(Tratto da “Giorgio La Pira e la Costituzione”. Relazioni e interventi nell’Assemblea Costituente a cura di Nino Giordano – LEF– Firenze, pagg. 89-99)

 

Art. 29 – La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Il matrimonio è ordinato sulla eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità familiare.

 IL DIBATTITO

                                              30 ottobre 1946

Il presidente (UmbertoTupini) fa presente che, sull’argomento “famiglia”, la terza Sottocommissione ha centralizzato il suo pensiero nel seguente articolo:

«La Repubblica assicura alla famiglia le condizioni economiche necessarie per la sua difesa e il suo sviluppo. Qualora la famiglia si trovi nella impossibilità di educare i figli, è compito dello Stato di provvedervi. Tale educazione si deve compiere nel rispetto della libertà dei cittadini

La famiglia, la “società naturale”: la sua missione e la sua  indissolubilità: principio basilare della dottrina cattolica.

                                   Intervento di Giorgio La Pira

Invito i Commissari a mantenere il problema nei suoi giusti termini [alcuni colleghi avevano lamentato la difficoltà nell’interpretare il contenuto degli articoli proposti]

Credo che ciascuno, pensando alla propria famiglia, non possa non convenire: 1) che sia una collettività organica di persone; 2) che, come tale, abbia una sua costituzione e una sua finalità; 3) che esistano dei diritti, che ne regolano la struttura e le finalità, immanenti all’organismo familiare ed anteriori all’ordinamento statale.

Noto quindi che la preoccupazione dell’onorevole Corsanego è appunto quella di mettere in luce il carattere organico del gruppo familiare, le finalità educative e materiali che si propone, e l’originarietà dei suoi diritti.  Ciò posto, giova rilevare le conseguenze importanti che derivano da tali affermazioni riguardo ai tre punti sui quali si è manifestato il dissenso tra i due Relatori (Iotti e Corsanego).

Dal fatto che la famiglia abbia una sua costituzione e dei diritti ad essa connessi, discende il criterio della indissolubilità del vincolo; in quanto è una collettività organica in cui ciascun membro ha un suo statuto, evidentemente, il figlio illegittimo non può essere equiparato in tutto e per tutto al legittimo; infine, poiché è un organismo, ci deve essere – come in ogni organismo – chi governa, e questo sarà appunto il capo della famiglia.

Quindi, i punti di dissenso tra la onorevole Iotti e l’onorevole Corsanego si ricollegano tutti a questa organica della famiglia, e l’unico problema da esaminare è se tale concezione sia esatta o meno.

6 Novembre 1946

Il presidente chiede alla Commissione di esprimere anzitutto il suo parere sulla questione di metodo, se cioè la discussione debba essere fatta articolo per articolo, secondo le proposte concordate, o se essa debba essere basata sulla formula che egli ha proposta.

Il presidente pone in discussione il primo articolo concordato:

«La famiglia è una società naturale e come tale lo Stato ne riconosce i diritti e la tutela allo scopo di assicurare l’adempimento della sua funzione, la saldezza morale e la prosperità della Nazione».

Intervento di Giorgio La Pira

Faccio osservare agli onorevoli Cevolotto e Lucifero che le affermazioni proposte non sono di natura soltanto metafisica o morale, ma anche squisitamente giuridica e politica. Sin dall’inizio dei lavori della Sottocommissione, nella stesura della Costituzione, si è detto che la fondamentale preoccupazione è quella di negare la teoria dei «diritti riflessi», che fu il fondamento dello Stato fascista.

 Lo Stato fascista, infatti, aveva come suo fondamento la teoria giuridica che tutti i diritti sono creati e concessi dallo Stato, che può ritirarli in qualunque momento. Negando questa teoria, si vuole affermare che lo Stato non fa che riconoscere e tutelare dei diritti anteriori alla Costituzione dello Stato, che sono diritti dei singoli, diritti delle società o comunità naturali.

