Due indicazioni, tra le altre, emergono dai risultati delle tre recenti consultazioni regionali – Marche, Calabria e Toscana – cui seguiranno Campania, Puglia e Veneto, a fine novembre. Si tratta di un dato evidente soprattutto
in Toscana e le prossime consultazioni ci diranno se siamo di fronte ad un orientamento locale oppure ad una tendenza generale che si va affermando.
In ambedue gli schieramenti, se osserviamo attentamente le loro dinamiche interne, si coglie una netta affermazione del partito maggiore – rispettivamente PD e FdI – sugli altri dell’alleanza e, soprattutto, la scivolamento sia della Lega nella destra che del Movimento 5 Stelle nella sinistra, sotto la soglia del 5%. L’ accentramento dei consensi sui
due partiti maggiori potrebbe segnalare un progressivo passaggio dal “bipolarismo” ad una qualche forma, ancora incompiuta, di “bipartitismo”. Con quali conseguenze è difficile dirlo. Probabilmente con una ulteriore spinta alla “polarizzazione” , destinata, a tal punto, a spaccare in due non solo il complessivo sistema politico, ma lo stesso Paese.
Del resto, la destra è, appunto, attivamente alla ricerca di una divaricazione che le consenta di arroccarsi in una postura identitaria forte. Muovendo dalla quale, fidelizzare il proprio elettorato nella forma di un blocco d’ordine “nazionale” per avviare un processo di egemonia, che le consenta di approdare a quell’ “altra” Italia, che è in cima ai suoi pensieri e poco ha a che vedere con l’Italia costituzionale, repubblicana e democratica che abbiamo conosciuta fin qui.
Bisogna rendersi conto che l’asticella dell’ambizione della Destra è molto alta ed anche legittimamente, visto che nessuno è in grado di contrastare il suo disegno. Né il balbettio politico delle presunte opposizioni, né , in effetti, il mondo della cultura. Non c’è da sorprendersi che sia così. La destra non vuole governare l’Italia rinata dalla Resistenza e dalla liberazione dal nazi-fascismo. Ne vuole creare un’altra, che sia a sua immagine e somiglianza. Ogni orientamento politico che inclini – in forme eclatanti oppure morbide, in funzione di ciò che consente il particolare momento storico – ad una postura autoritaria, si accompagna sempre ad una sorta di rivendicazione antropologica, all’ idea di creare l’ “uomo nuovo”.
Qual è la vera anima, il vero modello comportamentale della destra: i toni suadenti ed accattivanti di Giorgia Meloni
quando si esibisce nel “jet-set” della politica internazionale oppure quelli aggressivi e sopra le righe che spesso si permette in Parlamento oppure ancora quelli irruenti cui si lascia andare, in Italia o altrove, ad esempio in Spagna quando fa dei comizi a beneficio della sua fazione ? A maggior ragione, è necessario non lasciarsi imprigionare nella tenaglia del bipolarismo – un ring sul quale la destra vince o comunque è largamente avvantaggiata – ma proporre agli elettori un percorso alternativo.
Senonché, dovrebbe essere chi ci si è chiuso dentro a doppia mandata e pur dispone della chiave – cioè la sinistra – ad aprire le porte della gabbia. Capendo, anzitutto, che il cosiddetto “campo largo”, a prescindere dalla dimensione, è perdente, in quanto del tutto funzionale a quella contrapposizione esasperata che è il terreno di gioco preferito dalla destra. E giocare in casa e’ pur sempre un vantaggio che non farlo in trasferta.
Il punto, ad ogni modo, è sostanzialmente questo: la destra ha un disegno politico che sta pazientemente tessendo e la sinistra non ce l’ha. Ed è questo che fa la differenza. Invece, il comune declino di Lega e 5Stelle richiede, in altra occasione, un suo specifico esame.
Domenico Galbiati