L’attentato intimidatorio a Sigfrido Ranucci ha colpito molto, oltre ad aver danneggiato l’abitazione di famiglia e l’auto della figli, generalmente e significativamente sia il mondo politico che quello della comunità civile. Tanto che s’è registrata, tra l’altro, la solidarietà delle alte cariche dello Stato, compresa quella della premier Meloni e dei presidenti delle Camere che, ovviamente, vogliamo interpretare come denuncia o difesa della libertà di pensiero e di informazione. Ma, sotto quest’ultimo profilo ci si chiede se l’art. 21 della Costituzione (Tutti hanno diritto di manifestare. La stampa non può essere soggetta a autorizzazioni o censure”) sia tuttora vigente effettivamente ed anch’esso da tutelare, mettendolo in pratica anche nell’attività di governo. E quindi ci si può chiedere, anche, se sono pienamente legittime, costituzionalmente parlando, le disposizioni contenenti divieti e limiti nel decreto sicurezza al fine del rispetto dell’ordine pubblico. Ovvero se questo, pur valido fine statale non prenda il sopravvento sul “sacrosanto” diritto (dei giovani) a contestare e protestare pubblicamente a favore della salvezza dei palestinesi e contro il “malgoverno” di Israele, tollerato se non sostenuto dai grandi dell’occidente.

Il secondo comma dell’articolo 21 va considerata come norma di salvaguardia democratica, nel senso che essa disciplina l’assoluta libertà di stampa, non solo come principio astratto, ma che – appunto – non necessita di alcuna autorizzazione amministrativa, né può esser oggetto di censure (si ricordi che la censura è un tipico atto amministrativo, odioso, dei regimi totalitari). Questa affermazione di rango legislativo primario è, certamente, un baluardo nel sistema democratico parlamentare dell’Italia, che invece viene messo in crisi o in discussione qualora: a) si evitano i giornalisti scomodi alla Ranucci, si fanno discriminazioni o addirittura esclusioni verso una certa frangia del mondo dell’informazione, non schierata a favore dell’esecutivo (vedi le trasmissioni de La7);

b) non si svolgono le conferenze stampa regolarmente e neanche in occasione della approvazione in CdM della “manovra finanziaria 2026” sia a palazzo Chigi che presso le sedi ministeriali;

c) si condiziona, in qualche modo, il pensiero e l’operato dei direttori e dei giornalisti RAI che – udite, udite! – arrivano al punto, inqualificabile, di negare l’enormità del disastro/genocidio nella Striscia di Gaza;

d) si sottovaluta, superficialmente o per beghe di potere, l’importanza nevralgica del servizio pubblico radiotelevisivo, non riuscendo a ratificarne l’elezione della Presidente Agnes in sede parlamentare, Commissione vigilanza RAI, dopo oltre un anno!

Michele Marino

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