Con una dichiarazione come quella proposta, ci si ricollega alla cosiddetta tradizione giuridica occidentale che da Aristotele, attraverso il Cristianesimo, è arrivata fino ad oggi.

 Affermando che la famiglia «è una società naturale» – oppure «di diritto naturale», secondo la proposta del presidente – si afferma che la famiglia è un ordinamento giuridico e che lo Stato non fa che riconoscere e proteggere questo ordinamento giuridico anteriore allo Stato stesso.

 Dichiaro di preferire la formula proposta dal Presidente; in linea subordinata, però, qualora si dovesse venire alla formula concordata, egli accederebbe anche ad essa.

Il presidente pone in votazione la formula concordata dai Relatori:

“La famiglia è una società naturale”( vedi art. 29)

Intervento di Giorgio La Pira 

Dichiaro di votare a favore poiché con l’espressione «società naturale» si intende un ordinamento di diritto naturale che esige una costituzione e una finalità secondo il tipo della organizzazione familiare.

Il presidente pone in discussione l’ultima parte dell’articolo proposto dai relatori: “allo scopo di assicurare l’adempimento della sua funzione, la saldezza morale e la prosperità della Nazione”.

Ricorda che egli ha proposto un emendamento sostitutivo, secondo il quale la finalizzazione contenuta in questa parte dell’articolo sarebbe così espressa: “al fine di assicurarne l’unità, la saldezza morale e la sicurezza economica”.

 Intervento di Giorgio La Pira

Propongo che al posto delle parole «la sua funzione» si sostituiscono le altre: «la sua missione». Il termine «funzione» ha un carattere strettamente tecnico, mentre con la mia proposta si potrebbero forse eliminare le preoccupazioni espresse dall’onorevole Mastrojanni [non vedo in che modo possa lo Stato garantire la sicurezza economica e l’adempimento della funzione della famiglia, che è così complessa da andare dal campo biologico e fisiologico a quello educativo]. 

Apprezzo la formula del Presidente [al fine di assicurarne l’unità, la salvezza morale e la sicurezza economica], ma sono costretto a non accettarla per le ragioni esposte dall’onorevole Moro [ci sono alcuni punti che meritano una più completa regolamentazione, come è il caso di alcune questioni contemplate negli articoli che seguono e che riguardano le famiglie meno abbienti, l’unità familiare, la stabilità della famiglia.]

Il presidente comunica che l’art. 2, nel testo proposto dai due relatori, è formulato nel modo seguente: “Lo Stato prenderà appropriate misure per facilitare ad ogni cittadino la costituzione di una famiglia e per rendere economicamente meno gravoso  l’adempimento degli oneri familiari, soprattutto ai meno abbienti e alle famiglie numerose” (misura economica per la famiglia, art.31)

Intervento di Giorgio La Pira 

Rispondendo alle osservazioni fatte dall’onorevole De Vita [l’esperienza insegna che proprio nelle classi meno abbienti le famiglie si costituiscono con una facilità maggiore di quello che non avviene nelle classi più abbienti], ritengo che, secondo la concezione democristiana, la famiglia è essenziale nell’integrazione della persona umana. La famiglia ha importanza anche ai fini della stessa vita economica, in quanto ché una salda famiglia porta come conseguenza una salda economia e si potrebbe dire anche una salda politica.

Poiché la famiglia è il nucleo fondamentale su cui poggia l’edificio umano, favorire la famiglia rappresenta un principio basilare della dottrina cattolica.

Per queste ragioni, affermo che un provvedimento a favore della costituzione e dell’incremento della famiglia non può che trovare il pieno assenso da parte dei democristiani.

Dichiaro di poter accettare l’aggiunta di bisognose proposta dall’onorevole Basso, ma non quella di «degne» o «meritevoli» proposta dall’onorevole Cevolotto. Mentre il concetto di «bisognose» è facile a definirsi, non lo è altrettanto quello di «degne» o «meritevoli», che implica un giudizio morale non facile a darsi.

