Papa Francesco è intervenuto ieri, in riferimento al Vangelo della messa domenicale, per parlare della “porta stretta”. Angusta, difficile da oltrepassare per quel carico di sacrificio richiesto, ma aperta a tutti coloro che quel passaggio, invece, rendono più agile compiendo gesti di quotidiana fraternità.
E’ una questione inevitabilmente destinata a riverberarsi anche sul piano della politica e dell’impegno pubblico attraverso cui i “gesti” hanno occasione di diventare un ben più significativo fenomeno collettivo nel riguardare una dimensione più ampia e, forse, più duratura e in grado, in ogni caso, di andare nel profondo di un intero corpo sociale.
In questo senso, tanti sono gli aspetti che richiamano il passo verso la “porta stretta”. Ve ne è uno in particolare che sembra provocare un’attuale ulteriore ristrettezza per tutto ciò che riguarda la tutela del Creato di cui l’umanità deve obbligatoriamente farsi carico perché riferito ad un suo interesse diretto ed immediato. E questo a seguito delle conseguenze della pandemia che sembrano provocare arretramenti e ritardi su quel progetto cui hanno lavorato molti avvertiti governanti e da cui dipendono in buona parte anche il futuro dell’umanità, le sue condizioni di salute oltre che l’intera economia.
Con la Laudato si’ (CLICCA QUI) emergono con chiarezza le connessioni molteplici ed articolare che definiscono la questione ambientale e la relativa esigenza d’incamminarci lungo una transizione capace di esprimere la carica e la vitalità di una trasformazione in grado d’investire l’aspetto ecologico e la tutela della natura, quello dei modelli di sviluppo e, persino, ciò che possiamo definire la visione antropologica su cui un’umanità consapevole non può rimanere indifferente.
Non è un caso se mons Giuseppe Pennisi, vescovo emerito di Monreale, intervenendo su Interris (CLICCA QUI) rimandi all’affermazione di Francesco sul fatto che l’andare oltre l’uso dei combustibili fossili costituisca “un chiaro messaggio diretto a investitori, amministratori delegati e leader politici affinché accelerino la rivoluzione energetica verso fonti pulite. La questione dell’energia è interconnessa ed interdipendente con altre questioni non meno rilevanti e decisive per la vita e la sua qualità, come: la salvaguardia dell’ambiente, la sostenibilità delle città, la sicurezza alimentare, i modelli di sviluppo economico, la pace”.
Quella dell’energia è una delle questioni centrali della Pace. Le vicende conseguenti alla guerra d’Ucraina lo stanno a dimostrare e a confermare. E, come sostiene il vescovo siciliano, è necessario “che l’energia sia pensata, prodotta, distribuita, usata secondo un nuovo paradigma, più rispondente all’essere dell’energia e delle persone. Ossia un paradigma che ne valuti la particolare densità antropologica e la consideri bene a destinazione universale, per la realizzazione del bene comune mondiale, ossia del bene dei popoli, implicante solidarietà, sostenibilità dello sviluppo ed inclusività per tutti”.
“Ogni domanda sull’energia – sostiene mons Pennisi – è, in maniera più o meno diretta, una domanda sull’uomo e sul suo sviluppo. Un nuovo paradigma dell’energia postula un nuovo paradigma culturale, sociale e politico. Nell’ottica di una transizione giusta e socialmente sostenibile le comunità energetiche diventano anche uno strumento di creazione di reddito che può sostenere fedeli, parrocchie, case famiglia, comunità famiglia e comunità locali come già dimostrato da alcune buone pratiche realizzate o in via di realizzazione nei territori”.