Aperitivo INSIEME – giovedì 25 febbraio 2021 (ore 18,15 -20,00)

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La politica promuova la bellezza”

L’opera “MORO” (dialoghi con il compositore Andrea Mannucci e il librettista Marco Ongaro sulla tragedia di Aldo Moro e degli uomini di scorta allo statista).

Vespro universale” (cantata composta da Andrea Mannucci, sul testo della preghiera di Papa Francesco del 27 marzo 2020).

Perch’i’ no spero di tornar giammai” La ballatetta, in Toscana, di Guido Cavalcanti.
(Recita e commento di Gianni de Lellis, attore “Compagnia teatrale G. Lavia”)

Il mondo sia salvato dalla bellezza. La poesia, scrive G. De Lellis, rivela che la bellezza vivrà nonostante la morte del poeta. La politica ascolti la voce degli artisti che con acuta e delicata passione aiutano a non scordare le tragedie del passato, quelle del presente ed invitano ad avere speranza coltivando con arte ogni genuina bellezza.

In questi giorni il mondo della musica italiana ha manifestato in Piazza Duomo a Milano, per denunciare cosa sta succedendo a un’intera industria messa in crisi dalla pandemia.  Per una decina di minuti tecnici del suono, manager discografici e artisti, come Diodato, Lodo Guenzi, Manuel Agnelli, Ghemon, Levante e tanti altri, si sono disposti in silenzio al centro della piazza milanese, tutti vestiti di nero a lutto. “Ci siamo resi conto che, al netto dell’emergenza sanitaria, siamo esclusi come lavoratori”– dice Anna Rita Masullo, che fa parte del neonato coordinamento “La musica che gira”. La protesta invoca maggiore attenzione nei confronti  dell’intero comparto cultura, che produce circa il 16% del pil ed impiega oltre un milione di lavoratori. I manifestanti, sottolineando il valore sociale ed economico del lavoro artistico, hanno  chiesto al governo Draghi di convocare gli stati generale dell’economia: “E’ sbagliato pensare che la cultura sia un peso per l’Italia, non è corretto”.

Facendo propria l’ansia di coloro che con acuta e delicata passione artistica ci aiutano a non scordare le tragedie del passato e quelle del presente e ci insegnano ad avere speranza, coltivando con arte ogni genuina bellezza, INSIEME nell’incontro di giovedì prossimo, 25 febbraio, vuole dare voce a tre grandi artisti: Gianni de Lellis, Andrea Mannucci e Marco Ongaro.

“Il mondo sia salvato dalla bellezza!” – è il messaggio che Gianni de Lellis affiderà alla poesia “La ballatetta, in Toscana” di Guido Cavalcanti (Firenze 1258 – 1300). In proposito egli dichiara: “Qui il poeta, probabilmente  prossimo alla sua morte corporale, affida alla lirica (ballatetta) l’ultimo messaggio d’amore affinché sopravviva. Fino all’ultimo respiro il poeta si affida all’arte, impersonata dalla bellezza femminile. L’arte  colma di bellezza, continuerà ad esistere oltre la morte”. Figlio di un Presidente di Corte d’Assise, racconta: “Mio padre esercitava la sua professione in un tempo in cui i processi erano allestiti con il gabbio e l’imputato dietro le sbarre; gli avvocati, a loro volta, si cimentavano nella recitazione di monologhi interpretati con enfasi, che diventavano veri e propri pezzi di teatro. Le loro dissertazioni o Arringhe venivano raccolte e pubblicate su una rivista dal titolo Eloquentia, che in modo esplicito indica quanto importante fosse l’ arte del disquisire e del ben parlare. Le Arringhe, insomma, erano dei veri e propri pezzi di teatro, inserite in un contesto scenico più o meno fisso. La rappresentazione iniziava sempre allo stesso modo, ovvero con l’ usciere che invitava a rendere omaggio alla corte annunciandone il suo insediamento sulla scena. Poi proseguiva con un susseguirsi di battute, un movimento di toghe svolazzanti, un alternarsi di discorsi altisonanti, per concludersi infine con l’ inconfutabile giudizio della corte, con cui veniva sancita la fine della rappresentazione”.

