Ho letto e riletto  con attenzione il copioso e generoso articolo di qualche giorno fa di Vittorio Feltri: “Ecco il segreto del successo di Giorgia Meloni”. Non soltanto perché fui chiamato ad un incarico di responsabilità istituzionale nel  secondo governo Berlusconi a Palazzo Chigi di cui faceva parte anche lei, bensì per l’autorevolezza dell’autore che, peraltro non esplicitandone il vero segreto, non mi ha convinto abbastanza. Intanto, perché dimentica (o forse sottovaluta) che sia la leader di FdI, sia il suo amico/avversario leghista, Matteo Salvini, sono due politici di professione (la qual cosa non li nobilita), non avendo fatto altro nella vita (entrambi diplomati, lui pure incoerente dato che aveva iniziato con idee di sinistra).

Si ricordi, invece, che in giovanissima età la più “votata del reame” ha ricoperto ruoli nelle più disparate formazioni giovanili della Destra italiana: già eletta consigliere provinciale a soli 21 anni, deputata a 29 e, addirittura, Vicepresidente della Camera (mi risulta la più giovane in assoluto) e a 31 ministro della Gioventù, incarico del quale non v’è traccia di iniziative di qualche rilievo.

“Donna coraggiosa, onesta”, definizione feltriana che non eccepisco, mentre egli aggiunge “salda all’opposizione”. Ma proprio questo è il punto: la difficoltà di passare dalla (facile) contestazione/protesta “tout court” alla proposta o, meglio, al progetto di un sistema-Paese disegnato, messo a punto ed eseguito da una “squadra” di personalità, cioè economisti, giuristi, scienziati ed esponenti della cultura cui si potrebbe affidare una volta che salga al Primo piano del “Palazzo”. Il neopolitico Feltri non è esaustivo neanche nell’affermare che “non è assolutamente fascista …”, oltre a non essere “una donna qualunque” (questa affermazione poteva risparmiarsela, nessuno lo pensa, né l’ha mai detto!); tant’è che egli ribadisce “in Europa si sono accorti di lei prima di noi” (ma forse prima di lui, visto che a suo tempo non gli era “simpatica” e la definiva una “poveraccia”). Si riferisce, probabilmente, al fatto che ella ha fondato “Alleanza per l’Europa delle nazioni”? Con quali risultati non è dato sapere.

Inoltre, non posso che esser d’accordo (come la gran parte della gente) a proposito del “suicidio” politico di Fini nel braccio di ferro con lo storico leader del centrodestra e il pericoloso sbandamento a sinistra dopo che aveva mal interpretato il progetto di Tatarella “oltre il polo” (aspetto da me accennato nel libro autobiografico “Una vita nel Palazzo”, edito da Gangemi).

Ecco, ora, le critiche che vengono mosse alla nuova Stella del conservatorismo nazionale sono soprattutto di inadeguatezza rispetto ad un progetto complessivo ed organico per il Governo del Paese.

Tante idee, più che altro contrarie a qualcosa, alla legge Cirinnà, alla figura del Senatore a vita o per l’eliminazione del “Patto di bilancio europeo”, assurto a rango di norma costituzionale, oppure quella del rafforzamento dell’istituto della legittima difesa, a dir il vero da sempre cavallo di battaglia dei leghisti. Ma va ricordata anche l’ambigua posizione assunta in merito alla riforma Fornero: prima condivisa e votata in Parlamento, osteggiata a parole una volta approvata!

Infine, parliamo pure della Giorgia romana della Garbatella (ma non “de Roma”, perché di origini sarde e siciliane), di cui non dimentichiamo la sonora sconfitta quale candidata sindaco della Capitale con un misero 27% nel 2016; e tanto peggio nell’inventarsi dal nulla la sua creatura di improbabilissimo candidato come l’onesto avvocato Michetti, di cui si sono perse le tracce, persona simpatica e pur tuttavia  “un marziano a Roma” – mutuando la definizione dall’intellettuale Flaiano – che non è stato lealmente sostenuto dai partiti della sua stessa compagine, fors’anche perché troppo vicino alla Meloni, di cui risulterebbe amico di famiglia.

Il problema vero e non indifferente sotto l’aspetto del sistema democratico che ci sta più a cuore è il fatto che l’attuale Consiliatura in Campidoglio andrà avanti “senza colpo ferire” in assenza di un’opposizione degna di qualsiasi assemblea legislativa con un Gruppo consiliare presieduto – udite, udite! – da Giovanni Quarzo, assistito meravigliosamente da tale Rachele Mussolini, e rafforzati (si fa per dire …) dallo spartissimo gruppo pseudo-leghista composto da Simonetta Matone più uno. E questo tipo di visione o modus operandi non sembra affatto illuminato, né tanto meno promettente, specialmente per noi romani, oberati se non schiacciati quotidianamente da una valanga di “emergenze” e viepiù privi una qualsiasi rappresentanza e tutela politica dei diritti di “cives romani”.

Michele Marino

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