Fabiola Riccardini ha elaborato un vero e proprio saggio sulla questione della sostenibilità ambientale e sociale nel periodo della pandemia da Coronavirus. Qui di seguito pubblichiamo la parte iniziale e le conclusioni. In fondo alla pagina è possibile accedere al testo completo e alle appendici e alle note.

Abstract  

La sostenibilità già a partire dalla fine del 2019, con il Green Deal, è divenuta centrale nelle politiche europee. A maggio 2020 sono state pubblicate le raccomandazioni specifiche per Paese, sottolineando che l’integrazione degli SDG (Obiettivi di sviluppo sostenibile) nel Semestre europeo appare ancora più importante rispetto al passato, in un contesto caratterizzato dalla diffusione della pandemia, che ha reso evidenti l’interconnessione delle sfere economiche, sociali e ambientali e la necessità di una strategia generale della ripresa nonché invitato i Paesi membri a fare il punto dei progressi sull’attuazione degli SDG nei rispettivi Programmi Nazionali di Riforma (PNR). In poco tempo allo scoppiare della pandemia il panorama regolatorio dell’Unione europea è mutato profondamente ed è stato messo a punto il Next Generation EU, insieme di misure per la ripresa ma con una visione di lungo periodo. Il monitoraggio dei risultati delle politiche, attraverso indicatori comuni, l’analisi degli effetti nonché le previsioni strategiche sono entrati a pieno titolo nei processi di valutazione delle politiche europee.

L’analisi dei principali documenti di programmazione politica nazionale per i periodi futuri mostra luci e ombre rispetto ai concetti di sviluppo sostenibile e benessere. Se nel PNR le priorità indicate sono state collegate agli SDG negli altri documenti: NADEF (Nota di aggiornamento del documento di economia e finanza), Legge di Bilancio e PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza allo stato attuale), tale collegamenti non sono più espliciti. Per quanto riguarda il monitoraggio degli obiettivi nonostante l’Italia sia all’avanguardia nell’utilizzo degli indicatori di benessere BES nella Legge di Bilancio, che secondo la riforma del 2016 prevede, nell’allegato al DEF, una relazione sugli indicatori BES, tuttavia questi indicatori utilizzati sono solo un contenuto numero rispetto al set completo di indicatori prodotto dall’Istat, mentre gli indicatori SDG non sono previsti in alcun documento di politica generale, ad eccezione per alcuni di essi utilizzati per la Strategia di sviluppo sostenibile. Con la riforma del CIPE, oggi denominato CIPESS (Comitato per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile) bisognerà tener conto che la programmazione economica sarà orientata allo sviluppo sostenibile.   La PA avrà un ruolo importante nella formulazione e implementazione dei programmi di ripresa e resilienza, dunque è necessario un rapido allineamento alle indicazioni europee.

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Conclusioni

Dall’analisi dei principali documenti di politica europea e nazionale si può dedurre che in tema di sostenibilità ambientale, sociale ed economica:

  1. E’ chiaro l’orientamento alla sostenibilità e all’equità da parte dell’Unione europea, di cui si trova traccia in tutte le comunicazioni della Commissione relativamente alle politiche economiche, sociali e ambientali.
  2. A livello nazionale i provvedimenti emanati durante la pandemia e il nuovo ciclo di previsione di Bilancio dello Stato 2021-2023 sembrano essere più orientati alla protezione del sistema attuale economico e sociale, piuttosto che spingere per una sua trasformazione di lungo periodo verso la sostenibilità. Guardando alla realtà sembra che il mondo imprenditoriale, compreso quello finanziario, sia orientato ad un nuovo assetto più sostenibile (risultando dai dati e dalle analisi presentate nell’appendice) e che ci sia un maggiore grado di resilienza nelle imprese italiane che hanno adottato politiche sostenibili verso la crisi generata dalla pandemia. Va senza dubbio indagato maggiormente, per una vera riconversione ecologica, che non ci siano comportamenti di green washing e di business as usual. La politica nazionale presenta luci ed ombre rispetto alla sostenibilità ed equità. In particolare il coordinamento e la coerenza delle politiche non sembra essere stato assunto come criterio generale per il raggiungimento degli obiettivi e quindi i provvedimenti sembrano ancora a “compartimenti stagno”. Tuttavia pur essendoci un’attenzione alla transizione verde senza precedenti, non si intravedono radicali cambiamenti per la lotta ai cambiamenti climatici e la salvaguardia dell’ambiente. La Strategia nazionale di sviluppo sostenibile si esprime ancora limitatamente. Ogni tre anni tale strategia va riformulata e deve essere sottoposta a revisione su attivazione del Ministero dell’ambiente (oggi MITE, Ministero per la transizione ecologica), nonché coordinata dalla Presidenza del Consiglio, che ne promuove il percorso di modifica con ampia partecipazione delle componenti sociali del Paese. La sua formulazione dovrebbe essere inserita a pieno titolo nei documenti di programmazione politica nazionale e locale, definendo gli obiettivi strategici, sul solco degli SDG, che sono necessari per affrontare le grandi sfide future.
  3. Nella legge di Bilancio manca ancora il collegamento tra obiettivi e risorse messe a disposizione ad essi destinate, a conferma della cattiva prassi della P.A. di formulare previsioni di entrata e di spesa senza collegarle strettamente ai tempi, alle procedure, alla fattibilità e dunque ai risultati dell’azione amministrativa. Il raggiungimento degli obiettivi e la realizzazione dei programmi dipenderanno in modo rilevante dalla capacità della PA nel dare risposta alle questioni sorte in tutto il periodo della pandemia, ma anche con una visione di più lungo respiro, in particolare si evidenzia la sua grande responsabilità per la transizione verde e digitale, nonché per le politiche di equità.
  4. Il concetto di benessere dei cittadini è ancora una dichiarazione generale, che parzialmente trova esplicito riscontro negli obiettivi di politica, delineati nei vari documenti analizzati. I concetti del BES trovano rappresentazione, anche in temini di indicatori, solo nell’allegato al DEF (normalmente presentato ad aprile ma quest’anno anche a luglio), nella versione stabilita di 12 indicatori. La versione del luglio 2020 è senz’altro più ricca rispetto agli anni precedenti, dove anche differenze di genere e territori (almeno macroregioni) sono considerate, nonché previsioni di indicatori sulla base delle politiche previste.
  5. Per ogni documento di politica nazionale occorre far riferimento ad un sistema di monitoraggio e previsione basato su misure specifiche, come gli indicatori SDG e BES. Solo nel PNR e nell’allegato al DEF, magari sul solco di quanto previsto in sede europea, è stato utilizzato l’insieme di indicatori BES e SDG (come nel Strategic Foresight europeo, dove si prevedono un set di indicatori per il monitoraggio delle politiche Next generation Eu basati su criteri di vulnerabilità e capacità[1], anche se non totalmente corrispondenti a quelli SDG e anche se non è dato sapere se questi criteri verranno poi recepiti dai Paesi membri). Per quanto concerne il regime di contabilità e rendicontazione comune, nonché di verifica dei risultati collegati agli SDG, l’utilizzo degli indicatori SDG è più che mai importante, allineando la relazione sugli indicatori BES nell’ambito del ciclo di bilancio agli SDG utilizzati nel semestre europeo per assicurare la coerenza delle politiche. A livello territoriale, in particolare di città, sembra che l’adozione degli obiettivi SDG e relativi indicatori, stia entrando nei documenti di programmazione politica in modo più deciso di quanto avviene a livello nazionale. Accanto all’utilizzo di indicatori occorre sviluppare la modellistica previsionale macro collegata con quella micro, al fine di cogliere i modelli di impresa ed anche quelli orientati alla sostenibilità. Gli studi sul futuro, infine, possono contribuire alla previsione strategica.
  6. Il PNRR richiederà un lavoro per tenere insieme priorità ed esigenze politiche, capacità di analisi tecnica della coerenza e della fattibilità dei risultati, in quanto la questione della capacità amministativa è centrale. Infatti non è un caso che tra le raccomandazioni ricorrenti della Commissione europea per l’Italia vi sia una profonda riforma della PA. Una via pragmatica sarebbe quella di utilizzare il PNRR per ridisegnare l’amministrazione, cercando di costruire nuove regole e nuovi strumenti per la realizzazione del piano agendo sull’organizzazione, sulle regole e sul capitale umano. La previsione strategica a supporto dell’elaborazione delle politiche nazionali e dei PNRR dovrebbe diventare metodo comunemente utilizzato. Nel PNNR, inoltre, le riforme di cui si accenna vanno specificate in dettaglio, prevedendo una rigenerazione della PA e una serie di proposte concrete specificando in dettaglio le amministrazioni coinvolte. Vi è un rischio di tecnicismo, se le azioni non sono ben specificate. Gli obiettivi delineati nella versione del PNRR in Parlamento, mancano della descrizione dei risultati attesi e misurabili in termini di benessere e sviluppo sostenibili nel tempo e nello spazio. E’ importante l’ascolto dei saperi oltre che della PA, delle imprese, delle parti sociali, della cittadinanza attiva, delle università, in sostanza di tutte le componenti della società italiana.  Infine, la valutazione è totalmente carente nella versione in Parlamento, si fa cenno solo alle previsioni di crescita quantitativa e non vi è cenno ai risultati attesi.

Fabiola Riccardini

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