Per quanto riguarda l’osservazione dell’onorevole De Vita che le famiglie meno abbienti sono quelle che si costituiscono più facilmente, riconosco la verità di questa affermazione, ma osservo che appunto queste famiglie meno abbienti vivono molte volte in condizioni di estrema povertà e pertanto si rende necessario che lo Stato intervenga per cercare di alleviarne le condizioni di disagio.

Il 7 Novembre 1946

Il presidente dà lettura del seguente articolo formulato dai relatori onorevoli Corsanego e Iotti, con la partecipazione dell’onorevole Moro, facendo però notare che l’accordo è intervenuto soltanto sulla prima parte:

“Il matrimonio è basato sul principio dell’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi (vedi art. 29), ai quali spettano il diritto e il dovere di alimentare, istruire ed educare la prole. Lo Stato sorveglia e, occorrendo, integra l’adempimento di tale compito. La legge regola la condizione giuridica dei coniugi, allo scopo di garantire l’unità della famiglia” (vedi art. 29).

Intervento di Giorgio La Pira

Pur essendo perfettamente d’accordo sul criterio dell’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, desidererei che fosse messa maggiormente in luce la posizione preminente del padre di famiglia, come capo dell’organismo familiare.

Tale posizione di primus inter pares, è posta in rilievo dalla seconda parte dell’articolo, secondo la quale la legge regola la condizione giuridica dei coniugi allo scopo di assicurare l’unità della famiglia.

Perciò, essendo le due parti solidali tra loro, dichiaro di non poter accettare la prima, se non sarà parimenti approvata la seconda.

Di fronte alla preoccupazione del presidente e dell’onorevole Grassi [ l’espressione “Lo Stato sorveglia e integra l’adempimento del compito familiare” può ricordare l’analogo articolo del Codice civile del tempo fascista] ed alle argomentazioni dell’onorevole Moro, penso che sarebbe opportuno trovare una formula la quale, mentre contempli quei casi-limite ( un eventuale intervento dello Stato per ragioni economiche e morali, come ad esempio nel caso di famiglie che abbandonino la loro prole in mezzo alla strada ) cui ha accennato l’onorevole Moro, salvaguardi del pari l’autonomia della famiglia.

 Il presidente mette ai voti la prima proposizione dell’articolo così formulata:

“Il matrimonio è basato sul principio della eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, ai quali spettano il diritto e il dovere di alimentare, istruire ed educare la prole” (vedi art. 30, 1.c.)

Intervento di Giorgio La Pira

Voto a favore della formula, ma ripeto che il principio dell’uguaglianza morale e giuridica dei coniugi, che accolgo, va integrato con l’altro principio che fa del pater familias il primus inter pares, responsabile del gruppo familiare.

 Propongo la seguente formula sostitutiva, nella quale è sempre compreso il concetto del padre di famiglia primus inter pares: «La legge regola la condizione giuridica dei coniugi allo scopo di garantire l’indissolubilità del matrimonio e l’unità della famiglia».

 Indipendentemente dal principio religioso dell’indissolubilità del sacramento, la sua proposta è basata sul fatto che effettivamente gli studi più recenti di cattolici e non cattolici nel campo biologico, fisiologico e sociologico, hanno dimostrato sempre più come il principio dell’indissolubilità sia corrispondente alla struttura e alle finalità che il matrimonio si propone di raggiungere.

 A questo motivo di carattere razionale ne aggiungo uno di carattere legislativo, nel senso che sia l’attuale legislazione russa che molte altre Costituzioni moderne, si sono orientate verso l’affermazione del principio dell’indissolubilità del matrimonio.

 Perciò, per ragioni scientifiche, legislative e storiche, ritengo che tale principio debba essere affermato nella Costituzione italiana, se si vuole veramente costruire una società nella quale non valga più il principio individualistico, ma quello della responsabilità sociale.

Per quanto sia stato affermato che non si farà cenno al divorzio né nella Costituzione, né nella futura legislazione, sono dell’avviso che bisogna dare al legislatore una indicazione che limiti la sua volontà in questo campo.

Come credente, poi, non posso tacere il principio religioso, secondo il quale quos Deus conjunxit, homo non separet.

