I cattolici e la complessità caratteristica specifica ed originale del mondo moderno. Questo il tema che quasi spontaneamente, ma inevitabilmente, emerge da una serie di articoli che Politica Insieme ha già pubblicato ( CLICCA QUI, QUI e QUI, cui se ne sono aggiunti altri. Oggi quello di Antonio Secchi ( CLICCA QUI ).
Alberto Notarpietro, tre giorni fa ha posto la questione della ” conoscenza”( CLICCA QUI ). Termine che immediatamente rimanda alla sfida posta dall’aprirsi e dal confrontarsi con l’ignoto e con tutti quegli elementi che concorrono a fornire l’attitudine all’apprendimento e al discernimento. Quanto cioè è in grado di dare un pieno senso della Vita e alla gestione di tutti i suoi meccanismi, inevitabilmente costretti a tenere conto di un insieme di relazioni ampie.
Savino Pezzotta, ieri ( CLICCA QUI ), con una intelligente analisi, rovescia un paradigma più che secolare. E’ quello risalente all’epoca dei Lumi e a Voltaire, soprattutto diffusosi con il verbo della Rivoluzione Francese, secondo il quale il cattolicesimo è di per sé oscurantismo e conservazione. Un assioma che già Rosmini smentì a metà dell’800 e che, politicamente parlando, è stato poi sistematicamente contraddetto dal movimento politico del popolarismo tedesco, francese e sturziano, così come dalla successiva esperienza cristiano – democratica cui si devono le basi gettate di un’Europa moderna e democratica.
La staticità di un certo pensiero laicista, quello in particolare che, in tempi recenti, non ha compreso neppure la portata del Concilio Vaticano II, o ha cercato di darne una propria interpretazione, in un certo modo limitativa e fuorviante, continua a prefigurare uno schema mentale, e di relazioni culturali e politiche, davvero asfittico, come se veramente ci fosse la paura di valutare le cose per quel che sono e non per quello che, astrattamente, o in modo stereotipato, si vorrebbe che fossero.
E’ quanto oggi fa dire ad Antonio Secchi: “colpisce l’ostinata chiusura al dialogo degli attori in campo”. Antonio si riferisce immediatamente al Ddl Zan. Ma un analogo comportamento lo si è visto su tante questioni che la politica dovrebbe maneggiare con più cura, senza farle diventare motivo di estremo scontro politico o culturale. Esse, infatti, attengono a temi delicati, sono afferenti un ben più ampio spettro di sensibilità che contribuiscono ad arricchire la complessità da non intendersi solamente sotto i profili economicisti, tecnologici e digitali, ma soprattutto per quello antropologico.
Antonio ricorda la grande coerenza con cui Papa Francesco, senza infingimenti e in continuità con il Magistero della Chiesa, e quindi senza alcun cedimento ad un “modernismo” storicamente definito, non si limita ad auspicare un confronto con la modernità. Quella di Francesco non è accettazione passiva, giacché il vivere il nostro tempo è da lui indicato, per dirla con Maritain, sulla base della consapevolezza che il cristianesimo intende giocare pienamente la propria essenza evangelica di vivificazione nel e del mondo.
Che significa tutto questo per la nostra iniziativa politica nuova, autonoma e pienamente laica nel momento in cui noi tutti si vive un cambio d’epoca? Moltissimo. Perché un partito come Insieme, che crede in un’azione trasformatrice, non può che essere, insieme, elemento pienamente parte della realtà concreta, ma al tempo stesso distinto perché dai caratteri fortemente innovativi.
La politica ha bisogno di modernità. Questo non significa un’accettazione supina di tutto quello che ci viene proposto, spesso in maniera eterodiretta e parziale. A partire di una politica che si riduce al leaderismo e al “dichiarazionismo”. Il che limita e snatura la cura per la cosa comune. Giunge ad inaridirla e a costiparla in semplice slogan pubblicitario. In ballo c’è, in un cambio d’epoca e di paradigmi, la scelta tra un nuovo integrale umanesimo, ancorato inevitabilmente all’essere umano per quel che esso è, e un transumanesimo che significa, in realtà, il superamento della Persona e la sua riduttiva trasformazione in un qualcosa del tutto indistinto e, alla fine, non sostanziale, ancorché funzionale alla logica utilitaristica di un mondo ridotto a mero luogo di consumo.
Su questa scelta, che non è cosa riguardante i soli credenti, constatiamo, ce lo dicono tutti i giorni la pubblicità, la comunicazione televisiva in generale e i giornali, di avere di fronte forze in qualche modo soverchianti, in grado di guidare la grande informazione e di utilizzare il mondo digitale per imporre dei modelli di vita, anzi quello che viene definito un “modello unico”, del tutto distorti e in molti casi funzionali ai disequilibri sempre più caratteristici del mondo contemporaneo, ancora lontano dall’assicurare equità e giustizia sociale per tutti.
Il nostro problema, così, non è tanto quello di accettare il modello di dialettica politica e pubblica in cui siamo quotidianamente coinvolti. Ma di riafferrare il bandolo di quella matassa costituita dalla complicata massa umana tuttora alla faticosa ricerca di un’esistenza dignitosa e, persino, di un senso da dare alla propria Vita, vissuta pienamente e liberamente, consapevole ed integrale. Perché sappiamo che solo allora giungeremo al giorno in cui, come ricorda Secchi, potremo reciprocamente riconoscerci uguali cittadini della Terra, Patria comune.
Giancarlo Infante