Viviamo in un mondo in continuo contatto con il prossimo, con il quale spesso dobbiamo relazionarci per organizzare attività, per raggiungere obiettivi o semplicemente per convivere in un sereno e costruttivo rispetto di una serenità e di prospettive di vita sociale, nei diritti e nei doveri, ma anche nella solidarietà.
Sentiamo spesso parlare di leader e leadership e di empatia, ma vediamo come a mio avviso si possano inquadrare questi importanti temi.
Leader e leadership
Più per il termine leader, il primo pensiero ci conduce ad un ruolo all’interno di una comunità o organizzazione, ruolo di guida o di comando, nel senso di essere capo nell’impostazione di linee guida per raggiungere insieme un obiettivo comune, anche imponendolo, per interessi superiori all’interesse del singolo.
Nel ruolo di leader la capacità di comando può essere legata ad un’attitudine anche autocratica o burocratica, mentre più importante è capire se l’essere leader porta con sé anche una leadership riconosciuta, cioè un’approvazione, se non per motivi personali, anche nell’interesse superiore di una comunità.
Essere leader può essere scomodo, non necessariamente semplice e non necessariamente il leader punta ad un proprio personale successo. Egli deve guardare all’obiettivo superiore nell’interesse il più diffuso e riconoscibile possibile.
Gli estremi di questo ruolo possono essere rappresentati dalla imposizione ferrea di regole alla comunità, sacrifici personali anche pesanti, limiti alla libertà dell’individuo ed in momenti o regimi speciali, prevedere anche deterrenti, come sanzioni e punizioni.
Gli estremi opposti possono essere la dittatura, o la democrazia popolare.
La leadership è però anche sostenuta in genere dalla capacità o attitudine ad essere “trainanti”, generare acquiescenza, anche passione, che è trasporto coinvolto, convinto, che trascina, ma soprattutto si lega alla conoscenza, esperienza, ai Valori ed alla cultura, che sono visibili, riconoscibili, traspaiono nel modo di presentarsi ed essere.
Grandi leader possono essere riconosciuti ed apprezzati subito, non appena appaiono, o emergere nella lunga presenza nel tempo, con coerenza, con rispetto, nell’azione, al di là sempre di interessi personali, indirizzata ad utilità comune.
Si riconoscono nella storia leader indiscussi molto diversi, anche in relazione ai vari contesti nei quali erano immersi, nella povertà dell’ambiente sociale, nella enorme dedizione al prossimo, nel rigore anche eroico di testimoniare e combattere una piaga sociale, con i Valori che hanno posto l’uomo al centro, la natura, la pace.
Penso a Ghandi, penso a Santa Maria Teresa di Calcutta e spesso il termine leader può sembrare al limite, nella silente opera di guida morale, piuttosto che nella imposizione, nell’eroismo di chi ha sofferto sulla sua pelle, senza mai cedere di fronte a Valori irrinunciabili.
Spesso si sconfina da leadership in eroismo, in santità.
Molti altri esempi sono possibili, come per esempio Alcide Degasperi, o John Kennedy, personalità molto diverse, in contesti e responsabilità molto diverse, ma hanno rappresentato un mondo, un’epoca, delle scelte importanti, un popolo che li ha ascoltati e seguiti, senza oggi esprimere un giudizio, ma il segno nella storia.
Empatia
Nella sua The Theory of Moral Sentiments, pubblicata nel 1759, il padre dell’economia classica Adam Smith delinea un’idea di società fondata sui sentimenti, ossia sulla capacità interumana di condividere e capire le emozioni e i sentimenti dell’altro.
«Per quanto egoista si possa ritenere un uomo – scrive Smith – ci sono evidenti principi nella sua natura per cui è interessato alle sorti del prossimo e che gli rendono indispensabile l’altrui felicità, benché egli non ne guadagni nulla se non il piacere di contemplarla».
Per Adam Smith questa capacità di interessarsi alle sorti dell’altro ha un nome: simpathy, simpatia. Smith distingue sympathy da compassion o pity. Alla base della ricchezza delle nazioni – come recita il titolo dell’opus majus di Smith, An Inquiry into the Nature and Causes of the Wealth of Nations pubblicata il 9 marzo 1776 – e del pensiero economico moderno c’è, dunque, quella capacità di costruire relazioni interpersonali in un sentire l’altro che, oggi, con un termine divenuto corrente chiamiamo empatia.
Si passa qui dal riferimento alla capacità di guidare del leader, con un’autorità riconosciuta, con un utile superiore condiviso, all’occuparsi, interessarsi, preoccuparsi dello stato d’essere di un individuo, al quale ci si vuole avvicinare, al quale si desidera far sentire la propria presenza di supporto ed aiuto, anche solo psicologico o morale.
Qui la cultura, la formazione si contrappongono, non si sostituiscono, alla semplicità del venire incontro, anche nel silenzio, nel non offrire guida, ma supporto, sostegno, ascolto, ma completano.
Quindi appunto si sottolinea la capacità di costruire relazioni dove si fa sentire l’altro altrettanto importante, considerato ed amato.
Da “simpatia” si passa quindi al termine “empatia”, in funzione della capacità di entrare in un rapporto di comune condivisione di gioia e sofferenza, aspettative, preoccupazioni, senza anteporre l’”io”, ma l’altro, o l’”insieme”. L’insieme in mezzo alla gente, come di recente ha auspicato Papa Francesco a Verona al Festival della Dottrina Sociale della Chiesa.
I Valori, le responsabiltà, l’etica, il coraggio di osare, l’intraprendere
Certamente occorrerebbe approfondire molti altri aspetti legati indissolubilmente al significato di leader empatico, mettendo quindi insieme moltissime doti o sfaccettature.
Mi preme dire qui solamente che è importante “tendere” alla completezza in un mixi di impegno con un obiettivo di essere sempre più attenti, presenti, propositivi, inclusivi degli interessi del prossimo, nel rispetto delle risorse umane e della natura, puntando alla completezza umana nell’utilizzo dei propri talenti messi a disposizione dei propri cari, della propria famiglia, ma contemporaneamente con equilibrio del prossimo.
La Politica
La Politica con la “P”maiuscola se mette insieme leadership, empatia, Valori ed impegno, rispetto e responsabilità sociale, ascolto ed inclusione, è l’anima della società organizzata, sia in un contesto locale, che nazionale e richiede dedizione e capacità, non solo consenso elettorale.
Non tutti sono leader, non tutti lasciano dietro a se traccia, ma tutti siamo chiamati ad esserci.
In conclusione,
è difficile giudicare oggi i così detti leader nelle loro responsabilità, perché andrebbero posti alla base il senso civico, i Valori preminenti, quali certamente salute, ma anche economia sociale, guardando alle famiglie, ai lavoratori, agli imprenditori, che rischiano con il loro impegno anche sempre il loro futuro.
Bisognerebbe guardare con enorme riconoscenza e quindi massima attenzione ai ruoli professionali eroici di tutti coloro che sono al servizio del prossimo, nella sanità, ma non solo, nei servizi indispensabili, nel sostegno sociale, ecc.
Chi di noi può giudicare nell’emergenza?
Non ci rimane che il nostro dovere ed impegno, di essere nel nostro piccolo leader empatici, responsabili, impegnando i nostri talenti, rispettando con senso civico le regole comuni.
Alberto Berger