Tramontate le ideologie – almeno quelle storiche, salvo che ve ne siano altre in gestazione – oggi va di moda la “narrazione”. Nuova categoria interpretativa, modalità di lettura del decorso storico del Paese, condotta per scodellarne una interpretazione, più o meno interessata, che viene riversata sul momento presente per cavarne indirizzi secondo cui orientare la propria iniziativa o forse meglio cercare di giustificarla, avendola assunta a prescindere. Ma cosa si intende esattamente con questo termine?

Anche il lupo, se avesse la parola, la faccenda di Cappuccetto Rosso e della nonna la “narrerebbe” in modo del tutto difforme da come ce l’hanno sempre raccontata. Insomma, la narrazione ha un alto tasso di soggettività e di ambivalenza, se non di studiata ambiguità “ad usum Delphini”. Insomma, ognuno ha la sua ed oggi tiene campo soprattutto quella della destra. Nazione ed etnia, ordine e rigore, merito e disciplina, stabilità e leaderismo, governabilità ed uomo forte: tutto ciò di cui ci ha privato il lassismo colpevole della prima repubblica va riportare agli onori della ribalta. Un motivo in più per puntare – presidenzialismo o premierato che sia – ad una forte personalizzazione del potere.

Noi preferiamo stare ai fatti e leggere la vicenda della nostra democrazia per quel che è effettivamente stata.
Un percorso di costante, progressivo allargamento delle basi democratiche dello Stato: dal centrismo, al centro-sinistra, alla solidarietà nazionale. I ceti popolari hanno acquisito un pieno titolo di cittadinanza e sono diventati protagonisti della vita democratica del Paese. Oggi abbiamo un problema uguale e contrario: masse di cittadini che questo titolo lo possiedono, non hanno alcuna voglia di esercitarlo, almeno al momento del voto.
Il tema dell’ allargamento delle basi democratiche dello Stato è tuttora attuale e passa da un rafforzamento della democrazia e parlamentare e rappresentativa, attraverso la valorizzazione di una diffusa e vitale partecipazione al discorso pubblico.

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