Andrea Mannucci, titolare della cattedra di Composizione al Conservatorio di Musica E.F. Dall’Abaco di Verona, racconta come è stato ispirato a comporre l’opera “Vespro universale”: “Il 27 marzo 2020 sono rimasto colpito, come milioni di telespettatori, nel seguire l’epica preghiera di Papa Francesco rivolta a Dio per invocare la fine del Coronavirus: un uomo solo sul sagrato della Basilica di San Pietro, in una piazza vuota e bagnata dalla pioggia. Le sue parole mi sono parse come macigni, come spade che trafiggono l’intimo di ogni uomo, mi è venuto naturale appropriarmene per lasciare una testimonianza musicale; da qui sono partito per scrivere uno dei miei pezzi più sentiti e emotivamente coinvolgenti. Di fronte all’impotenza della scienza e della politica bisogna riflettere”.

Dopo aver esaminato la composizione della Cantata, non ancora eseguita in pubblico a causa della pandemia, Giancarlo Rizzi (direttore d’orchestra) dichiara: “Credo che Mannucci abbia trovato una chiave musicale che rende la profondità del testo in modo totale. Il pezzo sarà di grande effetto, soprattutto perché capace di toccare il pubblico nel cuore e farci riflettere tutti sulla nostra fragilità umana, primo passo verso una consapevolezza e forse una vera rinascita”.

L’opera “Moro” è stata composta da Andrea Mannucci nel 2011, a trentatré anni di distanza da uno degli episodi più cruenti della storia politica italiana; venne eseguita in prima italiana il 12 marzo 2011 nella Cattedrale di Verona. Il libretto è stato scritto da Marco Ongaro, cantautore, poeta e scrittore veronese.  Narra uno degli episodi più emblematici degli ‘anni di piombo’: il rapimento (16 marzo) e l’assassinio (9 maggio) di Aldo Moro nel 1978. L’immagine dell’uomo politico durante la tragedia viene trasfigurata in una dimensione spirituale, che trascende non solo gli opposti schieramenti politici, ma anche le diverse concezioni confessionali, raggiungendo al culmine l’universalità che lega Cristo a Socrate e i massimi valori classici a quelli della cristianità. La forma di tragedia classica assunta dal testo teatrale persegue questo spunto unificatore. L’Angelo e Cassandra, unici personaggi a dialogare con Moro nel suo angusto carcere, rappresentano tale dualità e tale identità sostanziale. La morte non è una questione politica né di confessione, la morte riguarda tutti; ognuno di noi alla fine vi si troverà davanti, con maggiore o minore dignità. Nella tragedia, classica o moderna, non c’è spazio per le polemiche. È qui che la figura di Moro diventa modello simbolico, emblema del passaggio umano dalla prigionia corporale all’infinita libertà dell’essere. Nell’accettazione di tale passaggio, dopo la sofferenza dell’immancabile bilancio di una vita e del distacco dagli affetti, la persona, il suo intelletto e la sua spiritualità ne escono rafforzati, ben oltre i vacui destini del mondo materiale. Una lettera non spedita e l’ultima lettera di Moro compaiono, parafrasate poeticamente, in due diverse scene del testo, che in generale è espressione lirica di una riflessione umana sull’immanenza e la trascendenza, a  cui l’arte da sempre s’ispira e verso cui sempre tende. Non una discesa agli inferi, ma un viaggio verso l’alto, che vede nell’Amore, proprio come recita l’ultima missiva del Presidente, l’unico elemento davvero importante.

Va ricordato che giovedi scorso, 18 febbraio, sono stati ospiti di INSIEME gli attori Enzo Rapisarda e Rita Vivaldi (Nuova Compagnia Teatrale). In quell’occasione hanno interpretato in video-diretta un breve ma significativo momento scenico del dramma “L’Onorevole” di Leonardo Sciascia. Il frammento è stato  commentato da Enzo, per far comprendere quanto la politica debba essere attenta all’arte.

Mario Rossi

 

 

 

 

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