Pubblichiamo la seconda parte della nota elaborata dal prof Flavio Felice da coordinatore del  Dipartimento Scuola di Insieme. Per la prima parte CLICCA QUI 

 

Una domanda ai politici di sinistra da sempre ostili all’idea del “buono-scuola”: ma quando riuscirete ad aprire gli occhi e capire che il “buono-scuola” è una carta di liberazione per le famiglie meno abbienti? E una domanda ai politici liberali e a tutti gli altri sedicenti tali: uno Stato nel quale un cittadino deve pagare per conquistarsi un pezzo di libertà è ancora uno Stato di diritto?

  1. La questione se lo Stato di diritto possa avanzare la pretesa del monopolio statale nella gestione della scuola è, dunque, un problema ineludibile. Di seguito, alcune proposte “classiche” a tale nevralgico interrogativo:

Alexis de Tocqueville: «[…] voglio che si possa organizzare accanto all’Università una seria concorrenza. Lo voglio perché lo richiede lo spirito generale di tutte le nostre istituzioni; lo voglio anche perché sono convinto che l’istruzione, come tutte le cose, ha bisogno, per perfezionarsi, vivificarsi, rigenerarsi all’occorrenza, dello stimolo della concorrenza».

Antonio Rosmini:«I padri di famiglia hanno dalla natura e non dalla legge civile il diritto di scegliere per maestri ed educatori della loro prole quelle persone nelle quali ripongono maggiore confidenza».

John Stuart Mill: «Le obiezioni che vengono giustamente mosse all’educazione di Stato non si applicano alla proposta che lo Stato renda obbligatoria l’istruzione, ma che si prenda carico di dirigerla: è una questione completamente diversa».

Antonio Gramsci: «Noi socialisti dobbiamo essere propugnatori della scuola libera, della scuola lasciata all’iniziativa privata e ai Comuni. La libertà nella scuola è possibile solo se la scuola è indipendente dal controllo dello Stato».

Bertrand Russell: «Lo Stato è giustificato nella sua insistenza perché i bambini vengano istruiti, ma non è giustificato nel pretendere che la loro istruzione proceda su un piano uniforme e miri alla produzione di una squallida uniformità».

Karl R. Popper: «L’interesse dello Stato non deve essere invocato a cuor leggero per difendere misure che possono mettere in pericolo la più preziosa di tutte le forme di libertà cioè la libertà intellettuale».

Luigi Einaudi: «In ogni tempo, attraverso tentativi ed errori, ognora rinnovati, abbandonati e ripresi, le nuove generazioni accorreranno di volta in volta alle scuole le quali avranno saputo conquistarsi reputazione più alta di studi severi e di dottrina sicura».

Luigi Sturzo: «Ogni scuola, quale che sia l’ente che la mantenga, deve poter dare i suoi diplomi non in nome della Repubblica, ma in nome della propria autorità».

  1. È del 14 marzo 1984 la Risoluzione “sulla libertà di insegnamento nella Comunità europea”. Con essa il Parlamento europeo ha inteso rendere chiaro che «il diritto alla libertà di insegnamento implica per sua natura l’obbligo per gli Stati membri di rendere possibile l’esercizio di tale diritto anche sotto il profilo finanziario e di accordare alle scuole le sovvenzioni pubbliche necessarie allo svolgimento dei loro compiti e all’adeguamento dei loro obblighi, in condizioni uguali a quelle di cui beneficiano gli istituti pubblici corrispondenti senza discriminazione nei confronti degli organizzatori, dei genitori, degli alunni e del personale». Successivamente, il 4 ottobre 2012, una ulteriore Risoluzione del Parlamento europeo stabilisce: «1. L’Assemblea parlamentare richiama che il godimento effettivo del diritto all’educazione è una condizione preliminare necessaria affinché ogni persona possa realizzare ed assumere il suo ruolo all’interno della società. Per garantire il diritto fondamentale all’educazione, l’intero sistema educativo deve assicurare l’eguaglianza delle opportunità ed offrire un’educazione di qualità a tutti gli allievi, con la dovuta attenzione non solo di trasmettere il sapere necessario all’inserimento professionale e nella società, ma anche i valori che favoriscono la difesa e la promozione dei diritti fondamentali, la cittadinanza democratica e la coesione sociale. A questo riguardo le autorità pubbliche (lo Stato, le Regioni, e gli Enti locali) hanno un ruolo fondamentale e insostituibile che garantiscono in modo particolare attraverso le reti scolastiche che gestiscono; 2. È a partire dal diritto all’educazione così inteso che bisogna comprendere il diritto alla libertà di scelta educativa».

