Il Presidente Mattarella è ancora una volta l’unico punto di repere di cui il Paese disponga. Cioè, come lo chiamano i chirurghi, quel solo punto fisso che consente di rintracciare, con un alto grado di probabilità, la posizione anatomica di altri organi. Consentendo di intervenire ed operare non brandendo il bisturi alla cieca, ma con razionalità e cognizione di causa. Avendo come solo obiettivo la guarigione del paziente o almeno la sua sopravvivenza.

Per la verità, la Costituzione ne prevede un secondo, sovraordinato ad ogni altro: la sovranità popolare. La quale resta altrettanto ferma in termini di principio e di diritto, ma è stata largamente saccheggiata da un sistema politico insensato e del tutto incapace di interpretare quel pluralismo multiforme che rappresenta la vera ricchezza del nostro Paese.

La pochezza politica di Conte è fuori discussione:  il classico generale che insegue la truppa. Altrettanto fuori discussione è l’irresponsabilità e la dabbenaggine politica dei 5 Stelle. Eppure, erano stati evocati – almeno fino ad un mese fa o poco più – come quell’ ennesima “costola della sinistra” che avrebbe concorso alla strategia “progressista” del campo largo. E Conte come uno dei due Dioscuri di un tale disegno.

Ci sono situazioni di tale degrado cui, pure, non è negata la possibilità di un riscatto purché il primo passo di un tale cammino consista nel vergognarsi di sé stessi. E’ quello che dovrebbero fare i 5 Stelle. Sono entrati così copiosamente in Parlamento non grazie ad un programma politico che non hanno mai avuto, ma sull’ onda di un sentimento di odio, di disprezzo, di dileggio dissacrante nei confronti di tutto e di tutti che hanno seminato istericamente ovunque, spinti da un moralismo indecente che oggi ricade pesantemente su di loro. Hanno mantenuto la promessa di aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno, senonché ci si sono chiusi dentro a tripla, quadrupla mandata. In definitiva, infatti, il loro vero tormentone, la madre di tutte le battaglie altro non è se non il “doppio mandato”, cioè qualcosa che attiene il destino personale di qualche decina di parlamentari uscenti. Perfino il “termovalorizzatore” rischia di essere un argomento decente, a fronte di un tale squallore. E cosa c’è di più immorale che non piegare al proprio gretto tornaconto la vicenda politica del Paese in una fase di tale pericolosa difficoltà interna ed internazionale?

Ovviamente, il giudizio pesantemente negativo che i 5 Stelle hanno maturato sul campo coinvolge pienamente, da cima a fondo, anche Di Maio. Ne ha inanellate tali e tante che è bene, ad ogni modo, tenersene alla larga, anche se c’è chi vorrebbe proclamarlo “santo subito”. Probabilmente ha cambiato “coach” e per quanto vi sia, forse, un “uomo che suggerisce a Di Maio”, particolarmente dotato in termini politici – vecchia razza democristiana ? – la stoffa del personaggio resta quella delle prime origini. Ad ogni modo, in questo momento il Senato ancora non ha votato ed è giusto seguire gli sviluppi della situazione senza acrimonia e senza pregiudizi.

A Draghi è giusto, intanto, rivolgere un ringraziamento sincero per quello che ha fatto fin qui. Non le ha imbroccate tutte, soprattutto al momento dell’ elezione del Presidente della Repubblica, ma ha messo in gioco, coraggiosamente, il suo prestigio, anche internazionale, a servizio di un Paese che, a prescindere dal ruolo, ha ancora bisogno di lui.

Preme ancora un punto da sviluppare in altra occasione: ora comincerà il gioco del cerino, molti si chiameranno fuori, tanto più che è così facile, a fronte dell’ opinione pubblica, lasciare che sia Conte a bruciarsi le dita. Eppure, se l’Avvocato del Popolo merita un’ attenuante – e di grande rilievo – questa risale alla patologia di un sistema politico insano, la cui responsabilità risale ben oltre le stesse politiche del 2018, per quanti taluni vorranno attestare qui la linea del Piave della loro difesa.

Domenico Galbiati

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