 Intervento di Giorgio La Pira

 Pur essendo d’accordo con l’onorevole Mastrojanni che la legge regola i rapporti familiari, pongo in evidenza che quando nell’interno di un organismo, come la famiglia, si ha una pluralità di rapporti, è necessaria anche l’unità, la quale presuppone dei rapporti organicamente concepiti.

A mio parere, occorre guardare il problema da due punti di vista. Il primo punto di vista è quello del popolo italiano, che attende su tale argomento una parola precisa che affermi l’indissolubilità del matrimonio.

Il secondo punto di vista si basa su due altre ragioni: una riguarda la mia posizione da cristiano, per cui non posso fare a meno di insistere nella mia richiesta; l’altra è di natura razionale, perché effettivamente, a prescindere dal fattore religioso, sono persuaso, seguendo gli studi di questi ultimi venti anni, che vi è un’affermazione sempre più decisa nel campo scientifico verso l’indissolubilità del matrimonio considerato come elemento strutturale della famiglia. Invito pertanto la Sottocommissione a superare la questione dei partiti, in modo che la tesi affermata non sia quella della democrazia cristiana, ma di tutto il popolo italiano.

 Il presidente propone una breve sospensione per dare modo ai Commissari di trovare una formula conciliativa.

Alla ripresa della seduta comunica che, malgrado gli sforzi condotti con notevole e accentuato proposito di tutte le parti di trovare una formula che potesse soddisfare le diverse esigenze, non si è potuto arrivare ad una intesa. Propone, pertanto, di rinviare la discussione di questa ultima parte dell’articolo alla prossima seduta e di iniziare la discussione del successivo articolo, così formulato:

“Lo Stato provvederà ad una adeguata protezione morale e materiale della maternità, dell’infanzia e della gioventù, istituendo gli organismi necessari a questo scopo”.

Intervento di Giorgio La Pira

Pur essendo favorevole a che lo Stato provveda alla protezione morale e materiale della maternità e dell’infanzia, per quanto riguarda la gioventù ho anch’io il dubbio che si possa far rinascere una organizzazione come quella dell’opera nazionale Balilla. Sopprimerei quindi le parole: “e della gioventù”.

 13 Novembre 1946

Il presidente ricorda la formula presentata dall’onorevole La Pira: «La legge regola la condizione giuridica dei coniugi allo scopo di garantire l’indissolubilità del matrimonio e l’unità della famiglia» e domanda ai correlatori quale risultato abbia avuto il loro ulteriore tentativo di accordarsi su una formula diversa.

Il presidente apre la discussione sulla formula proposta dall’onorevole La Pira.

 Intervento di Giorgio La Pira:

 Non posso accettare una qualunque formula che permetta al futuro legislatore di introdurre il divorzio nella legislazione italiana. Prendo atto che i Commissari comunisti, socialisti e demo-laburisti hanno dichiarato che il divorzio non sarà proposto né in sede di Costituzione  né in sede di Codice civile, ma faccio presente, poiché si è in sede di Costituzione e si vuol dare una direttiva al legislatore, che per i democristiani è assolutamente necessaria l’affermazione del principio dell’indisso-lubilità del matrimonio enunciato nella formula da me proposta: esso rappresenta un principio fondamentale ed è la ragione stessa per cui i deputati democristiani sono stati eletti alla Costituente.

I democristiani ritengono il matrimonio indissolubile, non solo perché è un sacramento, ma anche per ragioni di ordine naturale che concernono la struttura stessa del matrimonio.

Una volta che il matrimonio è avvenuto, esso è, per legge di natura, indissolubile. Dichiaro di aver ritenuto indispensabile precisare questo concetto, anche se ciò potrà dispiacere ai Commissari che sono di diverso parere”.

Anche il matrimonio celebrato fuori del rito della chiesa deve essere considerato indissolubile … Parlare di indissolubilità del matrimonio significa non ammettere la possibilità di divorzio.

A cura di Antonino Giordano

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