Ebbene, nei Paesi post-comunisti entrati nell’Unione Europea – come nel caso di Slovenia, di Slovacchia, Repubblica Ceka, Polonia – la parità tra scuole statali e scuole non statali è stata introdotta in modo pieno. Questa, per scuola non statale, la situazione nei Paesi della Vecchia Europa: in Belgio gli stipendi di tutto il personale sono a carico dello Stato; in Spagna sono a carico dello Stato tutte le spese; in Portogallo è erogato dallo Stato l’equivalente del costo medio di un alunno di scuola statale; in Lussemburgo sono a carico dello Stato tutte le spese; in Inghilterra nelle maintained schools sono a carico dello Stato tutti gli stipendi e le spese di funzionamento, oltre all’ 85% delle spese di costruzione; in Irlanda le spese di costruzione degli immobili sono a carico dello Stato, in misura completa per le scuole dell’obbligo e dell’ 88% per le scuole superiori; in Germania sono a carico dello Stato e delle Regioni (Länder) lo stipendio dei docenti (85%), gli oneri previdenziali (90%), le spese di funzionamento (10%) e la manutenzione degli immobili (100%); in Francia sono possibili quattro alternative: a) integrazione amministrativa, con tutte le spese a carico dello Stato; b) contratto di assunzione, con spese di funzionamento e per i docenti a carico dello Stato, a condizione che i docenti abbiano gli stessi titoli dei colleghi statali; c) contratto semplice, con spese per il solo personale docente a carico dello Stato; d) contratto di massima libertà che non prevede alcun contributo.

  1. Dove il diritto alla parità tra Scuola statale e Scuola non statale è stato e viene tradito è in Grecia e in Italia. Qualche dato sulla situazione italiana. Nel 2012-2013 il totale degli studenti iscritti era di 8.943.701, di cui 7.763.964 iscritti alla Scuola statale e 1.036.403 iscritti alla Scuola paritaria. Nell’anno 2013-2014 gli studenti frequentanti la Scuola in Italia ammontavano a 8.882.905, con 7.746.270 iscritti alla Scuola statale e con 993.544 iscritti alla Scuola paritaria (di questi iscritti alla scuola paritaria 667.487 sono alunni delle Scuole cattoliche). Nei due anni scolastici 2012-2013 e 2013-2014 la spesa per ogni allievo della Scuola statale è stata rispettivamente di € 6.411,16 e di € 6.414,57; mentre il contributo medio dello Stato per ogni alunno della Scuola paritaria è stato rispettivamente di € 481,47 e di € 497,21: una autentica elemosina. E nel frattempo, in questi anni di crisi economica, molte famiglie, non potendo permettersi di pagare la retta, sono state costrette a ritirare il proprio figlio dalla Scuola paritaria e iscriverlo alla Scuola statale, con la conseguente chiusura di Scuole non statali, anche di grande prestigio. Tra il 2012-2013 e il 2014-2015 si sono perse 349 scuole e 75.146 alunni delle Scuole paritarie e 423 scuole e 48.066 alunni delle Scuole cattoliche. Nell’anno scolastico 2015-2016 sono state chiuse 45 scuole non statali.

In Italia la scuola libera è solo libera di morire. E mentre non ci sono manifestazioni sindacali, occupazioni di scuole o convegni sulla scuola in cui non vengano lanciati slogan contro la Scuola paritaria che succhierebbe risorse a scapito delle Scuole statali, non ci si rende conto che le rette pagate dalle famiglie che iscrivono i loro figli alla Scuola paritaria fanno risparmiare allo Stato circa sei miliardi di € ogni anno. E, dunque, è la Scuola paritaria a danneggiare la Scuola statale, oppure è una politica cieca e irresponsabile di destra e di sinistra – intossicata di statalismo – a danneggiare sia la Scuola statale che quella non statale?

7. Se poi ci rivolgiamo al più specifico problema dell’Università – con tutte le continue denunce di corruzione                    soprattutto in relazione ai concorsi per professore – non Le pare che la soluzione più ragionevole, per                              rimettere sulla giusta strada il nostro sistema formativo superiore, possa proprio consistere nell’abolizione del              valore legale del titolo di studio? Un governo dopo l’altro, con una riforma dopo l’altra, non hanno portato al               disastro gran parte della nostra Università? Si pensi al 3+2 applicato in maniera meccanica e non oggettiva                  (dove e solo dove davvero serviva); o si pensi alle varie proposte di regole per i concorsi – tutte fallite! con le                ultime in base alle quali Einstein non sarebbe neppure ammesso al concorso e Kant (avendo pubblicato                          monografie e non articoli su “riviste accreditate”) verrebbe sicuramente bocciato.

