome. Le associazioni del dopoguerra e della ricostruzione ci sono ancora tutte, ma la frammentazione indebolisce l’insieme. Gli oltre 900 CCNL registrati all’archivio del CNEL non attestano un funzionamento più attivo, ma un grave malfunzionamento.
Temi come il salario minimo, le regole della rappresentanza, ci vedranno silenziosi? Con le associazioni dovremmo parlare e tessere insieme il bene comune dell’Italia.
Vincenzo Mannino

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