  1. Sono ormai decenni, nel corso dei quali si è insistito, inascoltati, contro i guai generati dal monopolio statale sulla gestione della scuola. All’inizio fu la Destra ad impegnarsi per il buono-scuola – impegno che ben presto venne tuttavia dimenticato. Nel mondo cattolico il card. Camillo Ruini si espose, con ben argomentate considerazioni, per la giusta causa di una effettiva parità tra scuole di Stato e scuole non-statali – la sua, però, fu una battaglia che non durò a lungo. La Sinistra (insieme ai fondamentalisti anticlericali e alla massoneria) è stata sempre semplicemente cieca di fronte ai danni generati dal monopolio statale nella gestione della formazione – e ciò nonostante lo scossone dato da Luigi Berlinguer con la Legge 62/2000. E a proposito di Sinistra, non va dimenticato quel battagliero comunista romagnolo il quale, parecchi anni fa, in un dibattito a Milano sulla parità scolastica, confessò pubblicamente il suo grande disagio nel constatare che alla Sinistra non fosse entrata in testa una semplice e profonda “verità di sinistra”, e cioè che l’introduzione del buono-scuola equivarrebbe ad una carta di liberazione per le famiglie meno abbienti. Insomma, quello della conoscenza è un diritto primario senza del quale una democrazia muore.

 Scuola futura

L’istituzione-scuola in Italia ha tratti elefantiaci, frutto di dimensioni enormi, di una tradizionale gestione centralizzata, della difficoltà a pensare interventi di riforma – che esigerebbero tempi medio-lunghi – che, invece, scontano i tempi molto brevi delle attuali stagioni politiche e governative.

Ancora più pertinente alla situazione, quindi, appare organizzare gli interventi in ottica di sussidiarietà verticale e orizzontale. Azioni che non agiscono dall’alto sull’impianto normativo e organizzativo, ma mirano a liberare le energie e le esperienze significative che già oggi, a “macchia di leopardo”, sono le principali protagoniste della scuola di qualità.

  1. STUDENTI
    1. Azioni sistemiche per contrastare l’analfabetismo funzionale
    2. Azioni sistemiche per Information e Digital Literacy
    3. Valorizzare e sostenere esperienze di lotta alla dispersione scolastica
    4. Promozione della “scuola metacurriculare”. Edifici aperti e personale (docente e non-) disponibili per esperienze di:
      1. Service learning
      2. Peer education
  • Studio personale e di piccoli gruppi in spazi condivisi
  1. DOCENTI
    1. Riconoscimenti economici e di carriera “di scopo”: innovazioni e sperimentazioni didattiche progettate, realizzate e rendicontate; comprese le esperienze che contribuiscono a realizzare le azioni rivolte agli studenti (cfr. 1.)
    2. Creazione “sistemica” di figure di docenti che, grazie ad esperienze significative (cfr. 2.1) possano svolgere funzione di tutoring per i tirocini formativi (cfr. 2.5.1) e i neoimmessi in ruolo
    3. Sostegno economico alla formazione permanente dei docenti in servizio
    4. Sostenere e valorizzare esperienze di autoformazione fra docenti e la costituzione di comunità di condivisione di buone pratiche (cfr. 2.1)
    5. Reclutamento
    6. Istituire concorsi a scadenza regolare (2 anni), non necessariamente su base nazionale, che prevedano prove (scritte e orali) e periodi formativi sul campo

 

  1. DIRIGENTI scolastici e amministrativi
    1. Incoraggiare l’acquisizione e il potenziamento di competenze manageriali e gestionali. Nella salvaguardia delle specificità dell’ambiente e delle finalità della scuola, sarebbero opportuni interscambi e “contaminazioni” col mondo delle imprese e le esperienze più avanzate e significative di management.
    2. Completare il percorso di attuazione dell’Autonomia scolastica, ampliando la disponibilità di risorse finanziarie, materiali, umane, ma, primariamente, potenziando margini operativi discrezionali e responsabilità diretta nell’utilizzo delle risorse.

 

Flavio Felice

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